da Angelo Giubileo (avvocato – filosofo)
La strategia è essenzialmente un piano diretto al raggiungimento di un determinato scopo. E tuttavia, nella politica italiana e non solo (!), spesso prevale la logica del “corto muso”. L’espressione, cara all’allenatore della Juventus Massimiliano Allegri, indica il compito machiavellico, potremmo dire, di “vincere senza convincere”. E pertanto una questione che, in politica, si direbbe fatta semplicemente di numeri, quelli della maggioranza necessari per la vittoria.
Ma, la politica non dovrebbe essere affatto questo. Dato che, in democrazia, i numeri senz’altro contano al fine d’individuare una maggioranza che abbia il compito e quindi l’obbligo di governare; ma, per governare, la storia insegna anche che, all’interno della maggioranza, necessita innanzitutto, al di là delle tattiche, una strategia condivisa.
Nell’ultimo decennio circa – che ha preceduto l’avvento del governo Meloni (13 ottobre 2022), dal governo Monti (16 novembre 2011) alla fine del governo Draghi – i governi nazionali in carica sono stati sette, supportati da maggioranze molto diversificate ma sempre guidate da partiti di centrosinistra maggioritari, come il Pd o il M5S. E quindi un’“accozzaglia di partiti”, secondo la definizione di qualche anno fa di un allora noto senatore Cinquestelle, dimostratasi al governo tuttavia incapace di una strategia condivisa e perfino, spesso, di tattiche condivise.
Ma, a quanto pare, nonostante gli insuccessi recenti, per il centrosinistra le cose non sono affatto cambiate. A cento giorni dalle elezioni europee dell’8 e 9 giugno, sappiamo che i due partiti della coalizione di centrosinistra – quale che sarà ancora non è dato saperlo (?!) – hanno, in merito all’agenda assolutamente prioritaria della politica internazionale, una strategia esattamente opposta, tanto che – ieri – nel Parlamento europeo i Cinquestelle non hanno votato una risoluzione che impegna l’Unione europea a sostenere militarmente l’Ucraina. E pertanto: se i Cinquestelle non stanno con l’Ucraina e l’Occidente, vuol dire che condividono ancora la strategia della “Via della Seta”? O c’è dell’altro ancora?
Quanto alle tattiche pre-elettorali, l’immagine che si delinea è simile a quella di uno sprofondo in alto mare. Infatti il “campo largo” del centrosinistra resta – come già accaduto in vista delle elezioni politiche nazionali del 25 settembre 2022 – un puzzle di difficile e, come si diceva, diversificata composizione. Ad oggi, Carlo Calenda ha annunciato che il suo movimento non si alleerà “mai più” con il movimento di Matteo Renzi: e pensare che, non più di due anni fa, sotto l’egida del Presidente francese Macron, dicevano entrambi che avrebbero conquistato e riformato l’intero nostro Paese!
Oggi, l’auspicato riformismo dei due è morto e sepolto. Così che nel centrosinistra, in spregio a Renzi, allo stesso Calenda sembra offrirsi oggi la sponda del movimento di Emma Bonino, dopo che l’accusa del primo è stata poco più di un anno fa quella che “il Pd l’ha usata contro di me”. Così come il “mai più” con i Cinquestelle, sempre a sentire ieri Calenda è diventato “si ad alleanze con il M5S alle regionali, ma Conte dice cazz…” (https://www.open.online/2024/02/29/carlo-calenda-alleanza-m5s-conte-cazzate/).
Pertanto, in vista delle elezioni europee dell’8 e 9 giugno, l’unica strategia che lega il nostro Paese all’Occidente e ai valori del liberalismo è senz’altro l’attuale strategia della coalizione di centrodestra; la quale, a differenza dell’altra, nei momenti importanti e decisivi per la Nazione, ha sempre mostrato compattezza, unità d’intenti e d’azione. In definitiva: una strategia unitaria, netta e condivisa.