Aldo Bianchini
SALERNO – Se c’è un luogo simbolo della tangentopoli partenopea e salernitana questi è senza dubbio Monteruscello, una piccola comunità nel cuore dei Campi Flegrei ed a pochi metri da Pozzuoli e dalla stessa Napoli, che nella seconda metà degli anni ’80 era una sorta di “mecca senza frontiere” molto appetita da decine e decine di tecnici e imprese pronte a dare tutto a tutti ne nome di un obiettivo comune: fare soldi con i lavori pubblici per le grandi strutture urbanistiche.
Insomma Monteruscello, per alcuni anni, divenne merce di scambio, senza regole, per il mondo inquinato della politica della prima repubblica, dei grandi tecnici edili-stradali-navali e delle grandi imprese disponibile a farsi mungere come mucche pur di continuare a vivacchiare in un mondo spietato e senza disciplinati pseudo legali.
Bisognava ridisegnare un’intera comunità con la realizzazione in chiave moderna di una specie di piccolo “paradiso terrestre” alla stregua di Milano/2 e 3 dell’astro nascente Silvio Berlusconi.
E su Monteruscello si lanciò tutta la politica campana da Gava a Pomicino, da Scotti a De Mita (per la DC) e da Di Donato a Curci – da Conte a Signorile – da Iossa a Del Basso De Caro (per il PSI), questo sul piano politico; per quello tecnico spiccò su tutti il nome del tuttora vivente Enzo Maria Greco (mitico docente di ingegneria presso il politecnico di Napoli) che negli anni ’80 era il titolare dello studio tecnico più accreditato in Campania e forse nell’intero Paese.
In quello studio operavano attivamente i due cosiddetti compassi d’oro di Salerno (ingg. Franco Amatucci e Raffaele Galdi) molto legati all’allora ministro per le aree urbane on. Carmelo Conte; ma nello studio Greco iniziò la sua attività di architetta anche la giovane Mele (sorella dell’allora pm Anita Mele che si dimostrerà, nel tempo, una delle più aggressive contro la presunta tangentopoli).
Secondo alcuni magistrati dell’epoca fu proprio in quello studio che venne partorita l’idea di una legge ad hoc per i grandi lavori pubblici; legge poi approvata dal Parlamento sotto il n. 831 del 1° dicembre 1986 per la ripianificazione dei fondi (oltre 700 miliardi di lire) nel quinquennio dal 1986 al 1991 per la realizzazione delle grandi opere pubbliche necessarie al Paese; una legge che, sempre secondo alcuni magistrati, aveva aperto l’epoca d’oro delle tangenti.
Ma torniamo a Monteruscello dove oltre ai politici ed ai tecnici arrivarono le più grandi imprese campane tra le quali quelle di Salerno, ovvero la Ritonnaro Tubazioni, la Schiavo spa e tutte le altre che gravitavano intorno al pianeta del “sistema di potere politico contiano”.
Su queste imprese si lanciarono i “tre Di Pietro di Salerno”, Vito Di Nicola, Luigi D’Alessio e Michelangelo Russo che per colpire il malaffare distrussero anche quello che di buono, ed era tanto, che c’era in quei faraonici progetti urbani che nel tempo avrebbero potuto essere copiati in scala in tanti altri posti della nostra regione.
Il progetto Monteruscello si fermò; dopo oltre trent’anni si pensa, oggi a risanare quel quartiere per restituirlo alla sua idea iniziale; si comincia in queste settimane con la piantumazione di lecci, alberi da frutta, pioppi e sughero (ancora fondi PNRR !!) per dare finalmente vita a quella che il prof. Greco indicava come la “foresta urbana” di Monteruscello.