STATO-MAFIA: da Sigfrido a Geronimo e Cochis … passando per Apache

 

Aldo Bianchini

REPORT - Sigfrido Ranucci nella diretta di domenica 12 novembre 2023

SALERNO – Quando in una vicenda sociale e/o politico-giudiziaria appaiono nomi come “Sigfrido”, “Geronimo” e “Apache” prima di parlare o di scrivere necessita riflettere e ponderare bene i concetti da esprimere. Soprattutto quando Sigfrido, sentendosi forse accerchiato da Geronimo e Apache, cerca in tutti i modi di reagire e passare al contrattacco utilizzando anche “uno strumento pubblico di informazione a fini personali” per continuare ad infangare sotto una spessa coltre di menzogne i malcapitati Geronimo e Apache.

Domenica sera, 12 novembre 23, ho fatto da telespettatore (per la prima volta in vita mia perchè indotto dagli spot Rai) della trasmissione “REPORT” (in onda su Rai/3, ed è quanto dire !!) condotta dal noto Sigfrido Ranucci che quando si intestardisce porta fino alle estreme conseguenze le sue convinzioni dimenticando, sempre, che non è sugli schermi di una emittente privata (e già lì dovrebbe usare toni più moderati) ma su quelli del cosiddetto servizio pubblico della RAI con l’obbligo di riportare (il nome REPORT non è casuale) tutte le informazioni possibili su una vicenda come quella dei presunti rapporti STATO – MAFIA che hanno, checchè se ne dica, insanguinato intere generazioni di questo Paese.

Ebbene il prode Sigfrido pur di attaccare Geronimo e Apache (rampolli della dinastia La Russa) ha completamente dimenticato (si fa per dire !!) che proprio qualche giorno prima della sua trasmissione in diretta la Suprema Corte di Cassazione aveva scritto la parola fine sull’ipotetica “trattativa Stato-Mafia” che la magistratura di Palermo (e non solo) ha portato avanti per circa trent’anni contro il compianto Silvio Berlusconi pur di demolire la sua leader-schip e tutti quelli che facevano parte del suo “cerchio magico”.

E pur di continuare nella sua spregiudicata ricostruzione di fatti che non esistono più ha cercato di far passare Geronimo come un bombarolo sprovveduto, Cochis come un mangiaposti ossessionato dagli incarichi e Apache come uno squallido violentatore di borgata.

Dinastia La Russa: Ignazio La Russa (a sinistra) ha tre figli che sono nati da due relazioni diverse. Il primo figlio è Geronimo che è nato il 2 aprile 1980, poi c’è Lorenzo Cochis, nato nel 1995, e il terzogenito Leonardo Apache, nato nel 2002. Tutti hanno nomi ispirati agli indiani d’America, una passione risaputa del presidente del Senato.

REPORT” di domenica 12 novembre 23, per me una trasmissione vomitevole; ma se la sinistra (quella più becera) si accontenta bisogna prenderne atto e sperare che la narrazione di Ranucci non provochi ancora più danni della segretaria SCHLEIN; io continuerò ad essere di sinistra ma sicuramente non vedrò mai più la tanto decantata trasmissione del prode Sigfrido.

Ma per ritornare alla giusta informazione, cosa ha sentenziato la Suprema Corte di Cassazione sulla tristissima vicenda della trattativa stato-mafia ?

  • ROMA «Anche quando il giudice penale deve confrontarsi con complessi contesti fattuali di rilievo storico-politico, l’accertamento del processo resta, invero, limitato ai fatti oggetto dell’imputazione e deve essere condotto nel rigoroso rispetto dalle regole epistemologiche dettate dalla Costituzione e dal codice di rito, prima tra tutte quella dell’oltre ogni ragionevole dubbio». La Corte di Cassazione chiude definitivamente con queste parole l’ultimo capitolo dell’inchiesta sulla presunta trattativa Stato mafia, assolvendo definitivamente, ma con la formula più ampia del “non aver commesso il fatto” (e non il fatto non costituisce reato) gli ex ufficiali del Ros Mario Mori, Antonio Subranni, Giuseppe De Donno, confermando il proscioglimento dell’ex parlamentare Marcello Dell’Utri e la prescrizione del tentativo di minaccia ai governi Amato e Ciampi per il capomafia Leoluca Bagarella e per il medico mafioso Antonino Cinà, ritenuto vicino a Totò Riina.
  • La corte d’Assise d’appello – si legge nella sentenza – ha invertito i poli del ragionamento indiziario in quanto “l’esclusione di possibili ipotesi alternative (rispetto a un presunta interlocuzione con l’ala moderata di Cosa nostra e a un presunto “patto ibrido” per interrompere le stragi ndr) non può supplire alla carenza di certezza dell’indizio”, inoltre i giudici di secondo grado di Palermo, si legge ancora nelle motivazioni “non hanno osservato il canone dell’oltre ogni ragionevole dubbio quale metodo di accertamento del fatto”.
  • Per gli ermellini “l’argomento del nessun altro avrebbe potuto” si rivela fallace sul piano logico e giuridicamente errato, in quanto la confutazione delle spiegazioni alternative di un fatto non può supplire alla radicale mancanza di prova positiva del fatto medesimo.
  • Secondo la Suprema Corte, i giudici di merito dell’appello – convinti della tesi che nella stagione delle stragi ci fu una trattativa tra Stato e mafia per togliere il carcere duro in cambio del ritorno alla pace – hanno sbagliato a ritenere “che solo Mori potesse aver rivelato l’informazione relativa al ricatto mafioso e alla spaccatura in essere all’interno di Cosa Nostra, senza aver previamente dimostrato, oltre ogni ragionevole dubbio, che questa informazione riservata non fosse previamente nota» al ministro della Giustizia Giovanni Conso e «che costituisse patrimonio conoscitivo esclusivo” di Mori “e che non fosse pervenuta a conoscenza del Ministro per effetto di canali diversi ed autonomi”. Sul punto rileva la Corte che questa informazione ” era acquisita per lo meno in qualificati ambienti investigativi” (fonte Il Mattino dell’ 11.11.23 f.to Valentina Errante).

 

E la RAI -servizio pubblico- continua a far narrare cose e fatti che non esistono; quasi come a dire che anche la Cassazione è, forse, inquinata da avvolgenti spire mafiose.

E tutti noi vittime del tanto decantato “giornalismo creativo” e della “pervicace strumentalizzazione” di fatti e vicende morte e sepolte.

Ma si sa che non c’è miglior sordo di chi non vuol sentire; e Sigfrido Ranucci è uno di questi; nonostante tutte le possibili colpe della “dinastia La Russa”.

 

 

 

 

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