Aldo Bianchini
SALERNO / VALLO di DIANO – Perché piace a tanti il film della Cortellesi ? e perché un’attrice di medio livello artistico è improvvisamente assurta agli onori (ed anche oneri !!) della cronaca nazionale come non era mai accaduto prima in merito al problema della “parità di genere” o peggio ancora della “violenza casalinga – psicologica e fisica sulle donne” ?
Per dare una risposta compiuta alle due domande occorrerebbero libri su libri e talk show infiniti e senza senso; bisognerebbe prima chiedersi perché 4 donne su 10 che denunciano vengono uccise e già su questo capire che, forse, l’eccessivo ipergarantismo legislativo sulle donne (come affermato dall’avv. Gianettore Gassani nella trasmissione “Storie Italiane” di Rai/1 del 5 dicembre 23) può aver provocato questo eccesso in tutti i sensi; anche la forma massificante con cui è stato trattato dai media l’orribile uccisione di Giulia Cecchettin, quasi come se quest’ultimo delitto fosse di serie “A” e quindi da gestire come simbolo rispetto ad altri di uguale effertezza.
Ma più semplicemente sarebbe molto opportuno rileggere le avventure di Marcovaldo (di calviniana memoria) o, per avvicinarci di più i nostri tempi, rivedere il film “Quo vado” di Checco Zalone che in fatto di incassi ha letteralmente spazzato via il film della Cortellesi (fermo a poco meno di 30milioni di incasso) con i suoi 68milioni e passa di euro di incasso totale.
Per la Cortellesi, così come per Zalone, portatori di tanti messaggi, si è trattato, quindi, di un fenomeno legato espressamente alle mostruose macchine pubblicitarie e mediatiche di cui i due artisti hanno usufruito; pur non mancando critici severissimi e trancianti. Dalla loro parte hanno, però, avuto il contesto storico-culturale di carattere generale tutto teso nella difesa verso la difesa della donna, della parità di genere contro la violenza, a prescindere da ogni altro elemento da esaminare (e ce ne sarebbero tantissimi).
Perchè, per dirla tutta, non si spiegherebbe altrimenti il fenomeno attuale rispetto a quelli di un passato storico della cinematografia italiana a partire dal neo realismo che parimenti lanciava messaggi sia sulla parità di genere che sugli aspetti sociali e politici della nazione. Per plaudire soltanto, ed eccessivamente, alla Cortellesi ed a Zalone dovremmo tutto d’un colpo mandare in soffitta, e per sempre, tutti quei film che per decenni abbiamo definito “capolavori” che hanno registrato interpretazioni di altissimo livello artistico da parte di attrici come Silvana Mangano, Anna Magnani e Sofia Loren, solo per citarne alcune.
Ma per restare nell’attualità dei tempi è sufficiente leggere il libro “Come l’asperula che cresce tra le rocce” (ed. Rossini – maggio 2023) firmato dalla neo scrittrice Nicoletta Di Noia, una docente di vaglia che ama farsi chiamare semplicemente “maestra”.
Prima di andare avanti mi sembra opportuno presentare, in breve, la trama dell’opera prima della Di Noia che di recente è stata recensita addirittura da Catena Fiorello, esperta e nota critica letteraria televisiva, con la seguente dichiarazione: “”Non capita ogni volta che leggiamo un libro di prenderlo tra le mani e leggerlo tutto d’un fiato. A me è successo due giorni fa con il romanzo d’esordio di Nicoletta Di Noia. La narrazione mi ha letteralmente rapita””.
- Nicoletta Di Noia è un’insegnante del sud che vive da molti anni a Busto Arsizio ed è l’autrice di un romanzo dedicato proprio alle donne che subiscono violenza da parte degli uomini. Lo fa partendo da una storia vera che si svolge alla fine degli anni trenta in un paesino sperduto dell’entroterra campano ma che, purtroppo, ha molti punti in comune con vicende che avvengono ogni 72 ore in Italia.
- La sinossi
Orfana di entrambi i genitori fin dalla nascita, Assuntina viene allevata, insieme al fratello Michele, da Fosca e Saverio, i nonni materni. Cresce nutrita dal loro amore e dalla loro umile saggezza.
Poco più che adolescente viene notata da Giacomo, uno dei giovanotti più spregiudicati del paese, il quale le fa una corte insistente e sfrontata. La ragazza si innamora di lui follemente e comincia a frequentarlo di nascosto.
Giacomo, quando viene a sapere che lei è incinta, pur di sfuggire alle sue responsabilità, si arruola e va a combattere in Etiopia, lasciandola sola ad affrontare il mondo. Nei nove mesi che precedono la nascita di Filotea, Assuntina vive sulla sua pelle il disincanto di un sogno, la paura, l’umiliazione e la vergogna. La famiglia, che a botta calda sprofonda nella disperazione, le è di conforto e vive con lei il suo dramma.
Quando, due anni dopo, Giacomo ritorna dalla guerra, Michele lo attende al varco e, dopo aver scaricato su di lui tutta la rabbia repressa, lo obbliga con le minacce a sposare la sorella.
Inizialmente la vita della giovane coppia procede bene e i due sembrano felici e innamorati ma, in poco tempo, lei è costretta a fare i conti con il carattere autoritario e aggressivo del marito.
In un’altalena estenuante di alti e bassi si intrecciano le vicende che coinvolgono i due protagonisti e tutti i personaggi che ruotano intorno a loro, fino ad arrivare all’epilogo, tragico e inaspettato, che mescolerà le carte e stravolgerà la quotidianità – spesso complessa e carica di sofferenza – alla quale si erano abituati.
Nessuna differenza, dunque, tra la vena storico-artistico-letteraria di Nicoletta Di Noia che è riuscita a trattare, forse anche meglio di quelli più blasonati (Cortellesi compresa) temi antichi ed attualissimi al tempo stesso; l’unica differenza consiste nel fatto che la Di Noia non ha avuto dalla sua parte la mostruosa macchina pubblicitaria di Zalone e Cortellesi, ma una semplice casa editrice come la Rossini che ha dimostrato coraggio e capacità di osservazione riuscendo ad anticipare anche il film “C’è ancora domani”.
La Di Noia nel suo libro, che ognuno di voi dovrebbe correre in libreria ad acquistare, parla di un paese dell’entroterra campano dal nome di fantasia “Monticello”; paese sconosciuto ai più ed anche agli autori di Zalone e Cortellesi; paese che come tanti altri paesi in quegli anni mostrava una doppia faccia del problema delle donne schiavizzate e mandate al lavoro brutalmente sottopagato; è il caso delle “giovani mondine” che in paese erano costrette a rimanere chiuse in casa, ma che i padri – i mariti e i familiari spedivano nella pianura padana dove erano libere di ballare, cantare ed anche amare.
Non sono un critico letterario, non ne ho le capacità, ma vi consiglio serenamente di leggere il libro capolavoro di Nicoletta Di Noia.