da Dr Alberto Di Muria
PadulaNella medicina tradizionale cinese il riso rosso è considerato un energetico e un aiuto contro i problemi di digestione. Nel mondo Occidentale però è conosciuto soprattutto come alternativa naturale ai farmaci a base di statine, impiegati per ridurre il contenuto di colesterolo LDL nel sangue. Presente in molti integratori, in Europa è venduto senza prescrizione medica anche al supermercato.
Il prodotto è presentato dai produttori come innocuo, in quanto di origine naturale, ma, secondo uno studio dell’Istituto Superiore di Sanità italiano (ISS), pubblicato sul British Journal of Clinical Pharmacology, gli integratori a base di riso rosso hanno gli stessi effetti collaterali dei farmaci sostituiti.
Il riso rosso è ottenuto lasciando fermentare il riso in presenza della muffa Monascus purpureus: a seguito del processo, il riso si colora e si arricchisce di una sostanza attiva, la monacolina K, chimicamente identica alla lovastatina, molecola sintetica riconosciuta come farmaco. L’efficacia anticolesterolo del riso rosso è comprovata, tanto che spesso viene assunto da pazienti intolleranti alle statine come terapia alternativa.
Secondo quanto evidenziato dai risultati dello studio italiano, il prodotto sembrerebbe però tutt’altro che immune da effetti collaterali.
I ricercatori dell’ISS hanno studiato i dati raccolti dal Sistema di Sorveglianza Italiano sui Prodotti Naturali, un ente che registra le segnalazioni di effetti collaterali di integratori o preparazioni naturali. Nel periodo in esame, sono stati registrati 55 casi di effetti indesiderati legati all’uso di riso rosso, principalmente patologie a carico del fegato (10 casi) e problemi muscolari, quali mialgie (19 casi) e un caso di rabdomiolisi, ovvero di lesione dei tessuti muscolari.
Gli effetti collaterali del riso rosso sono dunque del tutto analoghi a quelli delle statine. È auspicabile che si continui a monitorare la sicurezza degli integratori alimentari e, più in generale, dei prodotti definiti come “naturali”, al fine di definire il loro profilo di rischio, così da aumentare le conoscenze degli operatori sanitari e dei consumatori qualora decidano di utilizzarli.