Aldo Bianchini
SALERNO – Se non fosse che viene dal Presidente della Repubblica on. prof. Sergio Mattarella sembrerebbe quasi un monito alle toghe, non soltanto verbale ma di grossa sostanza.
E’ accaduto durante la cerimonia annuale del “ventaglio” (il tradizionale saluto del presidente della Repubblica alla stampa parlamentare prima della pausa estiva) quando parlando quasi a braccio ha sottolineato, con voce ferma e decisa, che “Le leggi le fa il Parlamento … Ciascuno faccia il proprio mestiere. E cerchi di farlo bene … rispettare i confini delle proprie competenze … in piena autonomia e indipendenza, ma tenendo conto che le leggi le delibera il Parlamento”.
E’ la prima volta, negli ultimi trent’anni, che un Presidente della Repubblica si esprima con tanta chiarezza sui ruoli dei singoli poteri dello Stato; avrebbe potuto aggiungere, senza alcun timore reverenziale, che quello della magistratura non è un potere ma un servizio; non l’ha fatto per non scatenare (credo !!) vieppiù le ire di una casta (quella dei PM) che approfittando della “latitanza” della politica ha trasformato la sua missione in un “potere assoluto” che travalica qualsiasi altro potere effettivo dello Stato.
La politica ne prenda atto e ne faccia, in ogni occasione possibile, un punto fermo e di riferimento da cui partire per qualsivoglia riforma.
E’ vero che ai due poteri effettivi dello Stato, legislativo ed esecutivo, si aggiunge per la magistratura quello della gestione del cosiddetto “potere giudiziario”; ma si capisce benissimo che quest’ultimo è soltanto l’esercizio della giustizia attraverso il “potere commutativo”; difatti la legge attribuisce ai magistrati (e non ai PM) il compito di trasformare le leggi in pene certe – ravvicinate e definitive senza stravolgerle a seconda delle convenienze politiche.
L’aspetto più pericoloso dell’amministrazione della giustizia è quel maledetto vizietto di tanti PM (Pubblici Ministeri) di tracimare dal potere commutativo per entrare, ed occupare, quello distributivo che è proprio della politica e che quest’ultima ha perso per il timore, ormai storico, di essere sommersa e disintegrata dall’azione di tutti quei PM che pensano di “essere nati per fare giustizia grazie all’unzione speciale del Signore”.
In questo senso c’è sempre stata una serpeggiante, e non tanto nascosta, ambizione dei PM verso la tracimazione nel potere distributivo.
Del resto se vogliamo continuare a tenere in piedi il cosiddetto “tavolo della democrazia” dobbiamo accettare che intorno ad esso, oltre al potere legislativo ed esecutivo, ci siano perennemente seduti anche chi amministra la giustizia e chi la pubblica commentandola (alludo ai magistrati ed alla stampa, mai i PM).
Per chiudere riporto un ricordo storico diretto; nel settembre del ’63 venne in visita privata a Salerno il neo eletto presidente della Repubblica on. Antonio Segni; alla cena di gala furono invitati molti personaggi dell’epoca, tra questi anche alcuni imprenditori (chiacchierati !!). Ebbene ci fu un PM (del quale fortunatamente non ricordo il nome) che qualche giorno dopo irruppe sulla scena e chiese conto e ragione (con tanto di elenco degli invitati) del perché di una simile cena e dei relativi costi. Roba che all’epoca fece molto scalpore; il tutto finì in una bolla di sapone anche perché il Procuratore Capo (con gli attributi) avocò a se il fascicolo d’inchiesta.
Oggi un procuratore capo si guarderebbe molto bene dall’adottare un simile provvedimento; è anche questa la deriva dell’amministrazione della giustizia.