da Giovanni Falci (avvocato penalista-cassazionista)
Il cd. “caso Toti” ha riempito i giornali e le cronache degli ultimi mesi.
Si è parlato di “un processo alla politica” e si è complicata una situazione e una vicenda, a mio avviso, drammaticamente semplice.
Premetto che, da avvocato praticante, appartengo quasi per definizione alla schiera dei garantisti e, quindi, sono dalla parte di coloro che auspicano una riforma del sistema cautelare che possa regolare meglio l’adozione dei provvedimenti di privazione della libertà personale sulla base di semplici “gravi indizi”.
Ciò nonostante ritengo che comunque debba esistere un sistema che vada a tutelare la collettività nei confronti di chi è raggiunto da un quadro indiziario grave rispetto ad una ipotesi di reato; inoltre deve esserci un sistema per intervenire al fine di non far reiterare condotte criminali.
Da questo punto di vista, non coglie nel segno l’affermazione dell’avv. Antonio Gagliano, consigliere del CNF, nell’articolo pubblicato sul “Foglio” del 2 agosto u.s. che ricorre ad esempi del mafioso rapinatore e stupratore per giustificare la tranquillità sociale: la corruzione è un reato di grande allarme sociale di rango non inferiore agli altri indicati.
Così come ritengo del tutto fuori luogo quei commenti sulla “funzione” di Presidente della Regione Liguria che i Giudici avrebbero impedito di far esercitare a Toti, funzione a cui è stato eletto dai suoi concittadini.
In realtà i concittadini dell’onorevole Toti, lo hanno votato ed eletto per fare il Presidente e non per commettere reati; da questo punto di vista non c’è stata nessuna ingerenza della funzione giudiziaria su quella politica-amministrativa.
I giudici hanno fatto il loro dovere che non va ad intaccare il mandato del popolo al Presidente; i Giudici sono intervenuti perché, a loro avviso, si era in presenza di gravi indizi di colpevolezza e sussistevano esigenze cautelari concrete e attuali per poter adottare misure della restrizione personale dell’indagato.
“I cittadini, col loro voto, scelgono chi li rappresenta e li governa, il potere giudiziario decide sino a quando i prescelti possono continuare a farlo anche a prescindere dall’accertamento definitivo di una qualche loro grave responsabilità” leggevo sempre nell’articolo sul “Foglio” di cui innanzi.
Una affermazione che si presta a due censure: la prima è che il potere giudiziario interviene per reprimere reati che vedono coinvolti colpevoli e vittime; la seconda è che la fase cautelare nei processi penali è prevista e regolata dalla legge per tutti i cittadini, politici o meno.
Il vero nocciolo della questione è proprio la definizione e il concetto di “gravi indizi” che sono il presupposto della misura cautelare personale.
Che cosa sono questi gravi indizi? Una prova provvisoria o una prova minore?
La Cassazione per chiarire questi delicati e complessi concetti ha definito “gravi indizi” quelli che determinano una “qualificata probabilità di colpevolezza”.
Una formula di grande stile e fascino che fa presa sull’uditorio.
Verrebbe da pensare che laddove non si possono risolvere i problemi, li si aggirano confidando nel potere persuasivo delle parole.
Io ancora oggi mi interrogo sul significato di “qualificata probabilità” riportato in quella pronuncia; in effetti più che una definizione quella pronuncia sembra essere un monito ad usare le misure cautelari con avvedutezza, senza esagerare.
Insomma, non c’è una formula magica per i gravi indizi, e, quindi, dove non si trova la regola per disciplinare i casi, allora è il caso che prevale sulla regola.
Come si decide il caso? Ancora una volta, con la iuris prudentia.
Tornando perciò al cd. caso Toti solo in pochi ricordano che questa misura cautelare è stata adottata su richiesta di due PM da un GIP e confermata dal Tribunale del riesame.
In effetti, e questo non significa niente in termini di previsione di condanna, bel 6 giudici hanno ritenuto sussistere un quadro di gravità indiziaria; il Presidente Toti, in ultimo, non ha proposto ricorso per Cassazione avverso l’ordinanza del Tribunale del riesame e si è “giocato” (termine molto appropriato al coimputato Spinelli) un ulteriore controllo della decisione che lo ha privato della libertà.
In effetti l’errore di evocare l’accertamento definitivo di una qualche loro grave responsabilità confonde principi e funzioni diverse.
Il codice parla di “gravi indizi di colpevolezza”, non di una colpevolezza futura, ma di una colpevolezza attuale. Il giudice non deve fare previsioni sul futuro, ma deve decidere il presente.
Il giudice della cautela è un giudice; non deve prevedere cosa farebbe un altro giudice; deve dire cosa farebbe lui.
La presunzione di innocenza che significa dire l’imputato attualmente è innocente non si può vincerla e violare la libertà dicendo questo presunto innocente è un probabile futuro colpevole.
Sarebbe come opporre una profezia del giudice a una presunzione costituzionale.
Quello che si chiede al giudice della cautela è un giudizio allo stato degli atti; le misure cautelari devono colpire non il probabile colpevole, ma il colpevole allo stato degli atti.
I giudici di Genova nella revoca degli arresti domiciliari si sono testualmente espressi dicendo “permangano, in elevato grado, gravi indizi di colpevolezza, così come valutati nelle due originarie ordinanze applicative delle misure cautelari”, con ciò volendo significare che se ora si facesse il processo, noi lo condanneremmo.
Poi hanno motivato la revoca della misura custodiale per il mutato quadro delle esigenze cautelari: “considerarsi sensibilmente affievolite le esigenze cautelari poste a fondamento delle misure”.
Nel prosieguo del processo, e mi auguro che questo avvenga per Toti nei cui confronti nutro una sincera simpatia, tutto può cambiare; ma nessuno, neppure il giudice può sapere cosa succederà.
Ecco perché si parla di indizi e non di prove di colpevolezza: i gravi indizi sono prove allo stato degli atti; l’ordinanza cautelare esprime un giudizio di colpevolezza attuale: qui ed ora.
Lo stesso Toti, oggi imputato e non più indagato, ha dato dimostrazione di lucidità e correttezza, oltre che di grande equilibrio attraverso le sue dichiarazioni nelle quali ha affermato che “ci difenderemo da ogni accusa” e ha chiarito la sua la volontà di chiudere in fretta la partita processuale: “Non ci siamo opposti, né ci opporremo in alcun modo ad un processo rapido e veloce, perché siamo convinti di poter spiegare tutto quello che c’è”.
Un ottimo e apprezzabile esempio di correttezza istituzionale e di onestà intellettuale.
Toti ha portato il suo “caso” nell’alveo naturale del processo da dove altre voci, anche di addetti ai lavori lo avevano fatto esondare.
In bocca al lupo Presidente.