Ma i missili di Putin non sono dei piattelli al luna park

 

by Luigi Gravagnuolo 8 Giugno 2024

 

Stringi stringi la controversia sulle armi all’Ucraina si sta focalizzando sul loro eventuale uso per attaccare le postazioni missilistiche site sul suolo russo, piuttosto che sulla fornitura di armi in sé.

Tranne pochi fanfaroni – non sapremmo definirli altrimenti – che ancora chiedono lo stop alla fornitura di armi al paese aggredito, perché a loro dire così si fermerebbe la guerra, la gran parte dei politici e dei commentatori italiani, anche di quelli anti-NATO, non mette più in discussione l’invio in sé delle armi all’Ucraina a scopi difensivi, ma l’eventuale autorizzazione agli Ucraini ad usarle per attaccare i Russi sul loro suolo. Abbiamo sentito campioni del paci-disarmismo sostenere che mica è vero che, senza le armi occidentali, l’Ucraina sarebbe costretta alla resa ed alla sottomissione all’impero russo. No, a loro avviso senza le armi occidentali l’Ucraina nel giro di pochi giorni recupererebbe con garbo da Putin anche il Donbass e il Luhansk, e chissà, forse pure la Crimea! E sarebbe finalmente libera, indipendente e felice della sua neutralità. Ma noi Occidentali siamo perfidi. Pur di far arricchire i fabbricanti di armi, continuiamo a fornirne al popolo invaso, che poi, in cuor suo, sarebbe ben felice di arrendersi.

Salvo queste insensate boutade però, il grosso di quanti sperano in una Russia vincitrice nel giro di pochi mesi – e che si tenga pure l’Ucraina, mica son fatti nostri! – si è attestata su ‘armi sì all’Ucraina per difendersi, ma con divieto di usarle per attaccare le rampe di lancio da cui partono i missili russi’.

L’Ucraina aggredita, soccorsa finora con parsimonia dall’Occidente, priva di forze aeree adeguate per contrastare il predominio russo nei cieli, fornita con ritardi paurosi e con parsimonia dei munizionamenti indispensabili per difendersi, dovrebbe essere così costretta a continuare a sparare ai piattelli. A tentare in altri termini di neutralizzare gli attacchi aerei, missilistici e con droni utilizzando solo le difese terra-aria, lasciando libero l’aggressore di continuare indisturbato a spararne quotidianamente senza deterrenza alcuna. Così ad libitum. Fino allo sfinimento della popolazione.

Ma santiddio, il teatro di guerra non è quello dei confini formali tra i due Stati, peraltro violati proprio dai Russi, prima nel ‘14 poi nel ‘22. Se si sta in guerra è ovvio che ogni luogo attivo nel conflitto fa parte del teatro di guerra, diventa quindi un potenziale bersaglio.

Quando Israele viene colpita dai missili di Hezbollah, risponde colpendone le postazioni sul suolo libanese ed anche su quello siriano. E quando dall’Iran è partito un attacco missilistico contro Israele, la risposta è arrivata sul suolo iraniano. Così, se gli Houti lanciano attacchi contro le navi mercantili occidentali nel Mar Rosso, la risposta è il bombardamento dei siti di lancio sul suolo yemenita. Si può sapere perché mai invece, in Europa, un paese debba avere il diritto di invadere un vicino e, se questo si difende, di massacrarne persone e cose, provocando centinaia di migliaia di vittime, mentre i luoghi da cui partono i suoi attacchi dovrebbero essere rispettati come templi sacri?

Si dice che però noi – noi Italia e noi NATO – non siamo in guerra con la Russia, stiamo solo aiutando gli Ucraini a difendersi. Se perciò questi utilizzassero le nostre armi per attaccare in Russia, ci trascinerebbero ineluttabilmente in guerra con essa.

Il Ministro Crosetto – persona seria e, per la verità, tra i migliori ministri della Difesa degli ultimi decenni a mio avviso – ha confessato senza remore il timore di vedere l’Italia trascinata in un confronto diretto con la Russia. Rispondendo alla domanda di Paola De Caro per il CorSera su se il nostro paese continuerà d impedire a Kyiv di utilizzare le nostre armi per colpire la Russia, ha detto: “Mi chiedo a cosa serva. Incidono positivamente queste parole sugli esiti della guerra? No. Favoriscono la pace? No. Spaventano i Russi? No. Li irritano? Sì”.

Risposta ambigua, molto italiota: fatelo pure ma non tirateci in ballo, soprattutto non fatelo sapere in giro!

Per parte sua la premier Giorgia Meloni, rispondendo a Mentana nel talk pre-elettorale de La7 di mercoledì scorso, ha ribadito che noi aiutiamo l’Ucraina a sparare ai missili che le arrivano in testa, non a colpire le rampe di lancio da cui partono.

Ma se questo è il ragionamento, avremmo allora fatto bene a tenercene fuori fin dall’inizio.

In fin dei conti Kyiv non è l’Italia, Putin se la poteva anche prendere da subito e saremmo stati tutti felici e contenti. Se siamo intervenuti in sua difesa – perché di fatto siamo intervenuti – ci sarà stata pure stata una ragione. O no? E questa ragione è stata ribadita fino all’inverosimile, specie nel primo anno di guerra: difesa del diritto internazionale, difesa del diritto di un popolo di darsi una costituzione ed una collocazione internazionale in autonomia e libertà, prevenzione dalla minaccia di nuove spedizioni militari dell’imperialismo russo fin dentro l’Unione Europea, e tanto altro ampliamente discettato sui media italiani.

Quindi, per questa e quell’altra ragione siamo intervenuti in difesa dell’Ucraina e lo abbiamo fatto stando attenti a non dare troppo fastidio a Putin. Ma, ohibò, sorpresa, gli Ucraini sono stati in grado di difendersi, pur nella sproporzione delle forze. La guerra dunque sta andando avanti oltre la nostra capacità di sopportazione. Conclusione, facciamo finta di continuare ad aiutare Kyiv, ma con juicio! Quel tanto che basta per non apparire voltagabbana e per aspettare che finalmente gli Ucraini si stanchino ed accettino la mutilazione del loro territorio. Quindi metteremo in campo il nostro interventismo diplomatico come mediatori della pace.

Non vi fischiano le orecchie in ricordo della storia degli Italiani?

 

 

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