da Antonio Cortese (giornalista)
Radiotelevisione. Anche usufruendo della comunicazione web, ogni utente ad oggi si ritrova inevitabilmente sempre gli stessi ritornelli spot, slogan ripetuti oltre i limiti del vomito. Si tratta di un fenomeno che in comunicazione si chiama “ridondanza”.
Dovessimo individuare uno dei tanti motivi causa schizofrenia, depressione o altre patologie psichiche dell’ uomo contemporaneo, ebbene la ridondanza pubblicitaria é sicuramente nella prime voci della lista. Per chi non se ne fosse ancora accorto anche dopo decenni, si tratta di una vera e propria violenza a danno dell’utente.
I prezzari, gli spazi e il tetto di spesa nel settore nei principali palinsesti, hanno regole ben fissate e ogni testata avrà le proprie differenze di raccolta, oltre all’oramai noto consenso nel cliccare i link che autorizzano sui dispositivi personali dati commerciabili, ma andrebbero almeno normalizzati , equilibrati.
In tal modo le stesse agenzie e l’intero indotto, dai fotografi agli scenografi, dei web designer agli art director, modelle, modelli , tecnici audio e quant’altri, ne guadagnerebbero in particolar modo spronando e coinvolgendo tantissime altre aziende e imprese piccole o medie fino alle novelle startup o quelle familiari.
Non é forse il caso delle emittenti locali, ma radio e tivù a raggio nazionale oramai si riconoscono da ritornelli fritti e rifritti che sinceramente non possono più essere cosi’ invadenti, ripetitivi all’oltraggio. Class action ed altri organismi a difesa del consumatore dovrebbero prendere finalmente il caso in esame.