Tangentopoli (85): quell’agosto rovente del ‘93

 

Aldo Bianchini

La vecchia sede del Tribunale di Salerno

SALERNO- La tangentopoli salernitana nell’agosto 1993 sembrava avviata sui binari della sua conclusione; difatti come scriveva Luciano Pignataro su Il Mattino del 24 luglio 1993 tutto cominciava a diventare più razionale e ragionevole:

“”Sarà l’effetto Cagliari ma ieri, per la prima volta, dall’inizio di tangentopoli la Procura ha subito un paio di rovesci. Giusto un anno fa i clamorosi arresti per la Fondovalle, ieri la scarcerazione dell’ex sindaco Vincenzo Giordano, dell’ex vice sindaco Fulvio Bonavitacola, dell’avvocato Franco Chirico, del giudice Alfonso Lamberti, la revoca dell’ordinanza di custodia cautelare per l’ex presidente dell’Iri Franco Nobili (trascinato clamorosamente a Salerno in schiavettoni per la vicenda trincerone) e per il costruttore cavese Antonio Di Donato””.

Il cronista giudiziario de Il Mattino racconta, in effetti, quello che era avvenuto il giorno prima, cioè il 23 luglio 93, nell’aula della seconda sezione penale gremita di avvocati; il Tribunale della Libertà, presieduto dal giudice Vitiello con a latere Pentagallo e Allegro, quella mattina sferrò probabilmente il primo colpo di maglio alle inchieste del pm Michelangelo Russo che in aula non potette fare altro che esprimere parere favorevole alla scarcerazione degli indagati rimasti in cella.

Dunque dopo i clamorosi arresti di Laviano, il suicidio di Gabriele Cagliari (che suscitò vasta indignazione in tutto il mondo), le scarcerazioni avviate dal Tribunale della Libertà, un po’ tutti pensavano che la tangentopoli fosse ormai giunta ad un punto di svolta senza ritorno.

Niente di più sbagliato; difatti è proprio nei primi giorni dell’agosto ’93 che arrivano a maturazione alcune importanti operazioni che scatteranno prima e dopo quel ferragosto rovente; i due pm Vito Di Nicola e Luigi D’Alessio non andarono in ferie e rimasero ben chiusi dentro i loro uffici per studiare le decine di fascicoli e sferrare nuovi attacchi; soprattutto tenendo il pensiero ben diretto sulla situazione incresciosa che riguardava l’ex sindaco ed ex presidente della regione avv. Gaspare Russo che dalla mattina del 13 maggio 93 era letteralmente scomparso dai radar della giustizia ed era riparato o in Sud America o in Francia.

Su Gaspare Russo, in quei giorni iniziali di agosto, si apre una vera è propria battaglia tra i due pm (Di Nicola e D’Alessio) titolari di molte grandi inchieste e il pm Russo ormai quasi estromesso da tutta la tangentopoli; l’obiettivo è la cattura del grande latitante destinatario di ben sette ordini di arresto; la figura e l’immagine di Gasparone (così lo chiamavano i suoi fedelissimi) cresce sempre di più nell’immaginario collettivo che al di là delle ipotizzate responsabilità vedeva in quell’uomo una sorta di personaggio mitico capace di sfuggire ad ogni tentativo di cattura.

In quei giorni (era il 5 agosto 93), su richiesta del procuratore Domenico Santacroce e dei pm Di Nicola e D’Alessio, venne nuovamente arrestato Angelo Conte (fratello dell’ex ministro) con l’accusa di “estorsione aggravata e continuata” in danno della Banca Popolare di Salerno (presieduta da Enrico Zambrotti); secondo l’accusa la Banca era stata costretta ad aumentare il costo di fitto di alcuni locali in loc. Santa Cecilia di Eboli (di proprietà di Conte) da 350mila lire a 3milioni di lire mensili. Accuse che poi cadranno miseramente prima ancora di arrivare a giudizio.

La sede dell'ex Tribunale di Sala Consilina

Sempre il 5 agosto ’93 la Procura di Napoli richiese ed ottenne il mandato di cattura per Raffaele Colucci, quarantasei anni, avvocato, democristiano, luogotenente di Polo Del Mese e già assessore regionale al turismo ed allo spettacolo. anche Colucci come Gaspare Russo scomparve nel nulla.

Niente di scandaloso, però, in quanto la tecnica delle Procure era quella dell’assalto indiscriminato come una pesca a strascico con la speranza di prendere qualche pesce grosso nella rete della giustizia.

Ma proprio mentre la Procura di Salerno si stava muovendo tra decine di inchieste con grande capacità investigativa (quasi tutte le inchieste erano lievitate nel corso di quel summit presso la Procura di Sala Consilina governata dal procuratore Santacroce, con l’aiuto dei pm Di Nicola, D’Alessio e Scarpa e del capitano dei carabinieri Domenico Martucci – ricordate ? il 10 aprile 1993 fu il giorno di Alberto Schiavo torchiato nella stanza di Santacroce al terzo piano del Tribunale di Sala Consilina) ecco che irrompe sulla scena il primo scontro ufficiale tra due magistrati impegnato nella lotta contro la corruzione nella pubblica amministrazione: il capo della Procura di Sala Consilina Domenico Santacroce e il gip del tribunale di Sala C. Pasquale Ianulardo; lo scontro è altissimo e raggiunge toni drammatici ed inquietanti.

Il capitano dei carabinieri della tenenza di Sala Consilina, Domenico Martucci (quello che l’anno prima aveva catturato a Calvanico i camorristi Carmine D’Alessio e Carmine De Feo, assassini dei due carabinieri Fortunato Arena e Claudio Pezzuto a Faiano la sera del 12 febbraio 1992), su ordine del procuratore Santacroce (amante, come sappiamo, delle tecniche investigative sofisticate: microspie, microcamere e occhielli fotografici) aveva fotografato il gip Ianulardo mentre era a pranzo sulle montagne di Monte San Giacomo con alcuni amministratori di Sala Consilina. La cosa inquietante era che per alcuni di quegli amministratori il procuratore aveva chiesto gli arresti e il gip non li aveva concessi; vennero fatti i nomi del sindaco di Sala Consilina Giuseppe Ippolito (cognato del futuro senatore Giuseppe Fronzuti) e del segretario comunale generale Michele Rossini ed altri; tutti indagati per il presunto scandalo del COP (Centro Orientamento Professionale). Per Michele Rossini ci fu un capitolo a parte; la tenace e coraggiosa vedova promosse e vinse un causa di risarcimento economico contro lo Stato per l’ingiusta inchiesta contro il marito deceduto a causa dei problemi che la stessa inchiesta gli aveva causato.

Il procuratore Santacroce, ovviamente, denunciò il fatto al CSM (Consiglio Superiore della Magistratura); le inchieste si fermarono per sempre e poco dopo Ianulardo lasciò il tribunale di Sala C. per quello di Nocera Inferiore (ritornò a casa, essendo nativo di Nocera); più tardi sbarcò nel Tribunale di Salerno come presidente della 2^ sezione penale; e per ironia della sorte fu chiamato a sentenziare su alcune inchieste lasciate a Salerno da Santacroce che era stato giudice istruttore.

Dobbiamo farcene una ragione, la giustizia funziona, o almeno funzionava, così.

 

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