Aldo Bianchini
SALERNO – Sono passati 80 anni da quel tragico avvenimento che determinò il più grave indicente ferroviario della storia italiana, e forse mondiale. Ho scritto spesso di questa vicenda e su quanto potrebbe essere accaduto quella sera.
L’ho fatto anche perché nella stazione successiva a quella di Balvano, Bella-Muro, quella sera si trovava in servizio mio padre Giuseppe (29 anni) che era dipendente delle Ferrovie dello Stato specializzato in comunicazioni telegrafiche; e mi sono sempre chiesto perché tutti i libri scritti, tutte le commemorazioni fatte, si sono fermate sempre e comunque nella stazione di Balvano.
Perché mai nessuno si è interessato a cosa accadde nella stazione di Bella-Muro che doveva ricevere il treno proveniente da Napoli (via Salerno, Sicignano, Balvano) per arrivare a Potenza e poi a Taranto. Mi rendo conto che le risposte difficilmente arriveranno, e allora non resta che rileggere la storia (forse quella vera !!) di quella tragica giornata; partendo da un assunto inamovibile, almeno per l’epoca (siamo nella notte tra il 3 e il 4 marzo 1944 e l’Italia nonostante l’armistizio è ancora in stato di guerra) c’era una regola fondamentale: “Ogni capo stazione era responsabile del treno cui aveva dato il via libera fino alla stazione successiva”; in pratica il capostazione doveva seguire il viaggio del treno, in maniera seria e responsabile, fino all’arrivo nella stazione successiva, e così via per le altre stazioni. all’epoca è bene chiarire le comunicazioni tra le varie stazioni avvenivano via telegrafo e mio padre era uno degli ormai pochi telegrafisti in circolazione; telegrafisti che vennero poi letteralmente aboliti gli inizi degli anni ’60.
“”Era già sera quando il treno n. 8017, proveniente da Napoli e diretto a Potenza, transitò per la stazione ferroviaria di Salerno. Pioveva, faceva freddo e in un clima tipicamente invernale lasciò caracollante la stazione per scomparire dietro la curva del Masso della Signora verso Mercatello … E quella notte, tra il 2 e il 3 marzo 1944 rimarrà impressa sulla pietra del tempo all’ingresso della Galleria delle Armi tra le stazioni di Balvano e di Bella-Muro … L’8017 era un lungo convoglio di 47 vagoni, una ventina dei quali scoperti. Ma soltanto 12 erano carichi; gli altri erano vuoti, aggiunti per riportare indietro merci e materiale militare. Nella stazione di Romagnano fu agganciata un’altra locomotiva (la spinta) per aiutare il convoglio a superare le salite tra Balvano e Bella-Muro e quelle verso Picerno. Alle 0.50 (del mattino del 4 marzo 44) il capostazione di Balvano, dopo aver trattenuto in una lunga sosta il treno a causa di un altro convoglio che precedeva ed aveva problemi, diede il via libera e l’ 8017 sbuffante si infilò, poco dopo, sotto la Galleria delle Armi (la più lunga della zona). Il capostazione telegrafò al collega della stazione successiva (Bella-Muro) la partenza e chiuse, probabilmente, ogni contatto andando a dormire in quanto il treno successivo sarebbe transitato dopo alcune ore verso l’alba … A Bella-Muro il segnale della partenza fu ricevuto dal telegrafista di turno (mio padre Giuseppe !!) che, insieme ad un altro collega tale Zaccardo (forse il nonno del calciatore del Milan e della nazionale campione del mondo del 2006), rimase in attesa del convoglio. L’attesa fu vana, tanto che dopo circa un’ora il telegrafista di Bella-Muro cercò di ricontattare (sempre via telegrafo) la stazione di Balvano ma non rispose nessuno. I due a Bella Muro continuarono ad aspettare fino a quando, non potendo fare altro, salirono su un carrello a mano e partirono verso la stazione di Balvano. Dovettero fermare la loro corsa, dopo qualche ora, all’imboccatura nord della Galleria delle Armi dalla quale fuoriusciva una grossa e densa nuvola di fumo nerissimo che aveva reso inavvicinabile l’ingresso del traforo. Oltre 600 persone avevano già perso la vita per intossicazione da ossido di carbonio ed erano rimaste lì, immobili, nella gestualità dell’ultimo respiro. Il caso venne presto archiviato dalle Ferrovie e, soprattutto, dagli Alleati; nell’immediato si disse che il carbon fossile utilizzato era di pessima qualità in quanto quello buono veniva impiegato dagli eserciti dell’armata che avanzava verso il nord Italia. Quel che avvenne di preciso nella galleria nessuno lo sa né lo saprà mai. Entrambi i macchinisti morirono al loro posto di guida; si salvò solo il fuochista che ricordava poco e male … I soli fatti accertati sono questi: quando le due locomotive giunsero a metà galleria, le ruote motrici della macchina di testa cominciarono a slittare. Il macchinista sparse sabbia sulle rotaie, ma senza risultato. Le ruote non esercitavano più trazione: il treno si fermò. Poi arretrò di qualche metro (quanto bastò perché gli ultimi tre vagoni uscissero all’aria aperta all’imbocco più basso della galleria) e si fermò di nuovo, questa volta definitivamente. Tutto il resto è congettura. I soli indizi esistenti lasciano perplessi. La locomotiva di testa fu trovata non frenata, con la leva di comando sulla retromarcia. La seconda locomotiva, invece, fu trovata frenata, con la leva di comando tutta spinta in avanti. A quanto pare, quando il treno si fermò, i due macchinisti la pensavano in modo fatalmente diverso sul da farsi. Tuttavia, nonostante il numero dei morti, il tremendo disastro passò quasi inosservato a quell’epoca. A Napoli c’era un solo giornale autorizzato dagli Alleati e i censori permisero di pubblicare soltanto una vaga notizia in cui si diceva che un numero non specificato di persone no morte per asfissia «in una località dell’Italia Meridionale». I giornali degli Stati Uniti menzionarono brevemente il fatto il 23 marzo, quando una commissione militare d’inchiesta americana presentò la sua relazione. Funzionari militari delle ferrovie la definirono «la più insolita e spaventosa catastrofe nella storia delle ferrovie». E fu così che anche la stampa contribuì a seppellire per sempre ogni eventuale responsabilità””.
Qualche giorno fa il sindaco di Balvano, dott. Ezio Gregorio Di Carlo, ha celebrato in grande stile e ossequiosa compostezza l’80° anniversario di quella tragedia che, all’epoca, passò quasi inosservata.
Sullo sfondo resta una domanda: “Se il capostazione di Balvano avesse risposto alle chiamate telegrafiche di Bella-Muro poteva, forse, cambiare qualcosa ?”.
Il grande giornalista americano Gordon Gaskill nel luglio del’62 sulla prestigiosa rivista “Selezione dal Reader’s Digest” in merito alla catastrofe del treno 8017 scrisse: “”Quasi nessuno sapeva allora che cosa stesse accadendo e ancor oggi nessuno sa con esattezza che cosa sia avvenuto; eppure quel disastro ha fatto più vittime d’ogni altra sciagura ferroviaria””.
Mio padre era abbonato al Rider’s Digest e quando lesse quelle notizie diffuse dal giornalista americano mi raccontò per l’ennesima volta la sua versione dei fatti; sfortunatamente morì nell’agosto di quello stesso 1962 e né io né i miei fratelli simo stati in grado di riportare l’attenzione di tutti soprattutto sulle eventuali responsabilità.