LAVORO: la strage degli innocenti ?

Aldo Bianchini

SALERNO – Nella menata generale di discorsi, di commenti, di intenzioni, di accuse, di giustificazioni, di promesse, di progetti irrealizzabili, e di fantomatiche responsabilità dell’attuale governo come se fosse colpevole di tutte le manchevolezze del settore che discendono fin dagli anni ’60, mi sono accinto a leggere un articolo che tra i tanti mi sembrava il più ricco di contenuti rispetto a tutte le chiacchiere superflue ascoltate, purtroppo, prima – durante e dopo la Festa del Lavoro del 1° maggio scorso.

L’articolo, firmato da Antonio Vastarelli, è stato pubblicato da Il Mattino (ed. 3.5.24) sotto il titolo di “DATI SCONFORTANTI SUL FRONTE VERIFICHE: IRREGOLARI 9 AZIENDE SU DIECI. NELL’EDILIZIA LA SVOLTA CON L’OK ALLA PATENTE A PUNTI” e come occhiello «Pochi ispettori, i controlli non bastano Imprese senza cultura della sicurezza»; un articolo che in effetti è l’intervista al dr. Giuseppe Cantisano (dirigente responsabile dell’Ispettorato del lavoro dell’area metropolitana di Napoli) che sulla carta dovrebbe essere, ma nei fatti purtroppo non lo è, uno dei personaggi più importanti deputati alla tutela e prevenzione degli infortuni sui luoghi di lavoro perché, e non soltanto come dirigente ha avuto una pregressa carriera fatta anche di migliaia di ispezioni sui luoghi interessati al grave fenomeno degli infortuni che incide sul “costo sociale” come una grossa manovra economica per ogni anno.

Devo confessare che sono rimasto deluso dalla lettura di questa intervista prima dal suo attacco ““Possiamo aumentare i controlli, e lo stiamo facendo in maniera sensibile, ma oggi riscontriamo irregolarità in nove aziende controllate su dieci, quindi il problema degli incidenti sul lavoro non si risolverà se non si cambia la cultura delle imprese sulla sicurezza”” perché non è soltanto la cultura delle imprese che deve cambiare ma anche quella dei lavoratori che si approcciano malissimo verso il problema della sicurezza nonostante i miliardi di lire sperperati negli anni’90 per le farlocche iniziative di formazione sotto la spinta, anche questa farlocca, delle direttive europee che, guarda caso, erano tutte ispirate a decreti legislativi già esistenti da tempo nel nostro Paese.

E poi dal suo contenuto complessivo emergono soltanto dati statistici pregressi con obiettivi da raggiungere nel corso di quest’anno la fine di implementare gli accessi nei cantieri con l’intento di fare prevenzione attraverso la repressione del fenomeno; non funziona così, almeno io la vedo molto diversamente da come la vede il dr. Cantisano.

Io ho cominciato a fare l’ispettore di vigilanza sugli infortuni del lavoro negli anni ’60; e già da quegli anni si intuiva benissimo che mancava qualcosa per combattere il fenomeno infortunistico nazionale; mancava la “cultura della prevenzione” che deve coinvolgere i datori di lavoro, i lavoratori e le istituzioni.

Nell’ambito di questo drammatico fenomeno (circa tre morti al giorno nei cantieri di lavoro) non ci sono innocenti, ci sono soltanto colpevoli, lavoratori compresi che sempre (o quasi) non dimostrano elasticità nell’accogliere i suggerimenti che scaturiscono dalle norme e dalle formazioni; in buon sostanza si fidano soltanto delle loro specifiche capacità; ed arriva l’infortunio.

Poi c’è la situazione delle statistiche lavorative degli ispettori di vigilanza; statistiche che negli anni ’60 erano soltanto indicative e non qualitative, ma che nei decenni a seguire sono diventate uno strumento di controllo della qualità del lavoro “più recuperi in termini salariali e meglio sei qualificato”, una specie di inconcepibile sfida tra gnomi; statistiche che hanno praticamente cancellato quello spirito (molto dimensionato, in verità) di formatori e consiglieri che era innato negli ispettori, trasformando il tutto in una vera e propria azione repressiva e sanzionatoria con fini assolutamente legati alla produzione delle entrate senza tener minimamente conto delle esigenze di ascolto, consiglio e diffusione di cultura della prevenzione.

Per assurdo, quello che dovrebbero fare i lavoratori e le istituzioni lo fanno (questo bisogna dirlo) gran parte degli imprenditori; anche se nessuno lo dice.

Per questo sono rimasto deluso dall’intervista rilasciata dal dr. Cantisano al giornalista de Il Mattino.

In chiusura lancio un’idea: “Perché non ripristinare il potere di diffida in capo a tutti gli ispettori del lavoro e previdenziali ?”; fagocitato dall’eccesso di potere della magistratura moltissimi anni fa, il suo ripristino potrebbe (con tutti i rischi di eccesso d parte degli ispettori) rappresentare il primo gradino verso una cultura della prevenzione diretta tra controllori (oggi ridotti l rango di esattori fiscali), controllati (oggi schiacciati dal terrore di pesanti sanzioni giudiziarie e pecuniarie) e lavoratori (assai lontani dalla percezione della vera cultura della prevenzione).

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