Un quartiere minuscolo parcheggiato di carri armati.

da Antonio Cortese (docente – giornalista)

 

I notiziari da mesi dibattono le opinioni di numerosi giornalisti e politici, per quella che viene passata per occupazione di un territorio, Rafah, che equivale ad un quartierino di periferia di una piccola città. Quindicimila abitanti in pieno giorno in una nazione israeliana popolata da molti palestinesi. Anche il regno delle Due Sicilie per unificarsi dovette scacciare indigeni, briganti, greci, albanesi o altre testimonianze di svariate etnie organizzate in villaggi, o frazioni di paesini.

 

Tale dinamica accadde poi per l’unità d’Italia, ma si tratta di un processo fisiologico alla maggior parte dei riconoscimenti di bandiera. Oltre a ripetere che a Yalta la seconda guerra mondiale si concluse propriamente grazie al riconoscimento e alla soluzione internazionale della restituzione, seppur tardiva di qualche millennio, di Israele agli israeliani.

 

Le tivvù che invece fanno presa sulle audience, ultimamente col vittimismo e con il diritto di commiserazione, affinché lo spettatore medio si senta sollevato, sentendosi migliore e più fortunato di terremotati o sciagurati, dispersi o vittime appunto, di un sistema del quale non hanno il controllo se non attraverso un telecomando che però guida le loro dita invece di essere normalmente utilizzato, ingigantiscono, aggravano, spettacolarizzano e drammatizzano un normale affare di stato.

 

E’ come se zio Silvio in Italia, costruendo Milano 2 fosse stato accusato a torto invece di bonificare, civilizzare strutturare e ristrutturare lo scheletro urbano dalle periferie milanesi fino a Monza.

 

Fortunatamente almeno per queste opere Berlusconik non venne tanto perseguitato, anche perché già era in grado di riempire le masse di programmi con prezzi giusti col pranzo servito, in abitazioni per grandi e per piccini, ricchi e poveri, buoni e cattivi.

 

L’esagerazione, come per l’emergenza sanitaria, o lo scioperaggio virale nelle università di cui ho scritto nell’articolo precedente, é arrivata anche questa volta alla paralisi dei più intelligenti dei commentatori sui media. C’è chi parla di miccia paragonata a Danzica, che il solito terrorismo psicocatodico ha annunciato per il Donbass, Taiwan ed altre micro regioni. Si leggono i soliti articoli degni di una Cassandra corrotta, catastrofici ma senza alcuna voce che voglia far capire che a Rafah verranno costruite strade e forniture per ogni servizio, come ha specificato ad inizio settimana un generale dell’esercito statunitense.

La spettacolarizzazione vuole però che da una parte l’audience sia riempita da scene bellicose con tutti gli arsenali, anche se in semplice e pacifica parata, ma dall’altra la reazione indignata per un conflitto di cui il 3 per cento dei consumatori sapeva niente fino all’anno scorso, per delle battaglie che non appartengono ai loro interessi, anche perché anche in Italia ancora vanno a bisticciarsi se Ferdinando di Borbone avesse le corna o meno, o se negli Usa se le tribù avessero capito da subito cosa fosse un fiammifero, una pistola o un fucile. I pochi tori seduti che lo avessero capito andarono ad ostacolare la risoluzione della guerra secessionista e della schiavitù.

 

 

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