da Dr.Alberto Di Muria
Padula-Se i primi sono il materiale di partenza utilizzato dall’organismo per molecole in grado letteralmente di “spegnere” i processi infiammatori, la seconda aiuta le cellule a dare il via alla produzione di queste sostanze dall’attività antinfiammatoria.
Le sostanze in questione sono le resolvine, note per la loro capacità di contrastare l’infiammazione associata a disturbi come le malattie polmonari infiammatorie, quelle cardiache e l’artrite.
E’ noto che l‘aspirina è in grado di inibire in modo irreversibile un enzima infiammatorio, la ciclossigenasi, per interrompere la sintesi di molecole, le prostacicline e le prostaglandine, che propagano l’infiammazione; ciò che gli autori dello studio hanno evidenziato è che l’aspirina è anche in grado di produrre, dagli acidi grassi omega 3, alcune molecole, come la resolvina D3, che aiutano a far terminare l’infiammazione.
Non solo, hanno anche scoperto che, rispetto ad altre resolvine, la D3 rimane più a lungo nei siti dell’infiammazione, dove potrebbe svolgere delle funzioni specifiche nelle fasi finali della battaglia contro i processi infiammatori dannosi per l’organismo.
Somministrate a cellule umane o a topi, la forma di resolvina D3 prodotta in presenza di aspirina esercita una potente azione antinfiammatoria.
Infine, i ricercatori hanno identificato i recettori che nelle cellule umane vengono attivati dalla resolvina D3. Con queste informazioni alla mano sarà possibile approfondire ulteriormente la conoscenza dei meccanismi antinfiammatori in cui è coinvolta questa molecola e capire quali malattie infiammatorie potrebbero essere trattate sfruttando la sua attività