Migranti e fecondità

 

by Luigi Gravagnuolo 18 Settembre 2023

 

Salvo il ricorso a metodi non tradizionali, quantitativamente ancora marginali, per fare un figlio ci vogliono due persone, un maschio e una femmina. Il ‘tasso di fecondità’ indica il numero medio di figli per donna in età feconda. Al netto del tasso di mortalità, se il tasso di fecondità di un Paese è uguale a due, la sua popolazione è stazionaria, né cresce, nè diminuisce. Se è superiore a due c’è incremento demografico, un decremento se inferiore a due. Oggi, in Italia, il tasso di fecondità è 1,2. Siamo in pieno inverno demografico.

I nuovi nati non riescono a colmare il numero di quanti lasciano questo mondo e di quelli che vanno in pensione. Siamo un Paese che perde popolazione anno dopo anno e che, anche grazie all’aumento del tasso di longevità, invecchia a ritmi galoppanti. Le conseguenze sono evidenti, meno giovani significa meno gente che lavora, quindi meno entrate fiscali per lo Stato. Più anziani, che percepiscono la pensione e hanno bisogno di assistenza medico-sanitaria, significa più spesa pubblica. Se continuiamo su questa strada presto arriveremo al default finanziario dello Stato ed al collasso del Welfare. Occorre dunque intervenire, ma come?

Le risposte più frequenti nella politica e nella gente comune sono due, contrastanti tra loro.

La prima dice: visto che nascono sempre meno Italiani, apriamo le porte agli immigrati, che sono giovani ed hanno voglia di lavorare; saranno loro a sostituire gli Italiani che mancano.

La seconda è all’opposto: sostituire gli Italiani con gli immigrati significa far morire la nostra civiltà; piuttosto bisogna chiudere le frontiere all’immigrazione e introdurre politiche sociali a favore della natalità degli Italiani; intanto, essendoci ancora troppe donne casalinghe, bisogna incrementare l’occupazione femminile, le nostre donne possono coprire il fabbisogno di forza lavoro del nostro Paese.

La seconda opzione, con le scontate articolazioni, è quella del Governo Meloni. Proviamo a riassumerla: di qui a tutto il 2025 è consentito un numero massimo di ingressi pari a 500mila immigrati in Italia, non pochi per la verità; alle donne italiane si chiede di fare più figli e di lavorare di più e, per fronteggiare l’evidente problematicità per una donna di conciliare i ritmi di lavoro con la maternità, ci si propone di intervenire nei servizi a sostegno della famiglia, dai bonus figli, alle mense aziendali, agli asili nido, anche situati nei luoghi di lavoro, ai congedi parentali estesi e facilitati anche per gli uomini. Grosso modo questa è la ricetta.

Nei fatti, dal primo gennaio ad oggi sono sbarcati in Italia poco meno di 130mila immigrati, molti ma in fin dei conti compatibili con il numero programmato nel triennio di 500mila. Eppure, già il governo manifesta nervosismo e parla di impegno addirittura della Marina Militare per sorvegliare le nostre coste ed impedire nuovi ingressi.

Lasciamo perdere il grottesco di questa trovata. Non che la nostra Marina non sia in grado di far fronte agli eventuali ordini del Governo, anni fa ha dimostrato di essere più che in grado di rispondere alla bisogna con l’operazione Mare Nostrum. Ma quella fu l’esatto contrario di quanto pare chiedere il Ministro Salvini. Mare Nostrum fu un’operazione di salvataggio dei profughi sotto il controllo dello Stato. E non avrebbe potuto essere diversamente, la Marina rispetta la legge del mare. Per dire, quand’anche stessimo in guerra con un Paese nemico e una nostra nave ne affondasse una avversaria, gli uomini della nostra Marina si prodigherebbero senza esitazione a salvare le vite degli eventuali marinai nemici finiti in acqua. E farebbero il loro dovere. Ma noi non siamo in guerra nel Mediterraneo e i barconi che portano gli immigrati sono senza armi. Nella mente di Salvini cosa dovrebbero fare i nostri marinai con le stellette, bombardare e affondare i barconi? Tale eventuale ordine sarebbe oltre che mostruoso, illegale. La Marina Militare, se chiamata a presidiare le nostre coste, farebbe una sola cosa, salverebbe le vite umane, come fece encomiabilmente con Mare Nostrum.

Altra cosa è prendere atto che oggi – per dirla con Ursula Von der Leyen – sono le mafie scafiste a stabilire chi può o non può arrivare sulle nostre coste, mentre dovremmo essere noi europei a concedere o non concedere gli ingressi. Ma questa è un’altra storia, che implica la creazione di corridoi legali umanitari per regolare e controllare i flussi migratori. È il proibizionismo che genera le mafie.

Ma torniamo alla denatalità. In Europa alcuni Paesi hanno nell’ultimo decennio fermato o invertito il decremento demografico. Il già direttore del CorSera, Ferruccio De Bortoli, nel suo editoriale di ieri, ricorda che in dieci anni di politica a favore della famiglia in Ungheria il tasso di fecondità è salito da 1,25 a 1,59 e nella Repubblica Ceca, stesso periodo, da 1,51 a 1,83. Dati ribaditi oggi su varie testate, a cominciare da Il Foglio. Giusto, ma i due Paesi restano comunque sotto il tasso 2, quindi sono ancora in decremento demografico. E questo risultato, ce lo spiega ancora De Bortoli, all’Ungheria è costato il 5% del Pil ogni anno.

Il paese magiaro ha un debito pubblico pari al 78% del suo Pil, il che significa che ha un cospicuo margine di intervento. Il nostro debito è al 151% del Pil, un’enormità. È per noi cosa decisamente complicata replicare il modello ungherese.

È in questo contesto – e con il voto europeo all’orizzonte – che la premier Giorgia Meloni si è recata nei giorni scorsi in Ungheria per incontrarsi col suo omologo Orban. Pare che abbia voluto capire bene le politiche in corso in Ungheria a questo riguardo. Oggi il CdM decreterà sul tema, vedremo.

L’alternativa è quella che, prendendo atto del decremento demografico italiano e dell’incontenibilità dei flussi migratori, immagina che questi ultimi, piuttosto che il problema, possano essere la soluzione. Più migranti significa più manodopera per mansioni generiche di bassa qualifica, più entrate nelle casse dello Stato, più popolazione residente.

Anche questa strada alternativa non va banalizzata per rozza semplificazione. Tutti coloro che propendono per essa sanno che un’immigrazione massiccia, concentrata nel tempo e gestita dalle mafie, com’è oggi, comporterebbe spaventosi problematiche di ordine pubblico e culturale. Cogliere l’opportunità dell’immigrazione è possibile, perciò, solo se si è in grado di mettere in campo adeguate politiche di integrazione. È una strada irta di ostacoli, ma non impercorribile.

Crollato l’Impero Romano d’Occidente ed invase le nostre terre dalle orde barbariche, i monasteri benedettini accolsero nel proprio seno giovani romani e goti, latini e barbari. I monaci custodirono i testi e la cultura classica e nel contempo recepirono le innovazioni tecnologiche e il sapere degli invasori, trasferendo ad essi la classicità. Da questa mescolanza di etnie, lingue e saperi sorse la classe dirigente di quelli che sarebbero diventati i Regni romano-barbarici, le lingue romanze, la nuova civiltà del Medio Evo prima e del Rinascimento poi, che presto primeggerà nel mondo.

Già, ma il processo durò per secoli. E allora non c’erano le elezioni europee tra nove mesi.

 

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