Aldo Bianchini
SALERNO – Salvatore Memoli, avvocato – scrittore – giornalista, è per me qualcosa in più di un semplice amico; all’epoca seguii con tanta passione le oscure vicende che attraversarono la famiglia Memoli per l’assurda scomparsa della madre Enza. Con una piccola differenza rispetto agli altri perché mi interessava soltanto la dolorosa scomparsa e non le “notiziette anche dal sapore indiscreto nel vortice del gossip” da pubblicare con il paravento del diritto all’informazione.
Per questa profonda ragione anche io, attraverso questo giornale, ho pubblicato tutti gli scritti di Salvatore, soprattutto quelli inerenti la sua carissima mamma che aveva la bontà di ospitare me e il compianto prof. Franco Amatucci ogni domenica mattina per un bel caffè nella tenuta di famiglia sulle colline di Salerno.
Tutti gli scritti di Salvatore sono perfetti, precisi ed assolutamente indispensabili per un sano dibattito pubblico, prima ancora che privato; e trovano, nella mia e in quella di questo giornale una disponibilità sempre ampia – indipendente e senza veli, accettando di pubblicarli anche dopo che lo hanno fatto gli altri (leCronache.it docet) con lo spirito che contraddistingue questa redazione che non hai rincorso la primogenitura di una notizia; cosa assolutamente non conosciuta da chiunque altra testata giornalistica.
E’ c’è un’atra ragione che mi spinge, e ci spinge, a questo: “Credere e condividere profondamente tutto ciò che Salvatore scrive”.
Nello specifico la vicenda triste di “mamma Enza” mi coinvolse e mi coinvolge fin da quel momento e mi dispiace davvero che Salvatore abbia deciso di chiudere il racconto di questa vicenda che meriterebbe ancora pagine e pagine per raggiungere la verità, possibile, di una storia che si apre a riflessioni di natura etico-politico-sociale.
Avvertii anche io, all’epoca dei fatti, il soffuso e malevole sussurrio delle malelingue alla ricerca di responsabilità personali di Salvatore e/o della famiglia per la cui integrità morale posso tranquillamente mettere la mano destra sul fuoco e garantire, per quel poco che so, che la vicenda Vassallo (pur citata da Salvatore) è esattamente la controcopertina di quella di “mamma Enza”; per Vassallo la politica si è impegnata, sbagliando, a mitizzare il sindaco pescatore (quando la sua uccisione andrebbe ricercata altrove e non nella politica e/o la droga); quella stessa politica che, invece, si è sbarazzata subito del caso Enza Basso per colpire, dove coglio coglio, anche il trasparente Salvatore che in quel momento dava molto fastidio a diversi componenti il famoso “cerchio magico” intorno a Vincenzo De Luca.
Mi fermo qui con le chiacchiere e Vi lascio alla lettura dell’articolo di Salvatore Memoli:
Enza Basso e Angelo Vassallo scomodi per una provincia addormentata.
Termino con questo articolo il racconto legato alla scomparsa di mia madre, Enza Basso Memoli, e del giovane indiano Sonu, William Jeet Singh. Ringrazio Cronache ed il suo direttore per aver ospitato gli articoli che sono serviti a molti per conoscere particolari che non erano noti ovvero per riaccendere una luce su una storia incredibile, disumana, cruenta che registra la scomparsa di due persone e la tragedia dei familiari degli scomparsi. Ringrazio i tanti lettori di Cronache che mi hanno cercato e manifestato la loro solidarietà ed il loro pensiero sull’intera vicenda che resta ancora viva nell’animo dei salernitani. Una brutta storia che ha unito tanta gente come una grande famiglia, che s’informa, chiede, spera ancora e manifesta il suo disappunto. Peccato che non é stato così per tutti! Chi avrebbe dovuto fare di più, ha scelto il silenzio. A cominciare da De Luca, dal Presidente della Repubblica Napolitano che non ha mai risposto ai miei appelli, Marco Minniti, ministro degli Interni, molto amico di De Luca, ai tanti amici politici che avevano immaginato, da par loro, di camminare su sabbie mobili. Tutti presi da dubbi che volevano trascinare me in qualche responsabilità personale. La politica degli uomini gretti e meschini ricercava nella famiglia una responsabilità delle scomparse perché non volle scavare nel vero problema, nel dramma dello sfruttamento degli stranieri e del mondo del malaffare che aveva reso la nostra Provincia, tra le più coinvolte d’Italia. A costoro non devo nessun grazie e ne conservo il più marcato risentimento, fin dai giorni dell’accaduto. Invece, porto la mia gratitudine a Peppino Gargani, per il tramite di Aniello Salzano, a Vincenzo Scotti sottosegretario agli esteri, al deputato Franco Brusco per la sua presenza e a tanti colleghi che avevano capito il nostro dramma. A partire da De Luca, il mio presunto amico, quello più vicino a me ed alla mia famiglia, in quei giorni si inabissò, scomparve, anzi, richiesto dall’inviato di Chi l’ha visto, per un’intervista ( come capita in questi casi) si negò, dicendo che Salerno era una città turistica e questa scomparsa non poteva danneggiarla. Quindi, non se ne doveva parlare! Compagnone venne a casa nostra scandalizzato. Noi restammo senza parole, già difficili da trovare in quei momenti drammatici. Il giornalista Geo Nocchetti con flemma napoletana mi disse: ´se tua madre sta seduta a piazza della Concordia( dove tutti la vedono) nemmeno la troveranno. Si perde tempo e non si coordinano le indagini!’ Fu profezia?! Mia madre non é stata trovata ma mi risulta che non sono state prese in considerazione tutte le vie di esodo della città e tutte le videosorveglianze presenti sul percorso di fuga. Il problema é rimasto della famiglia e non é mai diventato un caso sociale da approfondire. La politica ha preferito l’indifferenza e il mormorio, forse alimentando un gossip schifoso che passava tra la mia vita privata e la fuga d’amore di una nobile signora settantenne con un badante di 23 anni! Nell’uno e nell’altro caso la testa bacata e piena di sterco di questa gente ha rimestato la sua merda! Da parte mia nessuna cosa ha avuto rilievo come il valore centrale di una mamma scomparsa senza chiari motivi, se non quello di aver visto e riconosciuto i veri autori del reato. Anche la mia stessa vita, per quanto irreprensibile, é niente rispetto all’imperativo di trovare mia madre e il povero Sonu. Se fosse stato necessario ammettere qualche responsabilità, l’avrei fatto a testa alta! Ma la pochezza del provincialismo istituzionale mi ha fatto cadere le braccia. Rispondere col gossip a un dramma di proporzioni enorme, vedermi rinfacciata la storia della Banca da me fondata e tutta la mia vita politica, é un’ammissione di sconfitta a 360 gradi! Come quella volta che, intercettato in una conversazione con mia zia Iolanda, sorella di mia madre, ebbi a dire: ´ benedetta madre, quante volte le ho raccomandato di essere prudente e non aprire la porta di casa, se non sicura ( volendo intendere che il 12 luglio 2007, il termometro segnava 40 gradi di un caldo insopportabile! Non era il caso di spostarsi sotto al sole nella nostra tenuta). Ebbene sono finito in una relazione parlamentare del Procuratore generale come reticente sui fatti della scomparsa. Fatti e qualità delle indagini che mi hanno avvilito sebbene non piegato ma che mi hanno fatto disamorare delle istituzioni e della voglia di lottare ancora per una città che non c’é e che lascia un suo figlio nel baratro, anzi gli mette un piede in testa perché non parli più! La scomparsa di mia madre resta legata al mondo degli stranieri ed al loro sfruttamento nonché all’inutilità di tutti gli strumenti di lotta contro il fenomeno, limitati a palliativi che mettono a posto la coscienza. Resto profondamente convinto che il caso di mia madre Enza Basso non è mai diventato centrale ed importante, come il caso Vassallo, dove la politica si è tuffata ed ha alimentato il mito di un uomo, sindaco, della cui morte la stessa politica dovrebbe avere molto da dire. Non metto in contrapposizione i due drammi. Giammai! Ma quello dello sfruttamento degli stranieri è una grave ferita sociale e politica di cui una classe politica seria avrebbe dovuto farne occasione di vero impegno politico e non un silenzio malinconico e colpevole. Sullo sfondo di due vicende umane Enza Basso e Angelo Vassallo, sono le famiglie ad alimentare la memoria e spingere la ricerca della verità, strappandosi quel cerotto dalla bocca che certi ambienti hanno imposto, perché la nostra provincia non si desti dal suo torpore di realtà addormentata.
Un giorno la verità sarà dominio di tutti, quel giorno vittime, familiari e carnefici avranno il posto che spetta loro e la gramigna sarà estirpata da queste storie dolorose di vita. Sperare è un obbligo, più forte di tutte le avversità.