Aldo Bianchini
SALERNO – Un qualsiasi giornalista dovrebbe sempre osservare un principio base di questo mestiere: scrivere ciò che si vede ma anche ciò che si sente.
Se non lo si fa si corre seriamente il rischio di appiattirsi come coniglietti sulle piste degli inquirenti e dei magistrati accettando per tabulas molte presunte verità propinate attraverso “gli scritti” che gli investigatori e la stessa Procura elargiscono (in barba all’ipotetico segreto istruttorio) a piene mani dopo averli redatti – sottoscritti e, peggio ancora, ritenuti già sentenze passate in giudicato.
Così facendo non si fa altro che calpestare uno dei diritti fondamentali di ognuno di noi che è innocente fino a prova contraria; e la prova contraria è rappresentata soltanto da una sentenza passata in giudicato, salvo a vedere se ad essa è applicabile l’istituto della revisione del processo.
Da qualche giorno leggo e ascolto la nuova vicenda giudiziaria che sta travolgendo la cosiddetta “movida salernitana”; e la risonanza dei media appare tanto più poco credibile quanto più si tenta di dimenticare che la movida fin da quando venne lla luce nei primi anni ’90 (nella forma che conosciamo) è stata sempre nelle mani della malavita organizzata con la quale e sulla quale, comunque vada, si rischia prima o poi di inciampare. Bisognerà solo valutare in sede giudiziarie se l’inciampo è stato cercato o se è stato imposto, con tutte le derivazioni di giudizio che possono derivare dalla dimensione del fenomeno e dalla sua propalazione sul territorio.
Ma se si vuole dire la verità fino in fondo bisogna aggiungere, alla luce dei tanti nomi emersi in questi trent’anni, che la movida è servita politicamente per tacitare le aspettative delle diverse famiglie malavitose che hanno inciso, e incidono, profondamente nel tessuto politico-elettorale.
Mi fermo qui perché non vorrei essere scambiato per quello che non sono, non avendo la capacità culturale e professionale di essere.
A me preme, oggi, spendere due parole per il giornalista professionista Vincenzo Casciello (detto Enzo), notissimo in tutti gli ambienti giornalistico-sportivi (e non solo) della città per le sue eccellenti doti professionali messe al servizio della società che ci circonda, ed soprattutto del calcio al seguito della Salernitana.
Ho avuto modo in questi ultimi quarant’anni di giornalismo di incontrare si e no un paio di volte l’ottimo Enzo e forse una volta soltanto ho scambiato con lui qualche chiacchiera; so per certo che lo stesso Enzo nelle “parrocchie della casta dei divi del giornalismo nostrano” della città era praticamente di casa e se non dettava le regole del gruppo poco ci mancava; insomma per decenni e fino a qualche giorno fa Enzo era considerato una sorta di capo popolo.
Ebbene Enzo Casciello è caduto nella rete a strascico dell’inchiesta giudiziaria finalizzata a smantellare il malaffare esistente da sempre dentro e intorno alla movida; e si ritrova dal 1° febbraio scorso agli arresti domiciliari con Bove – Zeno – Sileo – Del Regno – Libretti ed altri quattro con divieto di dimora in Campania.
Le accuse sono inquietanti: “associazione per delinquere finalizzata al trasferimento fraudolento di valori, riciclaggio e autoriciclaggio, favoreggiamento personale, sottrazione fraudolenta al pagamento delle imposte, truffa ai danni dello Stato e violazione degli obblighi di comunicazione previsti dal codice antimafia”. Accuse che in pochi minuti hanno trasformato alcuni imprenditor e familiari ed alcuni professionisti in “criminali abituali e pericolosissimi”, manca solo qualche morto per paragonarli tutti a Totò Riina.
Tutte le testate giornalistiche hanno, correttamente, pubblicato nomi e cognomi degli indagati avallando, palesemente, il castello di accuse costruito prima dalla Guardia di Finanza e confermato poi dalla Procura della Repubblica di Salerno.
Purtroppo la quasi totalità della stampa locale non ha ritenuto di spendere neppure una parola in difesa di Enzo, anzi il suo nome è passato sui giornali e nelle tv come fosse un nome qualsiasi; nessuna spiegazione, nessuna precisazione, figurarsi una difesa.
Il principio del diritto-dovere di informare ha stravinto ed ha schiacciato il povero Enzo come se fosse stato investito da un rullo compressore che spiana le strade appena asfaltate.
Ma dove sono finiti i tanti giornalisti salernitani (soprattutto i tanti amici di una vita), vorrei contarli per capire chi ha speso anche una sola parola in favore del collega Enzo Casciello che nel giro di pochi minuti è stato abbandonato a se stesso nelle fauci di un mostruoso attacco giudiziario.
E mi sono chiesto: “Allora tutti quei giornalisti di cui sopra ritengono che Casciello sia un criminale capace delle efferatezze di cui è accusato, quando invece fino a poche ore prima del blitz sembrava ancora onnipresente nei cosiddetti salotti bene del giornalismo nostrano ?”.
Enzo Casciello, come tutti noi, ha pregi e difetti; ma per qualche eventuale suo difetto non può certamente essere paragonato ad un criminale abituale.
Ne va della giustizia in senso lato, con la sola speranza che gli avvocati Giovanni e Benedetta Falci (suoi difensori) riescano in breve tempo a sciogliere la matassa.
Per quanto mi riguarda Enzo Casciello è persona perbene ed è innocente fino a prova contraria e sicuramente riuscirà a dimostrare la sua estraneità ai fatti addebitatigli.