RUBY: ricomincio da tre … processo alla storia ?

 

Aldo Bianchini

SALERNO – “Silvio Berlusconi dà fastidio anche da morto ?”, è questa la domanda che mi sono posto nell’apprendere la notizia che la Procura di Milano ha interposto appello contro la sentenza del Tribunale di Milano (collegio della 7^ penale composto dai giudici Tremolada – Gallina e Pucci) che mandava assolto l’ex “cavaliere” accusando la stessa Procura di “”Inutile dispendio di attività processuale”” per avere strumentalmente (cosa gravissima !!) le cosiddette “olgettine” come persone informate dei  fatti e non come indagate, in modo da pregiudicare l’operatività di fattispecie di diritto penale sostanziale strettamente connesse con il diritto processuale. Le motivazioni della sentenza sono state descritte in ben 200 pagine, cosa alquanto rara per un’assoluzione.

Intrecci di parole e di tecnicismi sicuramente poco comprensibili per i meno addetti ai lavori; in pratica i PM milanesi (ovviamente quelli che hanno condotto le indagini per i tre processi Ruby) si sarebbero macchiati di un reato gravissimo che ha evidenziato il loro livore, quasi personale, contro Berlusconi sottoponendo a stringenti interrogatori (e non si sa con quali eventuali promesse !!) le olgettine senza la presenza dei loro avvocati difensori; pregiudicando, così, irreversibilmente l’andamento di tutto il procedimento fino all’assoluzione finale.

Ho usato il termine “livore” in maniera appropriata, perché da che mondo è mondo tre processi ad un uomo per lo stesso reato non si era mai visto prima, soprattutto perché da tutti e tre i processi Berlusconi è uscito non colpevole dei reati ascrittigli.

Molti commentatori hanno definito la sentenza di assoluzione come basa su un cvillo giuridico; a tutti ha risposto l’avv. Valerio Spigarelli, ex presidente dell’Ucpi:  “il cavillo, in verità, sarebbe una regola di portata universale per cui se una persona è potenzialmente indagata non può essere qualificata come testimone e ha il diritto di tacere. È questo di cui stanno discutendo nel caso Berlusconi: quando si fecero le indagini sono state interrogate come testimoni delle persone che testimoni non potevano essere, in quanto l’ipotesi che andavano investigando riguardava anche loro responsabilità”.

E sempre riferito al livore quasi personale i giudici del Tribunale hanno scritto: “non si discute di un mero sofisma, di una rigidità procedurale, di una sottigliezza tecnica priva di contenuti. Tutelare il diritto al silenzio significa assicurare l’effettività della garanzia di un principio che affonda le radici direttamente nel diritto di difesa, costituzionalmente garantito e pietra d’angolo dell’ordinamento giuridico”.

E i giudici si spingono anche oltre sentenziando che “Le pur legittime esigenze punitive non possono mai indurre ad abdicare alla garanzia di un diritto fondamentale … in quanto la procura di Milano aveva elencato nel processo Ruby ter, quali prove del presunto accordo corruttivo tra l’ex premier Silvio Berlusconi e le olgettine, elementi che – in forma di indizi – erano già a disposizione dei collegi dei processi cd. Ruby 1 e Ruby 2» e ciò dimostra che in quei processi quegli elementi potessero e dovessero determinare all’escussione delle imputate come indagate sostanziali … si sarebbe evitato un dispendio di attività processuale di fatto rivelatasi inutilizzabile”.

Ma un’altra cosa non si era mai vista; solitamente quando un imputato muore si estingue automaticamente il processo a suo carico. Nella fattispecie del Ruby/ter Berlusconi era l’unico imputato; ma cosa importa, morto o vivo è necessario perseguitarlo.

 

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