da Antonio Cortese (giornalista)
L’esigenza collettiva generale per questa tipologia di stipendio nasce molto probabilmente da una traduzione sia culturale che strettamente linguistica sbagliata.
Facendo anche un elementare associazione psicologica, chiedere, richiedere o pretendere ciò che é sempre stato “ritenuto” uno stipendio o normalissima “paga” con l’aggettivo “minimo”, almeno in Italia e nella lingua italiana, significa ed equivale a potenziali approssimazioni vicino allo zero. Codesta “dicitura”, che abbina una usanza remunerativa di almeno due di millenni addietro con quello che alla lettera potrebbe essere giudicato o inteso anche da un semplice avvocato con un solo centesimo di euro, e per una prestazione lavorativa anche di semplici cinque minuti, difetta di una traduzione importata dai paesi di tradizione latino americana da parte perlopiù di sindacalisti alle prese con le peggiori condizioni di miniere e campi di raccolta.
Ma poiché l’Italia e uno dei primi sette paesi industrializzati ed evoluti del pianeta, parlare di salario minimo é da incolti, scostumati, ignoranti ed indegni cittadini del belpaese, oltre che controproducente e dannoso per la società.
E’ chiaro oramai che paradossalmente in Italia vi sono i sindacalisti più ricchi ed egoisti per i lavoratori più poveri, perciò bisognerebbe chiarire che esiste una generazione di intellettuali di sinistra fallita che é oramai pericolosa non solo per la stessa classe operaia ma per l’economia intera. Non bisogna meravigliarsi se il governo non avalli tale pretesa di una generazione di scioperati perché si tratta di una offesa in termini di qualsivoglia produzione materiale o immateriale.
Potrebbe mai degnarsi anche un semplice diplomato di tale contraccambio professionale o meno? Si tratta di qualcosa che non va bene nemmeno per i carcerati. Se poi si é laureati, specializzati o chiaramente accertati esperti in un settore come si può mai paragonare un onorario corrispettivo alla paga di lavoratori meno che schiavi dei tempi e condizioni più arretrati, nei luoghi ed epoche senza diritti in materia?
Sbagliano anche molti giornalisti col sederino al caldo da tempi più sereni a parlare come pappagalli dei i 9 euro l’ora perché quando si tratta di una remunerazione bisogna al massimo parlare di paga settimanale come ci insegna da decenni la letteratura cinematografica statunitense o di mensilità; ad ore si é sempre calcolato il mestiere più vecchio del mondo o quello dei servi analfabeti.
Quei pochi che hanno capito che si tratta di una pretesa sindacale che di contro ne fa approfittare i datori di lavoro o gli imprenditori, già sapevano in malizioso silenzio che si trattasse di una beffa su cui speculare; ma purtroppo alla fine questo gioco degno del peggior Che Guevara nostrano danneggia anche l’offerta, che si ritrova con dipendenti stremati, il cui malcontento e scarsità di risultati economici si riversa sui vertici e sull’intero sistema, non facendo bene a nessuno.