BELUTO: una morte non annunciata

 

Aldo Bianchini

SALERNO – Ai funerali di Giuseppe Beluto (detto Peppe), celebrati nella Chiesa di Santa Croce al Torrione, c’era l’altro giorno moltissima gente proveniente in genere dalle file del sindacato di sinistra che Lui aveva attraversato in lungo e in largo per oltre quarant’anni con gli incarichi più disparati. Ma c’era anche gente della politica locale che fin da ragazzo, con le sue ferree idee comuniste (mai abbandonate), ha frequentato cogliendone il meglio per fare lui stesso politica ad alti livelli (è stto anche assessore nelle giunte Giordano a cavallo tra gli anni 80 e 90).

Era nato in un famiglia borghese ma piena di dignità, una famiglia di lavoratori e di operaia come Egli stesso era; e come lo era suo padre, sul quale è giusto spendere qualche parola per far capire meglio di che famiglia si tratta e di quanto la stessa famiglia Beluto ha profondamente inciso con le battaglie in favore di tanti altri lavoratori che non avevano gli strumenti personali e sociali per emergere dal grigiume generale.

Parlo della fine degli anni ’50, quando a causa di un grave infortunio lavorativo il padre di Peppe, suo malgrado, divenne “grande invalido del lavoro”, una categoria che nasceva in quegli anni per riconoscere ai lavoratori i necessari diritti alla sopravvivenza sociale e familiare.

Ma era anche una categoria tutta ancora da costruire e da inserire nello “stato sociale” di un Paese che sebbene vivesse un momento di florida crescita stentava a riconoscere la pienezza dei diritti dei lavoratori. Eravamo nell’era della “Fiat di Valletta” e tutto era possibile; anche quello di stritolare gli operai nelle contorte e poco protette catene di montaggio.

Ebbene il padre di Beluto, CARMELO, primo grande invalido del lavoro dell’intera provincia di Salerno (insieme all’altro G.I. Oliva) tracciò una via diretta che dall’Inail di Salerno arrivava direttamente nelle alte sfere nazionali dell’Istituto Nazionale per l’Assicurazione contro gli Infortuni sul Lavoro; una via che, anche tra furibonde trattative personali e sindacali, riuscì ad incidere addirittura nella formulazione di nuove e più rassicuranti disposizioni di legge che andarono ad incidere sul precario stato sociale di tantissimi invalidi del lavoro.

Questo aspetto della famiglia Beluto lo conoscono, forse, in pochissimi; ed è proprio in questo ambiente di sana e caparbia ricerca del bene comune che è nato, cresciuto e maturato il compianto Peppe; avere un padre che da G.I. del lavoro lottava per i diritti dei lavoratori (anche quelli più semplici per la logica ma non per lo Stato) vittime di infortuni sul lavoro (materia che ancora oggi è in quotidiana discussione) ha sicuramente forgiato profondamente la capacità reattiva di un giovane come Peppe che soltanto nel PCI dell’epoca poteva trovare, come trovò, tutto lo slancio e la forza necessaria per dedicare l’intera sua vita al sindacato, alle lotte operaie, all’impegno politico e allo schieramento in favore dei meno abbienti.

Mi pace ricordalo così, il compianto Peppe, ancora ragazzino che accompagnava il padre nelle sue battaglie e si riempiva di tutte le esperienze necessarie ad accompagnarlo nel corso della vita.

Adesso deve soltanto riposare in pace.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *