Aldo Bianchini
SALERNO – Sulla vicenda di Emanuele Pozzolo (parlamentare di FdI), che definire incosciente è dire pochissimo (qualsiasi brutto avverbio per lui potrebbe andare benissimo) qualcuno ha scritto: «Quando un deputato con la pistola incontra Giorgia Meloni, il deputato con la pistola è un uomo morto».
Mi sono messo a ridere almeno per due motivi:
- in primis Giorgia doveva intervenire rapidamente e con la massima severità per dimostrare al Paese che uno vale uno e buttare fuori dal partito e dal Parlamento, semmai anche a calci nel sedere e senza aspettare i probi-viri o l’inchiesta giudiziaria, un deputato che si permette il lusso di presentarsi ad una festa organizzata munito di pistola ultimo grido che mostra compiaciuto ad alcuni dei presenti;
- in secondo luogo perché contro un elemento del genere che ha sferrato l’ennesimo colpo alla credibilità di un partito che appariva, in campagna elettorale, come il giustiziere super partes (al di là dei giudici e degli organismi interni) la Meloni prende tempo, balbetta e al di là delle solite battute gossippare non sa fare altro che dire “fiducia nella magistratura ed spettiamo il giudizio dei probi-viri”.
Alla conferenza stampa tenuta dalla Meloni giovedì scorso non era presente nessun cittadino semplice, altrimenti dalla plate si sarebbe levato un grido in romanesco “’A Meloni, ma vallo a raccontà da qualche altra parte”
Assolutamente ridicolo, Pozzolo è un elemento che nell’antica Grecia avrebbero prima denudato e lasciato esposto nell’Agorà al pubblico ludibrio, poi lo avrebbero forse impalato o chiuso in una botte chiodata ad espiare tutta la demenza manifestata con il suo atteggiamento strafottente.
E su questo la sinistra pur avendo subito preso a battagliare mi è apparsa poco convinta dell’azione anche violenta da portare contro un deputato che va ad una festa armato portando con se una pistola, che fosse autorizzato vale poco e niente, perchè conta l’atteggiamento in quanto un deputato non deve soltanto essere, ma deve anche apparire tale.
Ma l’elemento che più mi ha inquietato è costituito dal fatto che la stampa, dando una mano alla sinistra, sta cercando di far passare l’operaio-elettricista ferito Luca Campana come un “povero cristo” colpito con arroganza da un deputato quasi come fosse la sceneggiata di sempre che vede il potere contro il lavoratore umile e onesto.
Io invece mi sono subito chiesto a che titolo l’operaio fosse presente (sembra con moglie e figli) ad una festa privata organizzata per i vip presenti con addirittura un sottosegretario (Andrea Del Mastro) con tanto di scorta. La risposta è chiara: perché Campana è il genero di un agente della scorta di Del Mastro ? Se così non può venire a dire che lui povero operaio è stato ferito da un uomo di potere; queste storielle le andasse a raccontare alle grandi testate giornalistiche del Paese.
Sicuramente Luca Campana è un operaio-elettricista coscienzioso e bravissimo, ma è anche “un raccomandato” che prima inciucia per andare alla festa (semmai a scrocco) e poi spara a zero per apparire quello che non è; bella riconoscenza nei confronti prima del suocero e poi degli organizzatori della festa vip.
L’ultima considerazione la lascerei al sottosegretario Andrea Del Mastro per chiedergli se un uomo di governo, dotato di scorta, può andare ad una festa privata con la scorta (uomini, mezzi e soldi pubblici buttati al vento) ed anche con i parenti degli uomini della stessa scorta.
Mi sembra che questo Paese, che la Meloni si affanna a chiamare Nazione, stia rapidamente ritornando alla cosiddetta “repubblica delle banane”