La migrazione che nessuno vede.

 
da Salvatore Memoli

(avvocato – giornalista – scrittore)

 

Quello che non vediamo in Tunisia ma che sappiamo accade quasi ogni giorno, sono le partenze di clandestini. Non occorrono grandi porti o organizzazioni particolari. Non si tratta di navi da crociera che partono, di lussuosi preparativi, di zavorra importante da imbarcare. Qui sono persone umane che vengono sistemate, usando un naturale equilibrio con una distribuzione omogenea del numero e del peso, ad impegnare gli scafisti. Le imbarcazioni non sono collaudate, sono barche alla buona, né costosi gommoni ma piccole barche che stanno insieme per un puro caso oppure piccole imbarcazioni che tutti i giovani hanno imparato a costruirsi da soli, con una maestria che contraddistingue la geniale manualità di questa gente. Tutti hanno un solo obiettivo che è quello di partire, andare via, allontanarsi da un luogo che non garantisce futuro e che diventa ogni giorno più invivibile. Qui nessun giovane ha un futuro, ovvero nessuno si prende impegno per fargli capire che potrà farcela e potrà costruirsi una sua vita. Prevale una cultura che disconosce i più fragili, magari se ne occupa se può punirli o mandarli in galera, ma nessuno gli spiega che ci saranno opportunità per lui, ingresso in un lavoro sicuro, sostegno dei suoi progetti. Non se ne occupano le autorità qui, non chiedono garanzie per questi giovani i grandi finanziatori europei che non si chiedono quale trafila intraprende quel flusso ingente di aiuti economici che serviranno agli apparati e non alla produttività del paese. Tutto si vive sul filo di una tensione sociale ed economica che non promette bene e la povera gente coglie ed utilizza a suo supporto il volto amichevole della Meloni che sorride. Tutti quelli che partono pensano che sorride a loro e che proteggerà la loro traversata e la loro accoglienza. La questione dei migranti da ora fino alla fine dell’estate si farà sempre più insopportabile. Ne partiranno decine di migliaia e… partiranno felici, cantando, sperando di farcela. Purtroppo non sarà così e con i primi maltempi ci saranno sciagure e sciagure. Ci saranno morti in questo Mediterraneo trasformato in cimitero, come avviene da diversi decenni. Per questo ripropongo il mio grido, tradotto in un libro importante da me scritto anni indietro Fuori dalla clandestinità. Bisogna porre fine a queste partenze fai da te, partenze che hanno costi milionari che pro capite si aggirano intorno ai tremila/cinquemila euro. Perché lo Stato, anzi la Comunità europea non apre a queste partenze legalizzandole?! In questi pochi giorni porto il conto di almeno 15 persone di mia conoscenza partite ed arrivate in Italia da clandestini. Adulti e bambini, di altri mi arrivano informazioni che si sono inseriti, lavorano, hanno un contratto regolare e vivono abbastanza bene. Unico scotto da pagare la partenza clandestina per mare, sottostare alle richieste degli scafisti e sopportare le accoglienze di massa in luoghi insalubri, con ostinato vitto occidentale che non conoscono e non mangiano.

Continua la tragedia internazionale, continuano le chiusure politiche, sociali, continuano modi d’intendere l’accoglienza troppo blanda o troppo rigida, situazioni che creano amarezze, resistenze psicologiche, traumi e violenze. Ho rivisto tante mie idee, probabilmente mi sbaglio ma è meno grave il salvataggio delle Ong a mare che avviene in condizioni disperate ed estreme. Perché questi salvataggi sono meno censurabili delle situazioni che lo Stato attua dopo che i clandestini sono nei centri di accoglienza. Ovviamente la legge è legge ma la legge non serve a chi non sa leggere. Come i clandestini che non sanno!

Questi ragazzi sanno che una volta che sono arrivati lì, i bravi italiani gli trovano casa, un lavoro regolare, gli danno documenti ed assistenza. Dunque le ONG sono criminalizzate, lo Stato integra i clandestini e li regolarizza. Questo vuol dire legalizzare le partenze clandestine, almeno così pare. Perché, allora, non fare le liste dei lavori e delle persone di cui ha bisogno l’Italia, mettendo a lavorare le Ambasciate che, qui, hanno soltanto il ruolo di passacarte!

Occorre riformare tutta la filiera della legalità ed essere più concreti. Per ora quelli che partono sono tanti, mettono in conto giorni di disperazione ma per una percentuale altissima sanno di farcela. Portano con sé bambini piccolissimi, sono il loro scudo, il passe-partout che apre tutte le strade.

Così non va bene!

Tutti i meeting internazionali perdono valore, anzi sono vuoti linguaggi a senso unico tra potenti che si compiacciono.

Non aggiungo commenti sui centri di accoglienza, centri che sono diventati l’industria della morte e dell’ipocrisia che possono anche far bene a chi se ne avvantaggia.

È tempo di cambiare e di aprire gli occhi, tirando fuori dalla clandestinità uomini, cose e protocolli che sono vittime di se stessi!

 

 

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