Tangentopoli (87): 23 agosto 1993 – la magistratura non si arrende ed insegue Raffaele Colucci, già assessore regionale al turismo e spettacolo

 

Aldo Bianchini

L'avv. Raffaele Colucci ai tempi della sua attività politica tra il 1985 e il 1992

SALERNO – “”Sarà l’effetto del suicidio di Gabriele Cagliari nelle carceri di Milano ma ieri, per la prima volta, dall’inizio di tangentopoli la Procura di Salerno ha subito un paio di rovesci. Giusto un anno fa i clamorosi arresti per la Fondovalle, ieri la scarcerazione dell’ex sindaco Vincenzo Giordano, dell’ex vice sindaco Fulvio Bonavitacola, dell’avvocato Franco Chirico, del giudice Alfonso Lamberti, la revoca dell’ordinanza di custodia cautelare per l’ex presidente dell’Iri Franco Nobili (trascinato clamorosamente a Salerno in schiavettoni per la vicenda trincerone) e per il costruttore cavese Antonio Di Donato””, scriveva testualmente così il giornalista Luciano Pignataro su Il Mattino del 24 luglio 1993 per spiegare alla gente ed ai numerosi lettori del suo giornale perché quelli che erano stati ritenuti, a torto, i grandi malfattori incominciavano d uscire dalle patrie galere a fronte alta contro le accuse che andavano, giorno dopo giorno, sbriciolandosi per finire nel nulla. Anche perché le scarcerazioni erano state disposte da altri magistrati, questa volta giudicanti, che cominciavano a non avallare più le ipotesi accusatorie dei pubblici ministeri.

Tutto sembrava avviarsi verso una logica conclusione generale e assolutoria, quando il 13 di agosto del ’93 venne effettuato il blitz nel convento delle suore carmelitane di clausura di Fisciano alla ricerca infruttuosa del superlatitante Gaspare Russo, come ho raccontato nel precedente capitolo; un blitz che gettò nel panico tanti altri personaggi che fino a quel momento erano rimasti molto defilati e nascosti nell’ombra.

Uno di questi era Raffaele Colucci, quarantasei anni, avvocato, democristiano doc, già assessore regionale al turismo ed allo spettacolo e luogotenente dell’on. Paolo Del Mese.

Nel corso della serata del 7 agosto 1993 l’ex assessore Colucci era comodamente seduto (con la moglie) in prima fila nel naturale anfiteatro all’aperto di Villa Rufolo a Ravello per assistere alla prima nazionale di uno spettacolo di Irene Papas (la grandissima attrice greca); mancavano una manciata di minuti all’inizio dello spettacolo quando un solerte bodyguard si avvicinò, con fare molto riservato e preoccupato, al noto politico per sussurrargli qualcosa. La scena fu drammatica, così almeno narrarono le cronache dell’epoca; l’avv. Colucci sbiancò e si alzò immediatamente dalla sua poltrona e con un cenno della mano fece capire alla moglie che sarebbe ritornato di lì a poco. Macchè !!, da quel momento Raffaele Colucci sparì nel nulla.

La mattina successiva, domenica 8 agosto 93, tutti i giornali annunciarono in prima pagina che il GIP (Giudice Indagini Preliminari) di Napoli, a richiesta del pm Paolo Mancuso, aveva spiccato un mandato di cattura contro il fedelissimo luogotenente di Paolo Del Mese. L’accusa fondata sulle rivelazioni dell’impresario napoletano Lello Scarano che nel corso di un lungo interrogatorio aveva ammesso di avergli elargito una tangente di 300milioni di lire, ed anche sulle confidenze della notissima attrice Luisa Conte (morta pochi mesi dopo, nel 1994) che dichiarò di aver perso 200milioni di lire per strane colpe dell’ex assessore.

Cosa aveva sussurrato quel bodyguard nell’orecchio di Colucci la sera prima a Ravello ? Già sapeva del mandato di cattura ? Le risposte non sono mai arrivate.

Luisa Conte, la grande attrice teatrale napoletana morta nel 1994

Era la mattina del 23 agosto 1993, intorno alle ore 11.00, nei locali del pronto soccorso dell’ospedale L. Curto di Polla si presentarono due signori: uno era il notissimo avvocato Angelo Paladino di Sala Consilina ed anche politico democristiano vicino all’area delmesiana, l’altro era il suo assistito Raffaele Colucci, ricercato dalla mattina dell’ 8 agosto 1993.

Il medico di servizio avvertì subito le forze dell’ordine mentre il paziente veniva sottoposto ai controlli del caso in quanto lamentava forti dolori al petto; lo stesso medico ordinò il ricovero del paziente nel reparto di cardiologia. Anche l’avv. Paladino avvertì le forze dell’ordine che il ricercato Colucci era stato ricoverato in cardiologia a Polla.

Poco dopo sul posto, cioè nel pronto soccorso di Polla, arrivò il procuratore in persona, dott. Domenico Santacroce, scortato da un paio di autovetture piene di carabinieri. Venne subito accertata e confermata l’identità del paziente eccellente che su ordine del procuratore fu subito piantonato per ragioni di sicurezza ed a tutela delle indagini in corso.

Ma cosa era successo ? lo spiegò subito l’avv. Paladino al procuratore Santacroce (capo della procura di Sala Consilina, competente per territorio): “Mi trovavo normalmente al lavoro nel mio studio legale quando sono stato raggiunto da una telefonata del dr. Raffaele Colucci, che assisto da tempo, che mi diceva di trovarsi sull’area nord della stazione di servizio Agip sull’autostrada RC-SA in agro di Sala Consilina (gestita in quel periodo dalla famiglia dell’on. Del Mese) dove si era fermato per i forti dolori al petto. Mi sono precipitato nell’area di servizio, utilizzando un accesso diretto e secondario, e con la mia auto ho trasportato il malcapitato presso l’ospedale di Polla, e poi ho avvertito i carabinieri di Sala Consilina”.

Il famoso “don Mimì” (il procuratore Santacroce) non credeva ancora ai suoi occhi pensando, forse, di aver messo le mani su uno dei pesci grossi di quel momento e sperando che il suo interrogatorio potesse aprire i portoni del sacrario democristiano facente capo a Paolo Del Mese che un paio di anni prima aveva stretto una solida alleanza con il mitico Gaspare Russo che si era allontanato dal gran visir di Nusco, Ciriaco De Mita, trascinando con se anche imprenditori del calibro di Alberto Schiavo, Vincenzo Ritonnaro ed altri; imprenditori che lui stesso (Santacroce) aveva spinto a parlare, sotto la minaccia degli arresti appena un paio di mesi prima, ed a svelare i grandi flussi di denaro nero della tangentopoli salernitana.

Si illudeva “don Mimì” (ottimo investigatore) di aver preso più piccioni con una sola fava; il colpo era stato micidiale, l’aver catturato il “latitante dorato” avrebbe potuto davvero chiudere il cerchio e forse avrebbe capito prima degli altri dove si era nascosto l’inafferrabile Gaspare Russo.

Raffele Colucci, però, si chiuse in un impenetrabile silenzio e dopo quattro giorni di ricovero nell’ospedale di Polla venne trasportato presso il “Reparto Detenuti Palermo” dell’ospedale Cardarelli di Napoli a disposizione della Procura della Repubblica e del GIP che aveva emesso il mandato di cattura. Poi in cella a Poggioreale dove rimase circa quattro mesi per uscire pochi giorni prima del Natale del 1993, una quindicina di giorni dopo che Salerno aveva celebrato il 5 dicembre 1993 la elezione a sindaco di Vincenzo De Luca.

Ma Raffaele Colucci, da uomo tutto d’un pezzo, non crollò e non parlò, anche perché forse non aveva niente da dire, e il sogno del procuratore Santacroce finì in un nulla di fatto.

Qualche anno dopo, il processo a carico di Raffaele Colucci sancirà la sua innocenza; tardi per riparare allo sconvolgimento della vita e della professione dell’avvocato pontecagnanese.

Lo splendido panorama della Costiera Amalfitana che si ammira dai giardini di Villa Rufolo a Ravello

Gabriele Bojano, noto giornalista salernitano, il 1° dicembre 2008 per la rubrica “I dimenticati” pubblicata sul Corriere del Mezzogiorno intervistò l’ex assessore regionale per scrivere l’ottimo articolo che segue:

SALERNO – Trenta chili fa quando aveva la barba e peso politico lo chiamavano Bud Spencer. Faceva coppia fissa non con Terence Hill ma con Paolo Del Mese, il potente uomo di Andreotti, con cui, tra l’altro, aveva, e ha, rapporti di parentela. L’ascesa di Raffaele Colucci, 60 anni e 103 chili di stazza, coincide con gli ultimi fuochi della Democrazia Cristiana. Da assessore regionale al turismo e spettacolo è sugli altari dal giugno 1989 al marzo 1992. Circondato da impresari e belle donne. Finisce nella polvere quando viene travolto dalla Tangentopoli napoletana in un’epoca in cui «in carcere c’era quasi tutta la giunta regionale». Assolto con formula piena da un presunto giro di mazzette, continua a fare politica all’ombra del parente. Finchè un nuovo scandalo non lo travolge nel 2005 quando si scopre che è uno dei frequentatori vip del «Settimo cielo», il privè al centro di un’inchiesta su sesso e cocaina. Forte di questi trascorsi ma soprattutto del «tributo di affetto e di amicizia» della gente, non si considera un «dimenticato».

Colucci, cosa c’è scritto sul suo biglietto da visita? «Raffaele Colucci e basta. Con il numero di telefonino che da quindici anni è sempre lo stesso. Non l’ho mai cambiato».

Invece ha cambiato partiti. «Sciolta la Dc, a parte un breve intervallo nel Ccd di Casini, insieme a Paolo sono passato con Mastella con cui ho sempre avuto ottimi rapporti. Alle ultime elezioni sono stato presentatore ufficiale e candidato della lista della Dc di Giuseppe Pizza. Le cose sono andate come sappiamo, il partito si è ritirato, e adesso mi sto impegnando con Paolo per «Campania Futura», un gruppo con Cirino Pomicino, Gargani e altri».

La parentela con Del Mese? «Sono cugino della moglie. Ma tra noi c’è soprattutto un’amicizia che dura da 40 anni».

Ha tratto più vantaggi o svantaggi dall’essere parente di Del Mese? «Vantaggi. Anche se quando Paolo ancora non faceva politica, io già seguivo il padre. Fui eletto consigliere comunale a Pontecagnano nel 1970 e nel 1983, quando Paolo si candidò alla Camera io divenni sindaco ».

A proposito, che voto dà all’attuale sindaco di Pontecagnano Ernesto Sica? «Un voto? Sei meno. Rispetto alle aspettative, non è che si veda molto nel nostro comune. Sica non ha il polso di un sindaco decisionista, forte ».

Chi è stato il suo maestro politico? «Il senatore Bernardo D’Arezzo, per tre anni sono stato suo segretario particolare. Ricordo che nel 1975 mi chiamò alle due di notte e mi fece precipitare al suo studio per comunicarmi che ero io il candidato Dc alle regionali». E come andò? «Presi quasi 10mila voti ma non ce la feci contro candidati come Michele Scozia, Eugenio Abbro».

Nel 1985, però, mise a segno il colpaccio. «Con quasi 30 mila voti fui eletto a palazzo Santa Lucia».

Ricorda lo slogan della campagna elettorale? «Un amico alla Regione. Risultavo molto simpatico, i ragazzi mi chiamavano Bud Spencer».

La sua prima volta in consiglio regionale? «Arrivai con un omero rotto, avevo un fissatore e non ho potuto indossare la giacca. Ricordo che capitai vicino ad Antonio Iervolino, sindaco di Ottaviano. Quando si presentò lo guardai perplesso: “sto tranquillo qua o mi sparano stamattina?”».

Da assessore regionale qual è stata l’iniziativa migliore? «Nel 1990 su sollecitazione dell’onorevole Del Mese, allora sottosegretario alle partecipazioni statali, feci approvare un provvedimento che dava all’aeroporto di Pontecagnano i primi 15 miliardi di lire di investimento. E poi il piano di restyling degli stadi campani per i Mondiali di calcio».

E l’iniziativa peggiore? «Accontentare i tantissimi questuanti napoletani dello spettacolo. Ma fu la buonanima del presidente Clemente di San Luca quando ci insediammo a consigliarmelo: ricordati, mi disse, che per stare tranquillo devi accontentare un po’ tutti, dalla destra alla sinistra e soprattutto i giornalisti».

È vero che al New Model Today prese una sbandata per una modella? «Favole. Stando in quel posto di tentazioni ne avevo dieci al giorno. Pensi che una volta un amico, tramite mia moglie, mi chiede un appuntamento per una ragazza che vuole fare la showgirl. Quando arrivo in assessorato per incontrarla noto un certo trambusto nei corridoi. Entro nella mia stanza e vedo un paio di gambe lunghe due metri che escono dalla poltrona. È una ragazza bellissima in hot-pants e spolverino. La sera ringraziai mia moglie per avermi finalmente fatto conoscere una bella ragazza».

Il 23 agosto 1993 lei viene arrestato perchè accusato di aver preso una mazzetta di 300 milioni e resta due mesi in carcere. Cosa ricorda? «Preferirei non parlare di questa vicenda, sono passati tanti anni, è un fatto chiuso. Non c’erano prove nè testimoni, mi hanno rivoltato come un calzino e non hanno trovato nulla».

Cosa le ha insegnato quest’esperienza? «Di essere più guardingo».

Guardingo? Ma se è stato beccato nel privè «Settimo Cielo»? «E cosa ho fatto di male? Ci sono stato due-tre volte, in compagnia di amici, per fare una goliardata. Ma c’erano anche professionisti, industriali e politici salernitani ».

Una goliardata? «Stavo seduto su un divano, mica ci sono mie foto compromettenti in giro. Non sono stato mai indagato nè chiamato a testimoniare».

Ma sapeva che lì circolava cocaina? «Ma le pare che se lo sapevo ci andavo?»

Non sapeva neanche delle ragazze? «Che le ragazze fossero compiacenti lo sapevo».

Condivide la battaglia del sindaco De Luca contro le prostitute? «De Luca fa benissimo a perseguire quegli atteggiamenti sulla strada che offendono il vivere civile »

Di cosa vive oggi? «Percepisco la pensione di consigliere regionale e ho alcune proprietà avute in eredità».

È felice? «Soddisfatto con qualche punto interrogativo sulla mia vita. Ho trovato la felicità di essere un uomo qualunque».

Gabriele Bojano – 01 dicembre 2008

 

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