TOTI: la sua resa è la sconfitta di tutti

 

Aldo Bianchini

SALERNO – Se la sinistra crede di aver vinto, la destra ha sicuramente perso; come dire, se la destra non ha saputo vincere la battaglia fondamentale della riforma della giustizia, la sinistra ha certamente perso una battaglia di civiltà giuridica, e non solo.

La resa, senza condizioni, del presidente della regione Liguria Giovanni Toti può essere facilmente sintetizzata con la realtà dei fatti che registra la sconfitta sia della destra che della sinistra, nonostante l’occasione d’oro per entrambe offerta loro da Toti che da ottimo conoscitore della “materia giustizia” ha offerto i suoi sostenitori ed anche ai detrattori di ritrovarsi insieme sulla Via di Damasco pur arrivando gli uni da un lato e gli altri dal lato opposto.

E mentre la sinistra, per bocca delle due voci innocenti della Schlein e Conte (con l’aggiunta forzata di Fratoianni), crede di aver raggiunto il secondo successo consecutivo: il primo vittorioso contro la magistratura  Taranto, il secondo vittorioso in favore della magistratura a Genova; la destra, per bocca della Meloni e del ministro Nordio (con l’inutile strepitare di Salvini),  registra due pesanti sconfitte, entrambe derivate dal fatto di non aver saputo sconfiggere la magistratura sia a Taranto che a Genova.

E la stessa magistratura gongola, tronfia come è, per il clamoroso successo contro Toti mettendo subito nel dimenticatoio la micidiale sconfitta di Taranto da parte di una sinistra che ha evidenziato l’esistenza di una pesante subalternità dei magistrati (PM) rispetto ad una parte della politica che potrebbe trascinarla verso una deriva inarrestabile e mal sopportata dall’immaginario collettivo.

Comunque sia, il dato di fatto che emerge dalle dimissioni di Giovanni Toti è senza dubbio la mancata vittoria di entrambi gli schieramenti in campo: la magistratura e la politica; il tutto sicuramente in danno della giustizia, quella che da tempo biblico aspettano tutti i cittadini di questo Paese.

Il solo Giovanni Toti, con tutto il suo bagaglio di errori, ha dato una lezione di civiltà giuridica a tutti; non a caso e non per caso nella sua lettera di dimissioni, come atto di sacrificio finale, ha scritto: “… Rassegno le mie dimissioni irrevocabili … Mi assumo tutta la responsabilità di chiamare alle urne, anticipatamente, nei prossimi tre mesi, gli elettori del nostro territorio che dovranno decidere del proprio futuro …  ora si apre per tutti una fase nuova … Ai Tribunali spetterà il compito di valutare le responsabilità chiamate in causa dall’inchiesta. Al Parlamento nazionale e all’opinione pubblica del Paese il dovere di fare tesoro di questa esperienza e tracciare regole chiare e giuste per la convivenza tra giustizia e politica all’interno del nostro sistema democratico …”.

 

Parole pesantissime soprattutto per la magistratura che ora, se non vuole cadere nel ridicolo o nello smascheramento delle sue incursioni politiche, dovrà forzatamente confermare gli arresti domiciliari per l’ormai ex presidente.

 

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