by Luigi Gravagnuolo 9 Gennaio 2024
Nell’autunno 2019, per farsi portare da Wuhan a Milano, prese l’aereo. Parliamo del micidiale coronavirus SARS-CoV-2. Ricordiamo tutti quel terribile 2020, specie i suoi primi mesi, tra fine gennaio e marzo, quando la furia assassina del virus aggredì centinaia di migliaia di persone impreparate e disarmate di fronte a questo nuovo, sconosciuto nemico. Alla fine – se di fine possiamo parlare – i morti per Covid sono stati oltre centocinquantamila nella sola Italia. Al ritmo di oltre mille al giorno tra l’inverno e la primavera del ‘20.
L’epidemia, dunque, sbarcò a Milano arrivando dalla Cina.
Cosa sarebbe accaduto se il virus si fosse insinuato nel corpo di un Africano e fosse arrivato in Italia su un barcone di migranti? Qualcuno può giurare che non si sarebbe scatenata una caccia all’uomo nero generalizzata? Siamo seduti su una polveriera, una piccola scintilla può provocare l’irreparabile. E la miscela esplosiva sono i migranti.
È bene tenerlo presente quando si affrontano i temi legati alle migrazioni e alle strategie utili per fronteggiarne l’impatto nella nostra società. In un contesto sociale e culturale dominato dagli algoritmi e dalle fake news, in cui è facile convincere centinaia di migliaia di persone che la terra è piatta e che i ciucci volano, cosa ci vuole perché si arrivi a colpevolizzare un intero gruppo sociale o etnico per ogni sorta di disgrazia che possa capitarci? E non è che l’uomo europeo sia immune da tale patologia dello spirito. La Shoah e le leggi razziali risalgono a meno di novanta anni fa.
Questo per dire che chiunque governi, in Italia e in qualsiasi altro Paese d’Europa, dovrebbe dotarsi di un elevato senso di responsabilità, evitando scrupolosamente di alimentare tra la gente sentimenti xenofobi che poi possono sfuggire di mano. Come accade, ad esempio, quando si asseconda la convinzione che i terroristi arrivino in Europa sui barconi degli immigrati.
Tra i temi ‘intrinseci’ alla campagna elettorale per il Parlamento europeo, questo – c’è da metterci la mano sul fuoco – sarà il più partecipato emotivamente dai cittadini. Si parlerà certamente anche della riforma costituzionale, del salario minimo e della sanità, della legge bavaglio e dell’autonomia differenziata, ma questi sono temi ‘estrinseci’ rispetto al voto europeo. Se ne parlerà perché è inevitabile che in campagna elettorale si tiri fuori di tutto di più, a maggior ragione per la concomitanza con le regionali in cinque Regioni. Su questi argomenti però il Parlamento europeo non ha e non avrà poteri di intromissione nelle nostre faccende. Li avrà invece sul Mes, o sul Patto di Stabilità – sui quali abbiamo già scritto – o ancora sul ruolo dell’UE nell’attuale contesto geo-politico, su cui ragioneremo più avanti.
Mes, Patto di Stabilità, geopolitica sono dunque pertinenti, e tuttavia sono anche argomenti di difficile comprensione da parte della gente. Quello dei migranti no, è un nervo scoperto che attraversa tutta l’Europa. Sarà uno dei focus emotivi della campagna elettorale.
Il Governo Meloni ci arriva con divisioni al proprio interno e con qualche difficoltà non facilmente sormontabile. Non a caso la questione delle migrazioni ha impegnato fin dai primi giorni la compagine di governo. Lo ha ammesso la stessa premier nella sua conferenza stampa del 4 gennaio: “Politicamente parlando, chiaramente, probabilmente Cutro è stato il momento più difficile, nel senso che, chiaramente, 94 persone che muoiono e l’accusa che è colpa tua, insomma sono una cosa che pesa, no?”. Confessione e parole sue.
Giorgia Meloni è arrivata a palazzo Chigi promettendo tolleranza zero verso gli sbarchi dei migranti e, appena messovi piede, si è trovata a sbattere con il muso contro la realtà: il fenomeno migratorio non è un evento emergenziale, è un dato strutturale del nostro tempo. Non è contenibile con i respingimenti. Punto.
Tanto meno isolandosi dal contesto europeo. La premier lo ha capito presto, ma vallo a dire agli Italiani che la linea dei respingimenti era una mistificazione! Alla vigilia poi di un voto sul quale pare che lei stessa voglia metterci la faccia, candidandosi in prima persona.
La difficoltà è notevole, accentuata dalla concorrenza interna della Lega, che asseconda senza farsi alcun problema di responsabilità etica e nazionale gli umori più viscerali del ‘popolo’ pur di raccattare voti. La premier sta quindi cercando nuove strade.
Gli Accordi con l’Albania sono stati poco più di una trovata propagandistica e il Piano Mattei non è stato ancora spiegato agli Italiani e ai Parlamentari. Lo sarà a febbraio e ne capiremo di più, potrebbe segnare un cambio di passo cruciale. Per ora la novità in tema migranti è stata la riforma della Convenzione di Dublino. La premier e la maggioranza tutta hanno rivendicato questa riforma come una loro vittoria ed in parte lo è stata, pur se l’intesa si è fermata molto al di sotto delle necessità.
Vediamo dunque cosa hanno stabilito i leader europei lo scorso 20 dicembre con la Riforma dei Regolamenti di Dublino.
I vecchi accordi prevedevano che i Paesi di primo sbarco – quindi anche l’Italia – avrebbero dovuto farsi carico della gestione delle domande d’asilo dei migranti arrivati in Europa, salvo poi ricollocare gli aventi diritto su tutto lo spazio europeo. Di fatto molti Paesi dell’UE si sono sempre rifiutati di accogliere le proprie quote di ricollocazione. Ora i nuovi accordi, pur confermando questa disposizione, introducono meccanismi di compensazione o di solidarietà: i Paesi che non accetteranno di ricollocare nel proprio territorio i migranti aventi diritto dovranno versare ai Paesi di primo sbarco ventimila euro per ogni rifiuto. Funzionerà? Vedremo, intanto Polonia e Ungheria hanno già dichiarato che si rifiuteranno di versare le loro quote!
Altra intesa è sulla ‘esternalizzazione delle frontiere’. Su questo punto – a mio avviso a buon diritto – Giorgia Meloni rivendica il risultato come una vittoria del governo italiano, che avrebbe indicato la strada con le intese con la Tunisia e con l’Albania. In pratica l’UE stilerà un elenco di Paesi frontalieri extra comunitari considerati ‘Paesi terzi sicuri’ con i quali stipulerà accordi bilaterali. Sul modello delle intese con la Tunisia, più che di quelle con l’Albania per intenderci.
Altre clausole – la promessa velocizzazione delle procedure di esame delle istanze di asilo, lo screening biometrico con annesso controllo sanitario, il contrasto all’uso dei migranti come agenti di destabilizzazione dell’UE da parte di Stati ostili – lasciano il tempo che trovano.
Su questa riforma – è stata davvero un successo del Governo? è la risposta giusta? sarebbe occorso altro? se sì cos’altro? – si ragionerà in campagna elettorale. Su un fronte troveremo le ONG, Amnesty International, la Chiesa di Bergoglio e le formazioni politiche di sinistra; sull’altro le forze dell’attuale maggioranza di governo, con i diversi accenti al loro interno. Il Centro, in polemica con la sinistra, non metterà in discussione la necessità di fronteggiare energicamente il fenomeno migratorio, ma farà le bucce al Governo per le sue contraddizioni, per il risultato ottenuto di poco conto e, in definitiva, per l’inefficacia delle misure da esso adottate finora. E noi elettori pondereremo e voteremo.