CASAPOUND: Mattarella, il ventaglio e il giornalismo

 

Aldo Bianchini

SALERNO – Prendo spunto dall’ottimo articolo del giornalista-giurista Pietro Cusati (detto Pierino), scritto per questo giornale sul mondo del giornalismo ed in particolare sulla rituale celebrazione annuale del “Ventaglio 2024” per l’incontro del Presidente della Repubblica on. Sergio Mattarella con la stampa parlamentare e con i giornalisti quirinalisti, per esprimere alcune mie personali considerazioni sul mondo del giornalismo che frequento d oltre quarant’anni e nel quale non sono riuscito mai ad integrarmi completamente.

Come ho spesso scritto il giornalismo e, soprattutto, i giornalisti devono rapidamente darsi un codice deontologico ancor non scritto che deve andare obbligatoriamente molto al di là di quello già scritto ed esistente; insomma al giornalista devono essere consegnati dei confini precisi, al di là dei quali difficilmente deve andare, atti a garantire sia una libera informazione ma anche il massimo della sicurezza personale.

Il giornalista deve capire che non ha una divisa e neppure una toga, ha semplicemente un microfono o uno storico seppur desueto taccuino; e con questi due semplici strumenti non deve sentirsi al centro del mondo e ritenere che a lui tutto è dovuto; anche ciò che non possono ottenere chi ha la divisa e/o la toga.

Ovviamente anche io condanno fermamente qualsiasi tipo di aggressione fisica che va punita severamente, ma non sono d’accordo sugli eccessi che un qualsiasi giornalista crede di poter impunemente praticare sull’onda emozionale di ciò che vediamo in tv.

Cose come la testata al giornalista Daniele Piervincenzi da parte di Roberto Spada (clan Spada di Ostia) sono casi a se stanti che non fanno scuola e non sono ripetibili; in quel caso Roberto Spada commise una leggerezza incredibile anche perché il giornalista non era stato neppure così insistente o prevaricatore; una leggerezza che fece scatenare lo Stato con la conseguente e radicale eliminazione del terribile clan mafioso.

Purtroppo tutte queste cose non dice nessuno, neanche nei fantomatici corsi di aggiornamento per i giornalisti; ma non le dice neppure il Presidente Mattarella che si ferma, come ha fatto durante l’incontro del Ventaglio, pur citando leggi, decreti e opportunità. Non dice la verità neanche lui. E’ vero che l’art. 21 della nostra Carta Costituzionale garantisce “Il diritto insopprimibile dei giornalisti alla libertà di informazione e di critica, limitata dall’osservanza delle norme di legge dettate a tutela della personalità altrui ed è loro obbligo inderogabile il rispetto della verità sostanziale dei fatti, osservati sempre i doveri imposti dalla lealtà e dalla buona fede”, ma è altrettanto verso che spesso, molto spesso, i giornalisti vanno oltre l’osservanza delle norme di legge pensando e ritenendo che un microfono o un taccuino di la possibilità di “andare oltre” i compiti di un investigatore con divisa e di un giudice con tanto di toga.

Tutti rispettabili i pensieri di chi intende entrare nell’argomento ed approfondirlo; ci vorrebbero, però, regole ben precise che dovrebbero in primis essere dettate dai grandi network che pensano soltanto d inseguirsi su fatti e notizie presentati da tutti come “scoop esclusivi”; così si va verso lo sfascio.

Il caso del giornalista Andrea Joly, invece, è emblematico rispetto a quello di Piervincenzi dove lo Stato si mosse in forze; per Joly ci sono state soltanto chiacchiere a vuoto in quanto la domanda di fondo resta una sola: “Perché nessuno scioglie Casapound ?”; non lo ha fatto la sinistra nei molti anni di governo nonostante l’odierno strepitare nel vuoto della Schlein e non lo fa la Meloni avvolta nel suo silenzio.

 

 

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