Aldo Bianchini
SALERNO – La storica “guerra dei Roses” (The War of the Roses), immortalata in un film del 1989 diretto da Danny De Vito, basato sul romanzo omonimo di Warren Adler, non è niente, o quasi, rispetto alla guerra, durata nove anni, scatenata all’interno della cardiochirurgia dell’Azienda Ospedaliera Universitaria San Giovanni di Dio e Ruggi d’Aragona dal corposo manipolo di una novantina di sanitari e parasanitari che negli ultimi trent’anni hanno fatto la gloria del reparto più funzionante dell’ospedale di Salerno.
La guerra, solo per la cronaca, iniziò subito dopo il pensionamento del prof. Giuseppe Di Benedetto che aveva diretto, da par suo, per oltre venticinque anni l’invidiato reparto che ha fatto scuola in provincia, in regione e nell’intera Nazione con punte anche all’estero.
Di Benedetto, però, lasciò un’eredità molto difficile da gestire con una cardiochirurgia suddivisa in “elezione” ed “urgenza”; e subito la politica cercò di inserire ai vertici di una delle due divisioni il prof. Enrico Coscioni, mentre in urgenza rimaneva ben saldo il prof. Severino Iesu (delfino prediletto di Di Benedetto).
La scelta, venuta dall’alto cioè dal governatore De Luca, non piacque fino al punto di chiedere con forza la ricostituzione di un unico reparto di cardiochirurgia, come era all’inizio del miracolo sanitario salernitano.
A metà novembre del 2017 la guerra dei cosiddetti “revolutionary heart surgeons” tocca, forse, l’apice e ben 90 operatori della cardiochirurgia sottoscrivono il durissimo documento che segue:
- “Il personale TUTTO di cardiochirurgia, in virtù del ventennale lavoro di equipe, che ha prodotto e produce ottimi risultati, è fortemente ANGOSCIATO da un eventuale cambio di gestione al vertice dell’UOC di Cardiochirurgia. E ritiene sia fondamentale, al fine di mantenere gli standard qualitativi, sia gli equilibri interpersonali, che venga confermata l’attuale gestione in corso” (da ricordare che in quel momento il prof. Iesu era l’unico primario e Coscioni non era stato ancora nominato).
Il documento, sottoscritto personalmente da oltre novanta operatori venne indirizzato all’avv. Nicola Cantone (direttore generale del Ruggi), al dr. Giancarlo Accarino (direttore dipartimento cardiovascolare) e al dr. Nicola Silvestri (direttore sanitario del Ruggi). Come avete letto nel comunicato si parlava anche di angoscia che stava prendendo gli operatori di tutto il prestigioso dipartimento quasi come a dire che l’eventuale nomina di Enrico Coscioni sarebbe stato come portare all’interno della mitica cardiochirurgia dibenedetiana il vento velenoso della politica e della spartizione del potere in una realtà ben consolidata dal punto di vista professionale e molto lontana dagli squallidi giochi di natura politica che distruggono ogni valida e professionale iniziativa.
Passano gli anni, la guerra continua e nel bel mezzo della furiosa battaglia il prof. Enrico Coscioni viene nominato primario della sezione d’elezione della cardiochirurgia.
I malumori, però, non si placano e si arriva agli inizi del 2023 con la decisione del prof. Iesu di lasciare la cardiochirurgia di Salerno insieme ad alcuni suoi stretti e fedeli collaboratori.
Il 18 luglio scorso il quotidiano Il Mattino dà la notizia: “Verso l’accorpamento il reparto di cardiochirurgia d’urgenza al Ruggi. La decisione di affidare, ad interim, le urgenze al primario della cardiochirurgia in elezione Enrico Coscioni, già dal primo luglio scorso, per rispondere agli addii di Severino Iesu e della sua equipe, in programma a fine mese, potrebbe rappresentare la fine della doppia cardiochirurgia”.
Sobbalzai alla lettura della notizia, i “revolutionary heart surgeons” avevano finalmente vinto la loro decennale guerra; peccato però, per loro, che a governare l’intera cardiochirurgia sarà l’antico rivale prof. Enrico Coscioni.