Aldo Bianchini
SALERNO – Sulle pagine di “leCronche.it” ho letto con molto interesse un articolo firmato dalla prof.ssa Marzia Ferraioli (già docente universitaria di “procedura penale” e già deputata di Forza Italia nella legislatura 2018-2022) sulla riforma della giustizia; l’articolo dal titolo “Il contrasto tra magistratura e politica ancora persevera”.
Nell’articolo la professoressa mette a fuoco, con grande spessore culturale, i punti salienti di una riforma, meglio identificata come “agenda Nordio”, che dovrebbe essere esaustiva di un conflitto-contrasto che dl ’93 ad oggi appare insanabile e, forse, immodificabile.
Tra l’altro la prof.ssa Ferraioli affronta il tema emblematico del “concorso esterno” in associazione mafiosa che nel corso degli anni è divenuto sempre più un giocattolo per valutazioni del tutto soggettive nelle mani spietate (aggiungo io) di alcuni scatenati pubblici ministeri assetati di potere; non di meno la Ferraioli parla, con appropriatezza di linguaggio ma anche con senso filosofico, dei sempre presenti “complotti” (specialità tipica dell’italiano medio che vede complotti dovunque) ed anche dei cosiddetti “protocolli” che non funzionano mai soprattutto quando si parla di giustizia; e chiude la prof.ssa Ferraioli con un monito speciale: “… Stiano tranquilli, dunque, si i magistrati di nuovo conio e gli ex colleghi del ministro Nordio: nessuno ignorerà le direttive già scritte nella suddetta importante agenda”.
E’ proprio quest’ultima frase dell’articolo che mi consente, senza minimamente contrastare l’assunto della professoressa, di precisare che è certamente vero che “nessuno ignorerà le direttive già scritte nella suddetta importante agenda”, ma questo (se ne faccia una ragione anche la stessa Ferraioli) varrà soltanto per i giudici, di sicuro non avrà alcun effetto sugli ex colleghi di Nordio.
E perché ? Semplicemente perché non è la giustizia in senso lato che necessita di una riforma globale (semmai soltanto di qualche piccolo aggiustamento !!), quello che deve essere prima azzerato e poi ricreato è soltanto l’ufficio del PM: ce ne dobbiamo fare tutti una ragione.
Questi piccoli interventi sull’abuso di ufficio o sul concorso esterno non servono assolutamente a niente in quanto l’abuso di potere di diversi PM saprà superare questi inefficaci ostacoli, così come fecero nell’89 con il “nuovo codice di procedura penale” che nello spirito del legislatore doveva servire a limitare lo strapotere nascente del pubblico ministero e che, invece, diede agli stessi un potere immenso che non avevano mai avuto. E non ci sarà alcuna “formula normativa” in grado di frenarli, fino a quando la politica (destr e sinistra) non si siederà allo stesso tavolo per affrontare e risolvere il problema.
Non sono un giurista e neppure intellettualmente all’altezza di condire il mio discorso con narrazioni forbite ed ai limiti del “filosofico corretto”, ma la mia sensazione di “cronista giudiziario” di lungo corso è proprio che quel codice (utilizzato molto bene dai PM come strumento di rottura tra magistratura e politica) avviò la svolta decisiva che portò il pool “mani pulite” di Milano ad aprire la svolta giudiziaria che in quel freddo mattino del 17 febbraio 1992 sancì la nascita della “tangentopoli nazionale”.
Non mi fido, quindi, di un ministro che da ex PM non ha ancora capito che l’unica cosa da riformare è proprio l’ufficio dei suoi ex colleghi.