Aldo Bianchini
SALERNO – Quando due bellezze straordinarie, siano esse naturali e/o umane, vengono messe l’una di fronte all’altra finisce fatalmente con uno scontro fuori da ogni religione ed una delle due deve vincere per sopravvivere.
Mettere in Piazza Municipio una statua “infiammabile” con quattro stracci appesi alla rinfusa alle braccia ed al seno accogliente della cosiddetta “Dea della bellezza”, ai piedi del Maschio Angioino (l’unico vero maschio universale), almeno a me non appare un’idea geniale; sarà anche un’opera d’arte ma io da ignorante assoluto non riesco ad intravedere l’opera dove sta e soprattutto dov’è l’arte.
Anche perché hanno costretto il Maschio Angioino a scegliere, e lui da grande conoscitore della bellezza ha inevitabilmente scelto Napoli che è una delle città più belle del mondo; e la cosiddetta opera, che da qualche settimana troneggiava tra il consenso e il dissenso dei napoletani, è finita in fumo.
Tra i tanti personaggi che sono intervenuti mi è parso di buon senso soltanto l’intervento di Fulvio Martusciello; il coordinatore campano di Forza Italia è andato rapidamente al nocciolo del problema affermando “Grave un’opera infiammabile in pieno centro a Napoli”.
Risibile la dichiarazione dell’on. Pina Picierno (PD) “Napoli non tornerà indietro”; una dichiarazione che evoca la insopprimibile necessità della Colombia di Fernando Botero Angulo (il 91enne pittore, scultore e disegnatore colombiano) che con la sua arte ha ben interpretato e rilanciato le esigenze di un popolo assetato di identità globale (da qui l’ostentata obesità delle opere) e non soltanto pittorica e scultorica, dando vita ad opere che comunque lasciano senza fiato e danno tuttora adito a mille e mille discussioni con consensi e dissensi. Ed anche per lui alcune statue ebbero una fine ingloriosa perché deturpate da un gruppo di ragazzacci poi condannati,
Ma Napoli, ricordo sommessamente all’ex allieva politica di Ciriaco De Mita, non è la Colombia e, soprattutto, non è Medellin; Napoli ha radici profonde nella cultura e nella storia di un popolo che si è sempre mosso con grande dignità, pur con le difficoltà dell’imbarbarimento della malavita organizzata.
E Napoli non aveva e non ha bisogno di una “dea della bellezza infiammabile”; Napoli è bella e straordinariamente attraente così com’è.
Stento a capire, credetemi, la dichiarazione dell’autore della “Venere degli stracci”, Michelangelo Pistoletto, quando denuncia l’attentato: “Come un’autocombustione del lato peggiore dell’umanità … In qualche modo è un atto di guerra … l’opera serve proprio ad evidenziare il contrasto tra il degrado della società e la bellezza salvifica. Napoli è quella Venere, ma purtroppo ha ancora troppi stracci … Se l’opera è distrutta non lo è il suo significato: l’incendio è l’occasione per fare appello alla parte migliore di ognuno di noi, anche di quella dei colpevoli. Ancora di più se si tratta di un clochard che ha fatto un atto di disperazione o di distrazione riflette ancora di più il messaggio della mia opera”.
Lascio, democraticamente, ad ognuno di Voi il giudizio.