Aldo Bianchini
SALERNO – Questa volta non ho sorriso ma ho riso intensamente per la palese disonestà intellettuale della stampa locale dopo aver letto, su alcune testate giornalistiche, la descrizione dell’ultima udienza (quella del 10 giugno scorso) del processo alle COOP Sociali di Salerno e particolarmente ai due imputati eccellenti: Nino Savastano (politico) e Fiorenzo Vittorio Zoccola (imprenditore). Una lezione di stile e di chiarezza sia degli imputati che dei due testimoni escussi (Di Lorenzo e Salsano) che viene rappresentata quasi come una resa senza condizioni. Davvero stupefacente.
La limpida testimonianza “Zoccola era sempre sotto al Comune di Salerno, era una figura mitologica …. Ho lavorato 42 anni al comune – spiega – Sempre in ragioneria e mi occupavo di tutto, dall’impegno di spesa al mandato di pagamento. Conosco Zoccola da 43 anni, sei mesi ed un giorno. Conoscevo il padre, che stava sotto al comune già alle 4 del mattino, e lui faceva uguale. Mai avuto sollecitazione ai pagamenti da parte sua, tanto meno politiche per i pagamenti” è stata stravolta per attribuire alle dichiarazioni in aula di Aldolfo Salsano (già funzionario del Comune di Salerno) un significato distorto ed una valenza processuale a favore della pubblica accusa che non esiste.
Ovviamente i report giornalistici non valgono un fico secco nelle aule di tribunale e, soprattutto, quando in camera di consiglio i giudici devono emanare le sentenze; mi auguro che i giudici vivano serenamente questo giudizio e riflettano bene pensando a quanto dicevano i mitici capi di APPLE e di TWITTER (Virgin Richard Branson, Jack Dorsey e Tim Cook) quando descrivevano la vita di un imprenditore modello: “Svegliarsi al mattino molto presto, anche alle 4.30, è una consuetudine che permette di svolgere prima di colazione e senza essere disturbati quelle attività per cui non si trova del tempo durante la giornata”. E Fiorenzo Vittorio Zoccola è un imprenditore a tutto tondo, è un imprenditore che si sveglia alle 4 del mattino, è un imprenditore che per decenni ha dato lavoro a centinaia di famiglie e per farlo ha dovuto alzarsi all’alba di ogni giorno per adempiere al compito principale di un imprenditore vero: curare tutti gli oneri amministrativi ed economici dell’azienda per assicurare il lavoro agli altri.
E per farlo cosa doveva fare se non piantonare il Comune di Salerno al fine di evitare lacci e lacciuoli burocratici che avrebbero sicuramente minato la capacità economica delle sue cooperative mandando sul lastrico centini di famiglie ? Questo, semplicemente questo, chiedo alla stampa locale; e su questo chiedo ai giudici una riflessione profonda.
Smettiamola, una volte per tutte, di utilizzare titoli a sei colonne e/o locandine per attrarre l’attenzione dell’eventuale acquirente in più rispetto ai livelli infimi di vendita che la stampa scritta sta toccando in questi ultimi anni; ma con questi titoloni e soprattutto con queste locandine (come quella de La Città) non si va da nessuna parte e si perde ogni credibilità.
Fiorenzo Vittorio Zoccola andava sotto i portici del Municipio “armato” di tutta la sua buona volontà per curare i suoi interessi che erano anche gli interessi di centinaia di famiglie, e per curare i rapporti di cordialità e di amicizia verso tutta la complessa ed a volte incomprensibile “macchina comunale” che, anche al di là delle scelte politiche, appare come un mostro senza anima; una macchina che comincia dai dirigenti, passa per i funzionari, ed arriva anche all’ultimo degli impiegati.
Un anfratto burocratico misterioso e tumultuoso all’interno del quale si annida di tutto: lecito ed illecito, nell’ambito di tantissimi piccoli orticelli di potere; vero cancro della pubblica amministrazione.
Semplicemente eccellente, ed al tempo stesso disarmante per la sua estrema comprensibilità, la spiegazione tecnico-amministrativa fornita ai giudici dall’ex manager Alberto Di Lorenzo: “… Mi sono occupato del Verde pubblico con l’attivazione delle convenzioni con le cooperative sociali ad inizio Duemila. In virtù della legge 381 del 91 i comuni potevano stipulare convenzioni con cooperative di tipo B. Ricordo che all’inizio erano convenzioni calibrate sulla soglia comunitaria ovvero massimo di 200mila euro con un numero minimo di maestranze, nove per l’esattezza, in forza lavoro … “ (fonte Il Mattino).
E qui un altro capolavoro della stampa che scrive “”… Di Lorenzo ammette anche di conoscere Zoccola … Ha avuto rapporti ed interlocuzioni con lui ma già nel 2011 non se ne occupava più …””; colpisce la maniera subdola con cui viene utilizzato il verbo “ammettere”, quasi come se conoscere Zoccola fosse un peccato mortale, quando invece i dirigenti, funzionari e impiegati dovrebbero avere l’obbligo di conoscere gli imprenditori con i quali la pubblica amministrazione deve confrontarsi al fine di migliorare il prodotto per la comunità.
Assente il dirigente comunale Luca Caselli (è all’estero) che dovrà presentarsi dinanzi ai giudici nel mese di luglio; ed anche in questo caso la stampa completamente genuflessa verso la Procura non ha lesinato alcune ilarità gratuite.
Le cooperative avevano fatto “cartello”, e acquisivano le commesse anche se non avevano più i requisiti per partecipare alle gare (cioè la riserva “sociale”); in più, facevano lavorare in amministrazione (non sia mai per strada!) familiari e congiunti: vale come elemento di “condanna”, se non altro morale, quella che ci possiamo permettere ancora, di questo personaggio e di coloro che lo hanno assecondato?