U.S.A.: 28 agosto 1963, Martin Luther King svela al mondo il suo “I have a dream”

 

Aldo Bianchini

La tomba di Martin Luther King - La salma oggi riposa nel Southview Cemetery in Jonesboro Road ad Atlanta

WEST PALM BEACH – E’ la seconda volta che nel giro di pochi anni mi capita di prendere parte come spettatore indipendente alle manifestazioni, ormai istituzionalizzate, per celebrare la nascita di Martin Luther King in tutti gli Stati Uniti d’America.

Spero in un non lontano futuro di poter anche assistere alla commemorazione del suo celebre discorso dinanzi al Lincoln Memorial di Washington; stupendo monumento che ho comunque già visitato qualche anno fa.

La festa ricade in un giorno vicino al 15 (data della nascita), comunque nel terzo lunedì di gennaio di ogni anno, nel 2023 è stata celebrata il 16 gennaio (nel 2024 cadrà proprio il 15 che è il terzo lunedì); è una festa celebrativa che si distingue da tutte le altre per la sua intensa emotività partecipativa; con una ritualità impressionante, evoca sentimenti diversi ma comunque uniti, con punti di vista dissimili, nella ricostruzione storica di un Paese che ancora annaspa nella ricerca di una identità comune tra bianchi e neri, nonostante siano già passati 94 anni dalla nascita e 55 dalla morte (ucciso il 4 aprile 68 a Menphis con un  colpo di carabina di alta precisione) di Martin Luther King, il leader di colore che più di tutti e di ogni altra cosa ha rappresentato il sogno dell’America intera.

"4 aprile 1968" King appena colpito sul balcone sul Lorraine Motel sito a Mulberry Street, di proprietà di Walter Bailey. Alle 18.01 King era uscito sul balcone del secondo piano del motel dove venne colpito da un colpo di fucile di precisione alla testa; subito dopo fu ritratto in una foto di Joseph Louw, unico giornalista presente. Trasportato all'ospedale St. Joseph's, i medici constatarono un irreparabile danno cerebrale; la sua morte venne annunciata alle 19:05 del 4 aprile 1968.

La festa è di una semplicità eccezionale, non ci sono organizzatori specifici e/o affaristi di giornata come in Italia o in Europa; la gente si riversa per strada, dopo aver effettuato il canonico alza bandiera davanti casa, e si raduna nei grandi spazi liberi e nelle poche piazze (parlo della pancia dell’America e non dei grandi agglomerati urbani e/o delle metropoli) dove si esibiscono artisti di ogni genere con canti, suoni e balli. Non ci sono personaggi prescelti e/o selezionati per credo politico come accade da noi; qui nel cuore dell’America tutti (almeno il 15 gennaio) si sentono liberi di esprimere il proprio pensiero, almeno nella ricorrenza di che trattasi; e tutti, bianchi e neri, si uniscono affettuosamente nella celebrazione del ricordo.

Era nato 15 gennaio 1929 arrivando, come un dono divino, dal cielo tra la popolazione di colore che, forse, aspettava da qualche secolo il Messia; e così è stato nella realtà con quel suo roboante “I have a dream”:

In un immenso spazio verde tra West Palm Beach e Mar-a-Lago (l’isolotto con le meravigliose ville di Donald Trump) ho trascorso, i 15 gennaio scorso, una domenica di festa e di assoluta integrazione; ma anche di coinvolgimento concreto con un pezzo di storia drammatica degli anni ’60 degli Stati Uniti d’America.

Incontro fra Martin Luther King e il presidente John-F. Kennedy del 28 agosto 1963, pochi minuti prima del celebre discorso

Estremamente celebre è rimasto il discorso che Martin Luther King tenne il 28 agosto 1963 durante la marcia per il lavoro e la libertà al cospetto di una folla immensa davanti al Lincoln Memorial di Washington e nel quale pronunciò più volte la fatidica frase  I have a dream (“Io ho un sogno”) che sottintendeva la (spasmodica) attesa che egli coltivava, assieme a molte altre persone, perché ogni uomo venisse riconosciuto uguale ad ogni altro, con gli stessi diritti e le stesse prerogative, proprio negli anni in cui, per dirla con le parole di Bob Dylani tempi stavano cambiando.

  • Sull’onda dell’indignazione per i fatti di Birmingham il presidente Kennedy presentò al Congresso un provvedimento che sancì i pari diritti per bianchi e neri d’America: l’idea del presidente venne fortemente osteggiata dagli Stati del Sud. King, insieme a molti altri leader delle principali organizzazioni per la lotta per i diritti civili dei neri, guidò verso Washington la celeberrima “marcia per il lavoro e la libertà” (28 agosto 1963), il cui organizzatore strategico e logistico fu Bayard Rustin. Circa 250 000 persone si radunarono, di cui 50 000 afroamericane, per celebrare la proclamazione di emancipazione di Lincoln tenutasi al Lincoln Memorial di Washington. (fonte wikipedia).

 

Il sogno di Martin Luther King è ancora lì immobile nella storia; molte cose sono state realizzate e conquistate dalla popolazione afro-americana, tantissime cose sono ancora di là da venire per la realizzazione completa del sogno. L’America ha avuto addirittura un presidente afro-americano che, comunque, non è riuscito a dare ai suoi simili tutti i diritti civili che necessitano per una parità razziale reale.

 

 

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