Aldo Bianchini
SALERNO – No, sicuramente l’arcidiocesi di Salerno-Campagna-Acerno non ha nulla dell’antico PONTO e non c’è mai stato neppure Farnace II da sconfiggere militarmente come fece Caio Giulio Cesare nel 47 a.c.; e non siamo neppure nell’Anatolia nord-orientale ma semplicemente nel territorio salernitano dove da secoli impera la mitica arcidiocesi che vanta un esercito di fedeli di prima grandezza.
Dunque senza quelle clamorose e rovinose turbolenze interne venute a galla agli inizi di questo secolo non c’è stato nemmeno bisogno che da Roma venisse calato un generale con tanto di armatura e spada sguainata; difatti è giunto un prete, un ottimo prete che in silenzio ha preso per mano l’intera diocesi per ricondurla nel giusto alveo dei pochissimi ma fortissimi dogmi della Chiesa Cattolica Romana.
Primo fra tutti l’obbedienza ad ogni costo, costi quel che costi, anche al cospetto di decisioni che al singolo possono apparire sbagliate. La Chiesa è la Chiesa, e non si discute.
Ed ecco arrivare al vertice della Curia salernitana il proconsole fiorentino Mons. Andrea Bellandi fresco di “zucchetto paonazzo” impostogli addirittura direttamente da Sua Santità Papa Francesco che in lui aveva, ed ha, individuato l’unico personaggio religioso in grado di risistemare i naturali equilibri religiosi e, perché no, anche politici.
Per metterla in politica diciamo che il Papa, per Bellandi, ha usato il “metodo Napolitano” istituito dall’allora Presidente della Repubblica per nominare nel 2011 senatore a vita Mario Monti poche ore prima di affidargli l’ingrato compito di risanare i conti dell’Italia. E nella fattispecie non si può e non si deve parlare neppure di politica spicciola perché nella Chiesa esiste e domina la politica allo stato puro, quella per essere chiari che nel silenzio ovattato della Curia Romana riesce da almeno due millenni a coprire ogni segreto … costi quel che costi.
Al suo arrivo a Salerno, senza cappa e spada, più di qualcuno sorrise sotto i baffi (me compreso !!) pensando che un sacerdote, appena nominato vescovo, non avrebbe mai potuto risolvere i tanti problemi che sapeva di trovare sul terreno dell’intera arcidiocesi.
Ma lui, Mons. Bellandi, è arrivato forte della benedizione del Santo Padre e con grande umiltà si è messo subito al lavoro e per prima cosa non ha spostato neppure un virgola di quell’apparato di potere che ha trovato ben radicato in Curia; poi silenziosamente è uscito dal guscio protettivo del Palazzo andando in giro per esplorare le realtà delle sue greggi, ha fatto amicizia con pochi, ha conosciuto tutti, si è fermato alla mensa di tanti, ha ascoltato, ha ragionato, ha capito cose che sicuramente “i curiali dominanti” non gli avrebbero mai detto neppure in confessione.
Ha riflettuto a lungo e poi, in piena e serena autonomia, ha deciso senza fare tante chiacchiere e senza andare allo scontro con nessuno; ed è stato capace di ristabilire quello che la Chiesa ritiene il suo dogma più importante: l’obbedienza.
Tutti zitti, neppure un articolato respiro, sacerdoti attoniti hanno capito che con Mons. Bellandi non si scherza, Lui fa sul serio e lo sa fare senza tanti strombazzamenti; esattamente il contrario di quanto fece Cesare con quattro trionfi per annunciare la sua clamorosa vittoria su Farnace II; anche perché qui si è trattato di commissariare una semplice associazione pseudo religiosa che da troppo tempo era probabilmente andata fuori dalle righe canonicamente imposte dalla Chiesa avendo lasciato tracimare il suo potere oltre i confini della tolleranza.
Certo, sicuramente rispetto al suo predecessore (S.E. Mons. Luigi Moretti) l’attuale arcivescovo S.E. Mons. Ancdrea Bellandi è stato avvantaggiato non solo dal sostegno papale ma anche, se non soprattutto, dal fatto che alcuni dei grandi creatori de “Il Gregge” sono ormai passati a miglior vita (migliore, lo sa solo Dio) lasciando a guardia dell’ovile soltanto pochi personaggi che in definitiva, allo stato dei fatti sono risultati essere davvero come “cristiani ortodossi”.
E, badate bene, da uomo di Chiesa mons. Bellandi, in questa strategica operazione di ricucitura dei rapporti interni di una Curia difficile, con il suo decreto di commissariamento non ha condannato nessuno ma non ha neppure assolto nessuno viaggiando su una lama di rasoio per l’esternazione del suo giudizio impeccabile.
E non a caso, nelle ultime ore, l’Arcivescovo è sceso anche sul terreno della politica; prima per suggerire ai politicanti come si possono fare le cose in silenzio e con determinazione e poi per impartire una lezione di “strategia nazionale” per evitare distacchi troppo marcati tra le varie zone della Nazione: “”Qui la differenziazione è tra coloro che hanno più possibilità e coloro che ne hanno meno. Il rischio è di creare una nazione a diverse velocità andando contro a quei principi che hanno ispirato la Costituzione, principi di unità, sussidiarietà, collaborazione. Qui invece si pongono le basi per una frantumazione dell’unità del nostro Paese. Si rischia appunto, come è stato scritto, una Repubblica di Arlecchino a diversi colori. Ci sono già le regioni a statuto speciale, ci sarebbero quelle che viaggiano sull’autonomia differenziata e poi le altre. Io credo che dobbiamo pensar bene alle conseguenze che una legge del genere può portare””. E la lezione la impartisce con il solito garbo, senza distinguere tra destra e sinistra (non è il suo compito) mantenendosi, semmai, ancora più vicino al Vaticano di quanto si possa pensare, nella consapevolezza che ci troviamo di fronte ad un personaggio di una caratura molto più elevata rispetto alle beghe interne ed esterne di un’associazione pseudo religiosa come Il Gregge.
Missione compiuta, quindi, su tutti i fronti ed anche in maniera veloce e quasi indolore; la fiducia del Papa era ben riposta. E adesso Mons. Bellandi cosa farà ? Difficile dare un risposta concreta, la Chiesa è in continuo movimento, non è stabilmente ferma su posizioni note, si sta rinnovando sotto la spinta di Francesco (anche se molto più lentamente del previsto, ma si sa che le resistenze interne sono ancora fortissime) e lo dovrà fare non soltanto con le parole e le encicliche; dovrà rinnovarsi soprattutto nella Curia capitolina con l’arrivo di nuovi e più giovani cardinali in grado davvero di dare la spinta decisiva contro lo strapotere di quelle vecchie cariatidi con il berretto rosso che hanno fatto scempio della Chiesa e del suo spirito.
Ma già all’orizzonte si avvertono i segnali di movimenti e sommovimenti globali; probabilmente don Andrea innanzitutto farà ritorno alla casa del Papa con il quale non ha mai smesso di avere un rapporto cordiale e intenso; poi, chissà, potrebbe essere già pronta per Lui una bella “stola cardinalizia”; ovviamente per il bene della Chiesa.