CORTE COSTITUZIONALE , NELLA PROCREAZIONE MEDICALMENTE ASSISTITA, IL CONSENSO DELL’UOMO NON PUÒ ESSERE REVOCATO DOPO LA FECONDAZIONE.

 

da Pietro Cusati (Giurista-Giornalsta

 

 

 

 

 

 

Con la sentenza n.161, del 24 luglio 2023, la  Corte costituzionale  ha stabilito  la irrevocabilità del consenso dell’uomo dopo la fecondazione dell’ovulo. La Consulta ha ritenuto  non irragionevole il bilanciamento operato dal legislatore nel censurato art. 6, comma 3, ultimo periodo, della legge n. 40 del 2004. Detta  norma rende possibile, per effetto della crioconservazione, la richiesta dell’impianto degli embrioni non solo a distanza di tempo ma anche quando sia venuto meno l’originario progetto di coppia.  La sentenza  ha ritenuto  che l’irrevocabilità del consenso appare funzionale a salvaguardare innanzitutto preminenti interessi. L’accesso alla PMA comporta infatti «per la donna il grave onere di mettere a disposizione la propria corporalità, con un importante investimento fisico ed emotivo in funzione della genitorialità che coinvolge rischi,aspettative e sofferenze, e che ha un punto di svolta nel momento in cui si vengono a formare uno o più embrioni. Corpo e mente della donna sono quindi inscindibilmente interessati in questo processo, che culmina nella concreta speranza di generare un figlio, a seguito dell’impianto dell’embrione nel proprio utero. A questo investimento, fisico ed emotivo, che ha determinato il sorgere di una concreta aspettativa di maternità, la donna si è prestata in virtù dell’affidamento in lei determinato dal consenso dell’uomo al comune progetto genitoriale». Inoltre, «se è pur vero che dopo la fecondazione la disciplina dell’irrevocabilità del consenso si configura come un punto di non ritorno, che può risultare freddamente indifferente al decorso del tempo e alle vicende della coppia, è anche vero che la centralità che lo stesso consenso assume nella PMA, comunque garantita dalla legge, fa sì che l’uomo sia in ogni caso consapevole della possibilità di diventare padre ».La ricerca di un eventuale diverso punto di equilibrio tra le contrapposte esigenze in gioco non può che spettare al legislatore.

 

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