La sceriffa di Caivano.

 

da Salvatore Memoli (avvocato – giornalista – scrittore)

 

Se la Meloni è stronza o si sente stronza non interessa agli italiani. È questione che riguarda la persona, come lo stile che deve osservare un Presidente del Consiglio dei Ministri. Come ci hanno abituato i grandi statisti che l’hanno preceduta da De Gasperi a Spadolini, da Andreotti a Craxi, a Ciampi, Dini, Draghi.
Agli italiani che non si sentono intruppati nelle claques di destra o di sinistra interessa che lo Stato sia rappresentato ai massimi vertici da persone che rispettano il ruolo e meritano rispetto, scegliendo un comportamento che premia l’imparzialità, la difesa delle istituzioni, il rispetto dei protocolli connessi alla carica rivestita.
A me non è piaciuto quello che ha fatto il Presidente del Consiglio Meloni a Caivano mentre si accingeva a salutare, come da protocollo, le autorità presenti per la manifestazione inaugurale del complesso sportivo, meritatamente intitolato a Pino Daniele.
La Meloni, come capita spesso, ha caratterizzato il ruolo trasferendogli aspetti prorompenti della sua personalità che risentono di una naturale popolarità, a tratti plebea.
La maggiore riservatezza delle scelte  della Meloni avrebbe avuto più rilevanza delle parole cabarettistiche del Governatore della Campania De Luca, a cui siamo tristemente abituati. La Meloni è il vertice amministrativo e politico, a capo di una Nazione che è una potenza internazionale. Da lei avremmo atteso comportamenti irreprensibili, formali ed equidistanti. Durante la sua camminata verso le autorità schierate conservava il desiderio di lanciare un guanto di sfida a De Luca. Cosa che ha fatto lasciando senza parola l’interlocutore che di parole e di risposte ne avrebbe avute tante e di appropriate ma che ha capito dove si trovava e cosa stavano per fare. La Meloni è stata sceriffo per un giorno ma ha sbagliato luogo, tempo e messaggio. Si è sentita una donna mossa da un’emotività contagiosa, priva di resipiscenza, incapace di valutare che si trovava non al cospetto del campo di sfida con De Luca ma a Caivano, terra di camorra dove i messaggi violenti camminano in codice e si diffondono con una rapidità maligna.
La Meloni ha capito quanto sia importante aiutare la conversione urbanistica di Caivano. Ha valutato l’opportunità di un intervento sfida al passato immobile, approfittando di un sostegno della gente e di don Patriciello, si è data da fare per ottenere risultati utili e idonei a generare apprezzamento nei cittadini-elettori. Se la vogliamo raccontare così, passi pure! La realtà di Caivano è molto più complessa e non è riferibile ai dati urbanistici ma sociologici. Quelle parole sfida della Meloni sono in perfetto stile minaccioso che usano i locali malviventi per intimorire, sottomettere, annullare qualsiasi fiducia nelle regole civili, nel bon ton, nella proiezione in un contesto civile e democratico che mira a gestire situazioni difficili con l’esempio, la forza della passione civile, religiosa, democratica.
Meloni ha sbagliato! Ha sbagliato in pubblico, ha lasciato un messaggio negativo a tutti e soprattutto ai giovani inclini alla cultura di Gomorra: la sfida, la minaccia e l’oltraggio sono strade privilegiate per difendersi!
E, se don Patriciello ha condiviso il gesto, c’è da preoccuparsi!
De Luca avrebbe avuto nei riguardi di Meloni parole di stizza… in un luogo privato ed in risposta all’inopportuno invito della Meloni che lo mandava a lavorare. Ora tutti sanno che a De Luca si può contestare tutto tranne che da oltre 30 anni dedica tutto il giorno all’impegno politico. Il suo risentimento dunque poteva starci!
La sceriffa Meloni ha risposto in pubblico, non valutando l’opportunità di un colloquio privato con lui per contargliene quattro! Ed ha usato toni e modalità censurabili che proprio a Caivano doveva evitare.
Qualcuno avrà consigliato alla Meloni che la sceneggiata è lo spettacolo più amato in Campania.
Ma non da tutti! In Campania la capacità di orientate gusti, stili culturali e comportamentali appartiene a molti, quanto basta per rifiutare che per un piatto di lenticchie si può dimenticare tutto.  Ma, come nelle sceneggiate, ci sono gli eroi di un atto e quelli che determinano il successo della sceneggiata.

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