Aldo Bianchini
SALERNO – “Tra slam, lavoro e sorrisi è iniziata l’era Sinner”, questo il titolo a tutta pagina riservato dal quotidiano Il Mattino (ediz. 02.04.24) al grande tennista italiano, il giovanissimo Jannik Sinner, che è riuscito, almeno fino a questo momento, a rimescolare in un unico calderone la necessaria italianità, la freddezza se non glacialità dell’essenza alto-atesina-tedesca, e la sua soltanto apparente e scanzonata giovinezza molto legata all’ordine, al lavoro, ai punteggi ed agli slam in maniera quasi naturale; cioè come se tutto fosse già stato previsto e incasellato, senza sbavature, senza tentennamenti e, soprattutto, senza esaltazioni per le vittorie (molte !!) e senza deprimenti scenate per le sconfitte (poche !!); il tutto condito da grandi gesti di umanità e di umiltà che ne fanno, ad oggi, l’unico giovane sportivo ad aver rivalutato il tennis che, per questo, sta invadendo tutti i settori della società civile e di tutti quei giovani che più di prima si avvicinano allo sport sinneriano.
In pratica Sinner è riuscito a fare ciò che per il tennis era rimasto vincolato e sepolto tra i successi strepitosi di Nicola Pietrangeli (anni ’60) e l’immensa classe naturale di Adriano Panatta (anni ’70); il primo inserito nella categoria dei “contanti” (analisti di tennis che pensano ai punti, alle vittorie ed ai soldi), e il secondo nella categoria degli “adoranti” (quelli che pensano soltanto alla classe) e tra i primi “sacerdoti del tennis” ad aver anticipato, contro tutti, l’inizio dell’era Sinner che lui ama definire “un alieno che gioca a tennis”.
Di sicuro c’è il fatto che la new-age dei tennisti contemporanei (Sinner, Alcaraz, Rune. Ruud, Shelton e pochi altri) rappresenta il punto di svolta per l’era Federer – Nadal e Djokovic che negli ultimi vent’anni sembrava avesse monopolizzati per sempre uno sport portandolo certamente a livelli altissimi ma anche al punto più distante, storicamente parlando, dall’esigenza di farlo diventare uno sport molto popolare.
Jannik e, difatti, Sinner sta già dimostrando un’immensa maturità, sorride quel poco che basta dopo la vittoria e subito annuncia nuovi sacrifici lavorativi per colmare i difetti che anche lui porta in giro con il suo tennis davvero rivoluzionario: tiri fortissimi e sempre tra le righe.
Ma dove vuole e, soprattutto, dove può arrivare il 22enne tennista altoatesino nato e cresciuto in una famiglia di umili e onorate origini dove il papà Hanspeter e la mamma Siglinde per molti anni hanno lavorato nel rifugio fondovalle in Val Fiscalina per arrivare all’acquisto di un piccolo albergo-ristorante a Sesto Pusteria che, oggi, in parte è stato sostituito dal fatto che le straordinarie abilità culinarie di Hanspeter sono al servizio dello staff sportivo sinneriano e l’esperienza manageriale di Siglinde nella gestione del “centro vacanze Haus Sinner” sempre a Sesto Pusteria quando i due non sono in viaggio al seguito del figlio campione che ha scelto il tennis all’età di circa dieci anni tra quelli che praticava con successo: tennis, nuoto e sci.
Il buen retiro di Jannik è lì a Sesto Pusteria a 1300 mslm con sullo sfondo le straordinarie tre cime di Lavaredo incastonate in uno dei tratti più belli delle Dolomiti.
Ma dove vuole e dove può arrivare, sportivamente parlando, il nostro già grande campione di tennis ?
Le previsioni non sono facili, innanzitutto perché bisognerà valutare la durata della carriera di Sinner che in tanti si augurano possa durare ancora per molti anni. Lo scatto, secondo Panatta, potrebbe già esserci dopo Montecarlo e gli Italian Open quando potrebbe presentarsi come gran favorito a Parigi e addirittura già con il n. 1 sulle spalle per Wimbledon; i punti che ancora lo distanziano da Djocovic sono appena 1.015 ma bisogna tener conto che i punti che lo distaccano da Akcaraz sono appena 65; molto quindi dipenderà dai prossimi tornei.
Ma lui è fiducioso, crede in se stesso, ragiona in campo (come eccellentemente ha fatto nel quarto game del primo set della finale di Miami quando stava per perdere il servizio) e spiazza decisamente gli avversari con la sua flemma e il suo servizio; affronta le partite e le finali con calma e serenità facendo ritornare il tutto in uno stretto ambito sportivo, e non disegnando anche di firmare e autografare magliette e palline; così come ha fatto con mio figlio Giuseppe, a pochi minuti dall’inizio della partita di finale contro Grigor Dimotrov, nell’autografare una maglietta del Milan, lui che è uno sfegatato tifoso rossonero (vedasi foto scattata il 31.03.24 ).