Aldo Bianchini
POTENZA – A scuola, almeno a me, hanno insegnato che la giustizia si amministra in nome del popolo sovrano ed anche che la giustizia amministrata dagli uomini per essere quanto più giusta possibile non deve mai andare oltre l’interesse globale del popolo sovrano.
Difatti con l’espressione di voto il popolo, in piena libertà, elegge chi lo deve rappresentare sia nelle due camere nazionali che in tutte le altre assisi in cui è necessario il voto popolare.
Il popolo, però, contrariamente a quanto accade in altri Paesi, qui da noi non ha la possibilità di scegliere i magistrati che dovrebbero garantire la sua sovranità nella lotta contro la criminalità organizzata che spesso si insinua in maniera dannosa nel mondo della politica.
Molto spesso, però, accade che la magistratura si inerpica per disastrosi sentieri nel pieno della battaglia politica ed inevitabilmente determina la caduta e/o l’ascesa dei potenti; teoria questa convalidata e consolidata dalle infinite assoluzioni con formula piena.
Quando mi ritrovo a pensare al destino della cosiddetta “Pittella dynasty” non posso non realizzare l’enorme peso che la “giustizia ingiusta” ha avuto sui singoli componenti di quella gloriosa famiglia di Lauria (PZ).
Il capostipite Domenico Pittella (deceduto nel 2018), medico titolare dell’ accorsata clinica medica “Sanatrix” e senatore del PSI dal 1972 al 1983, è stato il primo ad essere inseguito e maltrattato dalla giustizia (tra l’83 e l’84) per via di quell’accusa infamante di aver nascosto e curato nella sua clinica la brigatista rossa Natalia Ligas ferita alla gamba nel corso di un attentato nel giugno ’81 in danno dell’avvocato Antonio De Vita difensore del pentito Patrizio Peci. Seguirono anni di grande terrore giudiziario sulla famiglia Pittella, terrore finito nel 1999 con la grazia concessa dal presidente Ciampi per l’evidente sommatoria di accuse inverosimili.
Nonostante questo enorme macigno i due digli di Domenico, Gianni e Marcello entrambi medici come il padre, si incamminarono con indubbio successo sulla difficile strada della politica:
- Giovanni Saverio Furio Pittella, detto Gianni, è stato deputato alla Camera dal 1996 al 1999, europarlamentare dal 1999 al 2018, dove ha ricoperto gli incarichi di vicepresidente vicario del Parlamento europeo dal 2009 al 2014 e presidente dell’Alleanza Progressista dei Socialisti e dei Democratici dal 2014 al 2018, e senatore della Repubblica dal 2018 al 2022. A lungo personaggio importante ed influente della sinistra italiana nelle varie evoluzioni dell’attuale P.D.;
- Maurizio Marcello Claudio Pittella è stato sindaco di Lauria dal 2001 al 2005, e presidente della Regione Basilicata dal 2013 fino alle dimissioni presentate nel gennaio 2019 (precedute il 6 luglio 2018 dalla sospensione della carica) a causa del suo coinvolgimento in una vicenda giudiziaria. Vittima come il padre Domenico di una grossa ed irreparabile ingiustizia giudiziaria sbandierata su tutti i canali mediatici dall’incredibile tritacarne messo in piedi, forse, dal fuoco amico oltre quello nemico. Assolto, infine, con formula piena quando ormai il danno alla sua immagine ed alla sua azione politica sembrava irreparabile.
Anni e anni di duro sacrificio per difendere se stesso e l’onore della sua famiglia, di umiliazioni e di voltafaccia politica, la cieca fiducia nell’insegnamento paterno diretto alla tutela dei diritti dei più deboli ed all’aiuto incondizionato verso il prossimo meno abbiente, la voglia di dimostrare la sua assoluta innocenza ai suoi tre figli; infine, dopo, l’accertata innocenza il ritorno alla grande nell’agone politico che oggi lo proietta nel grande circo della politica della Regione Basilicata con un successo di partito e personale al di sopra di ogni aspettativa.
E’ stato lo stesso popolo di elettori che lo aveva votato come presidente della regione prima dell’inchiesta giudiziaria a rimandarlo con successo sugli scranni regionali per continuare la sua missione, quella insegnatagli dal padre e condivisa dal fratello Gianni. Il popolo, ho detto all’inizio, è sempre sovrano; e nella fattispecie ha ridato a Marcello Pittella quello he ingiustamente gli era stato tolto.
La decisione caparbia di Carlo Calenda, capo indiscusso di “Azione”, prima ha creduto nel peso politico-elettorale di Marcello Pittella e poi candidandolo ha sacralizzato il suo enorme successo elettorale per Potenza (7.157 voti di preferenza) insieme a Nicola Morra (per Matera); un partito che prima in Basilicata non esisteva e che oggi si ritrova con un imponente 7,5% a sostegno e complemento di quel 56,06% raggranellato dalla coalizione che ha riportato Vito Bardi alla presidenza della Basilicata.
La storia, per certi versi affascinante pur nella sua drammaticità, dell’uomo, del medico e del politico Marcello Pittella è questa; e se il successo è indiscusso e indiscutibile non è difficile prevedere l’entrata a pieno titolo nella nuova giunta regionale che il presidente Bardi è chiamato a comporre; a meno di non pensare ad un ritorno di IV e Azione sulle sponde avverse del PD anche se ciò complicherebbe notevolmente le cose per tutti.