di Angelo Giubileo (avvocato-scrittore)
Sembra che nell’attualita’ la filosofia sia una scienza morta per sempre, e che, con la morte di Socrate, essa sia stata fondata da Platone e mantenuta in vita dalla tradizione “accademica”, fino all’avvento del pensiero “iniziale” di Martin Heidegger.
Nella sua “Metafisica”, Aristotele attesta subito che ciascun’arte o scienza è destinata – direi subito: come l’uomo – a un proprio inizio e una propria fine, nei limiti che ad essa stessa o “ente” appartengono.
Come dice bene Plutarco nel suo celeberrimo brano dal titolo “La fine degli oracoli”, il metodo platonico della parola (logos, verbo) introduce un approccio duale alla realtà, diverso dal pensiero “sulla natura” dei pre-socratici. La teoria platonica mette innanzitutto l’uomo al centro di ogni discorso e lo interpreta quale scopo o fine del cosmo stesso. E dunque una forma di pensiero che oggi definiamo “antropocentrica”.
Quando il mio amico Riccardo Campa dimostra con continuità il ritorno attuale ad una nuova forma di “paganesimo”, egli evidenzia soprattutto l’idea presocratica che l’uomo non sia affatto il centro dell'”essere”. Parola questa, essere, più ampiamente confusa e abusata; il cui vero significato, nell’ambito della tradizione filosofica occidentale, è tuttavia possibile cogliere attraverso le forme compiute del pensiero dell’inizio parmenideo e della fine heideggeriana.
Appena quattro anni fa, James Lovelock ha dato alle stampe un saggio dal titolo “Novacene”. Brevemente, nella sinossi è scritto: “Secondo Lovelock, l’Antropocene ― l’era geologica in cui la nostra specie si è dimostrata un fattore critico per l’intero pianeta ― farà presto spazio all’età successiva, il «Novacene», quella della collaborazione tra l’uomo e le macchine (…) Come noi, anche le macchine avranno bisogno del sistema regolatore di Gaia per sopravvivere, e dal momento che Gaia dipende dalla vita organica, sarà loro interesse preservarla. C’è di più: il Novacene potrebbe essere addirittura l’inizio della conquista dell’intero cosmo da parte di un’intelligenza diffusa. L’alba di un nuovo universo”.
Da Parmenide al Novacene, il passo non cambia.