TRUMP: e la sua America

 

Aldo Bianchini

WEST PALM BEACH (USA) – Ci siamo, anzi ci risiamo. Da quel lontano 2015, anno in cui Donald Trump decise di candidarsi per la presidente degli Stati Uniti d’America nella tornata elettorale del novembre 2016, non c’è stato momento senza che il mondo si interrogasse su chi fosse e di chi fosse l’America da New York a Los Angeles.

La risposta appare abbastanza semplice nonostante sia bisognevole di continue piccole correzioni e diverse interpretazioni; l’America, che piaccia o no, è di Donald Trump perché è stato ed è capace di capire e gestire il sogno americano e di trasformarlo nel suo slogan elettorale: AMERICA FIRST; uno slogan che astutamente Trump ha ricavato dal più noto (e se volete anche più antipatico !!) Make America Great Again (Facciamo l’America di nuovo grande), spesso abbreviato con l’acronimo MAGA, un’espressione tipica dell’americano medio fin dai tempi della nascita degli Stati Uniti d’America.

Quindi non è Trump che ha conquistato l’America (anche con i suoi soldi) ma è l’America che si è consegnata a Trump perché in lui ha rivisto il sogno dell’americano medio.

Sto scrivendo da West Palm Beach, un tiro di schioppo dalla mitica Mar-a-Lago dove sorge la favolosa villa di Donald Trump (che ho personalmente fotografato dalla macchina in quanto non ci si può fermare); Mar-a-Lago è una villa situata a Palm Beach, in Florida. Considerata National Historic Landmark nel 1980, è stata costruita negli anni venti del XX secolo da Marjorie Merriweather Post, che alla morte la designò come residenza invernale per i presidenti degli Stati Uniti.

Intorno alla villa è nata, negli ultimi mesi, una discussione-polemica davvero molto cattiva; secondo i bene informati Trump ha venduto la sua residenza di lusso a Mar-a-Lago in Florida, probabilmente per evitarne il sequestro in vista dell’arresto avvenuto ad Atlanta – seguito poco dopo dall’immediato rilascio. Ma Donald Trump, che considerava la sua casa nel Sunshine State la “Casa Bianca d’inverno” quando era presidente, ha probabilmente soltanto trasferito la sua proprietà ad un’organizzazione del suo figlio maggiore, Donald Trump Jr.

A novembre si vota e tutti si chiedono come andrà a finire; per me se Trump avrà la possibilità di ricandidarsi ha ottime probabilità di vincere, forse di stravincere; la Florida e la stessa Palm Beach fanno parte di un’America che, forse, gli osservatori distratti dalle megalopoli (che sono un’altra America) non conoscono.

Andando in giro tra Palm Beach e Miami, non tralasciando Fort Lauderdale, si avverte a pelle la presenza, quasi ossessiva, dei numerosi trumpiani che già hanno infiocchettato le loro case con striscioni inneggianti all’ex presidente; questo sicuramente non assegnerà con certezza la vittoria ma è un preciso sintomo di come l’americano medio si pone rispetto alla leader schip che sarà chiamata a guidare il Paese nei prossimi quattro anni.

Ed è una posizione molto lontana dagli stereotipi che l’Europa filosofica e politica vorrebbe assegnare all’America definendola troppo facilmente nazionalista; l’America è così fin nel profondo delle coscienze di quasi tutti i suoi cittadini, il resto non c’entra niente.

 

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