U.S.A ’94: le storie importanti a trent’anni dalla finale del Rose Bowl

da Vincenzo Mele (giornalista)

Il 17 Luglio del 1994 si era chiuso il mondiale statunitense ai calci di rigore, che ha visto la Seleçao brasiliana trionfare contro l’Italia di Arrigo Sacchi. Nonostante il cammino iniziato male per gli Azzurri nella prima parte e divenuta molto convincente nella seconda, gli errori decisivi furono di Franco Baresi, Gianluca Massaro e di Roberto Baggio, che spedì il pallone alto. Quel rigore era entrato nella memoria collettiva degli italiani in maniera pesante.
Oltre quella finale, il Mondiale americano era caratterizzato da altre storie di vari giocatori che parteciparono a quel Mondiale lasciando il segno.

– La prima era quella di Roger Milla, che dopo essere stato convocato a 38 anni a Italia ’90, facendo innamorare i tifosi italiani del Camerun e rimasto celebre per la sua iconica esultanza davanti alla bandierina del calcio d’angolo, era arrivato alla Coppa del Mondo a soli 42 anni. Lui, insieme ad altre icone del calcio camerunense come i portieri Thomas N’Kono e Joseph-Antoine Bell, aveva disputato un torneo non all’altezza delle sue aspettative, tant’è vero che i “Leoni indomabili” uscirono al primo turno. Milla segnò il suo unico goal nel torneo nella sconfitta contro la Russia per 6-1. All’epoca Roger Milla fu non solo il primo giocatore anziano a scendere in campo (record superato dapprima dal portiere colombiano Faryd Mondragòn nel 2014, poi con Essam El-Hadary dell’Egitto nel 2018), ma anche il giocatore più anziano a siglare una rete ad un Mondiale. Quella fu l’ultima apparizione internazionale dell’attaccante camerunense classe ’52 che avrebbe poi appeso gli scarpini al chiodo nel 1996 in Indonesia.

– Un’altra storia è quella dell’attaccante russo Oleg Salenko. Anche per Salenko fu l’ultima apparizione con la rinata Russia dopo la dissoluzione dell’URSS.
Oleg Salenko, nella partita contro il Camerun, aveva siglato 5 reti: mai ad un Mondiale un giocatore aveva segnato più di quattro goal in una sola partita. Grazie a quella prestazione, l’allora attaccante del Valencia aveva vinto la classifica capocannonieri insieme al bulgaro Hristo Stoichkov.

– Hristo Stoichkov, colui che ha rappresentato la Bulgaria al Mondiale a stelle e strisce, aveva portato la selezione a giocarsela alla pari anche contro le favorite del torneo, come la campione uscente della Germania che la futura finalista dell’Italia.
Hristo Stoichkov aveva trascinato un paese intero con le sue gesta nel rettangolo verde dopo aver battuto nei play-off di qualificazione la Francia al Parc des Princes.
La Bulgaria era stata sconfitta poi dall’Italia di Roberto Baggio per 2-1 con Stoichkov a segno. Nella finale 3°-4° posto i bulgari persero per 4-0 contro gli svedesi, ma quel Mondiale resterà nella memoria del popolo bulgaro mentre Stoichkov vinse il Pallone d’Oro superando addirittura l’attaccante rumeno Gheorghe Hagi; Hristo Stoichkov invece dopo aver giocato al Barcellona, al Parma e ai Chicago Fire, si era poi ritirato nel 2003 diventando poi allenatore.

– Se nel Mondiale del 1990 aveva portato la Romania agli ottavi di finale, Gheorghe Hagi, noto come il “Maradona dei Carpazi”, nel ’94 si era superato: Hagi si consacrò come uno dei migliori calciatori di sempre riuscendo a condurre la Romania fino ai quarti di finale, poi persi ai tiri di rigore contro la Svezia. Ancora oggi resta una delle migliori prestazioni per la nazionale romena.

– Il Mondiale del ’94 fu il Mondiale che riportò alla rinascita calcistica della Svezia: grazie al talento dell’allora ventitréenne Henrik Larsson e a giocatori che giocarono qualche anno dopo in Serie A come Tomas Brolin, Kennet Andersson e Klas Ingesson, i gialloblu arrivarono in semifinale dove persero per 1-0 contro il Brasile e trionfare nella finalina contro la Bulgaria per 4-0. Gli svedesi non vivevano un momento dorato dal mondiale casalingo del 1958.

– Un’altra storia da un finale tutt’altro che felice fu quella di Andrés Escobar.
Escobar, conosciuto in patria con la maglia dell’Atletico Nacional di Medellin, fu autore dell’autorete contro gli Stati Uniti, padroni di casa della rassegna, che sancì l’uscita della nazionale colombiana dal Mondiale. La Colombia del CT Francisco Maturana e della stella Carlos Valderrama, che per “O Rei” Pelè era la favorita per la vittoria del torneo dopo la vittoria per 5-0 contro l’Argentina di Maradona, visse un incubo senza precedenti: i giocatori vissero sulla propria pelle minacce e pressioni da parte dei narcotrafficanti. Al difensore colombiano Luis Fernando Herrera addirittura i criminali gli rapirono il figlio e minacciarono il CT Maturana che avrebbero ucciso i suoi familiari qualora avesse schierato il centrocampista Gabriel Gomez tra gli undici titolari nella gara contro gli americani. Non bastò la vittoria per 2-0 contro la Svizzera: i giocatori, appena tornati in patria, si rinchiusero nelle proprie abitazioni per evitare le ritorsioni da parte dei narcotrafficanti.
Escobar decise di uscire per andare in un locale per andare a bere qualcosa, ma si accorse che nel locale c’erano dei uomini loschi che offesero Escobar per l’autogoal che aveva causato pesanti perdite nel totonero.
Escobar decise di uscire dal locale ma una volta fuori una Toyota Land Cruiser nera, risultata rubata secondo il referto della polizia, partirono altri insulti e l’ex guardia giurata Humberto Muñoz Castro lo uccise con sei proiettili. La sua morte scosse tutto il mondo sportivo e la Colombia intera; Escobar doveva sposarsi con la sua storica compagna il mese successivo e avrebbe lasciato l’Atletico Nacional per andare a firmare con il Milan, che lo seguiva dal 1989, anno in cui le due squadre si affrontarono nella finale del Mondiale tra club. Dopo la sua morte, nessun giocatore della nazionale colombiana indossò la storica maglia n° 2 per alcuni anni. Solo uno ebbe il coraggio di indossarla: un certo Ivan Ramiro Cordoba, difensore che trascorse gran parte della sua carriera nell’Inter.

– Altra storia da raccontare fu quella di Saeed Al-Owairan.
Bandiera storica dell’Al-Shabab, pluri-campione in Arabia Saudita, siglò la rete decisiva contro il Belgio, che permise alla debuttante Arabia Saudita di avanzare agli ottavi di finale del torneo. Una corsa da centrocampo, per 70m, nella quale saltò ben tre giocatori prima di insaccarla alle spalle di Michel Preudhomme. Nonostante la sconfitta contro la Svezia per 3-1 agli ottavi di finale, il ritorno dei sauditi fu accolto con grande entusiasmo e Al-Owairan divenne volto della Coca-Cola. Tuttavia il successo lo offuscò a tal punto da essere pescato in un locale a luci rosse e condannato a tre anni di prigionia, ma il Re Fahd gli concesse l’amnistia, così che Saeed Al-Owairan partecipasse al Mondiale francese del ’98, nella quale gli arabi non riuscirono a bissare lo stesso successo del mondiale precedente.

– Il Mondiale del ’94 fu l’ultima Coppa del Mondo per giocatori che hanno scritto pagine indelebili nella storia del calcio: fu l’ultimo Mondiale per Franco Baresi che era ritornato da un infortunio al menisco in tempi record, sbagliando tuttavia il primo rigore durante la finale contro il Brasile.
Fu l’ultima Coppa del Mondo per il celeberrimo Hugo Sanchez, attaccante messicano, che aveva fatto le fortune dell’Atletico Madrid, del Real Madrid e del Rayo Vallecano e fu l’ultimo Mondiale di Diego Armando Maradona, che venne beccato positivo per doping per la seconda volta dopo la gara contro la Nigeria, sancendo così la fine del “Pibe de Oro” con la casacca della nazionale argentina.

La finale del Mondiale americano educò l’Italia e gli italiani alla sconfitta. Spesso ci siamo sempre chiesti come mai l’Italia calcistica, sempre cinica e risultatista, come lo è il paese intero da anni, si sia sempre affezionata a quella cocente sconfitta contro il Brasile ai rigori: la risposta a questa domanda, modestamente, è che ancora oggi, pur cercando di continuo eroi mitologici cui aggrapparci, una parte inconscia di noi desidera comunque vederli cadere, facendoceli percepire più umani.

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