Aldo Bianchini
SALERNO – Per capire meglio gli eccessi che, sotto la copertura della cosiddetta tangentopoli, o meglio ancora della mitica inchiesta giudiziaria “Mani Pulite” lanciata dalla Procura della Repubblica di Milano, che in molti casi rasentarono, violandola, addirittura la legalità, è giusto ricordare la figura dell’ex magnifico rettore dell’Università di Salerno prof. Roberto Racinaro, il filosofo rosso, che fu arrestato la mattina del 2 giugno 1995.
Quell’arresto, che soltanto come data non appare rientrante nel lungo racconto che sto facendo della tangentopoli salernitana che per ragioni di spazio ho ricompreso tra il 16 aprile 1992 e il 24 febbraio 1994, da l’esatta dimensione di come i magistrati, tanti magistrati, si mossero da elefanti in un negozio di cristalleria, senza badare a cadute di stile e ad evidenti soprusi.
Si è parlato e si è scritto tantissimo sull’uomo e sulla figura scientifica, professionale e politica del prof. Racinaro (Rettore dell’87 al 95) che fu letteralmente travolto dall’inchiesta giudiziaria condotta dall’allora pm Filippo Spiezia autore di numerose ancorchè clamorose inchieste che toccarono anche le fasi preparative e preliminari che indussero poi la pm Gabriella Nuzzi (trasferita dopo a Latina) a sostenere nel dicembre 2005 tre richieste di arresto in carcere per Vincenzo De Luca (scandali MCM e SEA PARK, per i quali Il Foglio le affibbiò il nomignolo di “toga spericolta”), ed anche delle inchieste Why Not – Poseidone e Toghe Lucane (ereditate e caldeggiate da Luigi De Magistris al quale erano state scippate) che avevano portato allo scontro durissimo tra le Procure di Salerno e Catanzaro con perquisizioni e sequestri reciproci, e con il successivo coinvolgimento degli allora presidente del consiglio Romano Prodi e del ministro della giustizia Clemente Mastella, con l caduta del governo Prodi e con la stravittoria di Berlusconi nel 2008.
Per la cronaca Filippo Spiezia fu promosso ed inviato alla Corte Europea di Strasburgo mentre gli altri pm andò, invece, malissimo: il Consiglio Superiore della Magistratura – Sezione disciplinare con Ordinanza del 19 gennaio 2009 sospese dalle funzioni e dallo stipendio del procuratore di Salerno Luigi Apicella e il trasferimento dalla sede e dalle funzioni di pm dei sostituti di Salerno Gabriella Nuzzi e Dionigio Verasani, del Pg di Catanzaro Enzo Jannelli e del suo sostituto Alfredo Garbati.
Nel tritacarne della nostra Procura finì, forse come prova generale, l’allora rettore Racinaro che fin dl primo istante si proclamò innocente; cosa questa ratificata anche con sentenza in giudicato di qualche anno dopo.
Il 23 giugno 2018 ho avuto modo di scrivere, sempre su questo giornale, cosa era realmente accaduto nella vicenda giudiziaria che aveva travolto il magnifico rettore Racinaro ed altri indagati; prima di ripresentarVi quella storia è giusto pubblicare il commento a quell’articolo del 2018 che pochi giorni fa (esattamente l’ 11 giugno 2023) ed a distanza di tanti anni uno dei protagonisti di quel presunto scandalo, arrestato anche lui, ha voluto inviarmi in forma riservata:
- Grazie direttore, Lei è un uomo con la schiena dritta, pochi in questa terroristica vicenda lo sono stati. Lei è stato uno dei pochissimi a difendere Racinaro e a non accettare la tesi surreali dei PM. Ma questa è anche la mia storia solo che, contrariamente a Racinaro, ho rifiutato di pagare con la morte, ma ho pagato con sei mesi di arresti, di cui quattro in carcere, per non aver voluto accusare Racinaro e per aver sempre sostenuto (in carcere) che Racinaro era persona perbene. Come ho fatto a sopravvivere? Mi ha aiutato un libro di Foucault “Microfisica del potere”: dove egli dice: La cittadella del potere è vuota. Essa esiste solo se tu la riconosci … Io mi sono sempre rifiutato di accettare i giudici come potere al quale sottostare a prescindere e non ho mai addivenuto alle loro richieste di accusare Racinaro in cambio della mia libertà così come altri hanno fatto accettando le tesi dei PM e tornandosene per premio a casa dopo pochi giorni. E’ stata dura quando mi si diceva: “Noi buttiamo le chiavi e lei resta in carcere a vita”. Sommerso da centinaia di pagine e da decine di capi di imputazione, dal discredito nel mio mondo accademico (arrestato a Rimini durante un convegno accademico) e da quello amicale, abbandonato dalla mia compagna dell’epoca perchè terrorizzata, lontano da mia figlia e da ogni affetto. Sentirmi distrutto da un giorno all’altro. Le loro inchieste sulle mie ruberie li hanno condotti solo a trovare ben due conti correnti. Su uno c’era un MUTUO di 60 milioni per l’acquisto del monolocale a Mercato San Severino e l’altro era in rosso di due milioni che il mio buon papà, sottufficiale della Guardia di Finanza, vergognandosi del debito andò a coprire. Ho pagato caro perchè mi sono rifiutato di accusare Racinaro per avallare il teorema dei giudici. E’ stata dura risalire ma ce l’ho fatta anche grazie ai colleghi accademici che da ricercatore che ero mi hanno riconosciuto innocente, con dignità e con capacità scientifiche tanto da diventare professore ordinario ed anche rettore di un Ateneo. La mia dignità non mi consentiva di vendere Racinaro per la libertà. Avrei salvato il mio corpo ma non la mia coscienza e la mia anima. Grazie direttore
da “wwwilquotidianodisalerno.it” del 23 giungom2018
SALERNO – Ritengo doveroso, e non solo per scrupolo giornalistico, scrivere sulla figura del personaggio “Roberto Racinaro”, filosofo – docente – rettore dell’Unisa, e di come fu bruscamente interrotta la sua parabola ascendente per ritornare, poi, a far capolino nella hit-parade della politica, della cultura e della società che conta con la sua elezione (nel listino bloccato) a consigliere regionale (2000-2005) per volere di Ciriaco De Mita nelle liste della Margherita che, manco a dirlo, aveva avversato la sua elezione a Rettore nel 1987.
A mio sindacabile giudizio tra le tante considerazioni di sommessa solidarietà verso quello che fu definito “il filosofo rosso” (per la sua ideologia comunista e per i suoi studi filosofici) ho scelto la migliore: “”Ora capisco perché Cristo è morto in croce! … Perché aveva conosciuto gli uomini!… Gli uomini e le donne, i fratelli e le sorelle, … i suoi figli! Quelli che lo osannarono prima e lo tradirono poi. In vita come in morte. Ed oltre la morte. Per generazioni e generazioni. Fino a giungere a noi, ai nostri giorni. Ieri come oggi, oggi come domani. Per sempre tristemente così. Riposa in pace Roberto !!””. La riflessione di Michele Ingenito (già docente Unisa) mi sembra quella più giusta, ed anche più drammatica, per sintetizzare e tramandare ai posteri il dolore e la tragedia che pervasero la vita di un uomo giusto e leale stravolgendone anche la sua intima e personale identità.
(omissis)
La mattina del 2 giugno 1995, proprio nel giorno della Festa della Repubblica, l’allora magnifico rettore in carica Roberto Racinaro venne arrestato insieme ad altre persone per quella che secondo le intenzioni del pm Filippo Spiezia doveva essere la “mamma” di tutte le inchieste giudiziarie di tangentopoli e che, invece, decretò probabilmente la fine di quegli anni paurosi in cui tutto era possibile e tutto era ipotizzabile.
Qualche mese prima di quella fatidica data un personaggio anonimo aveva lasciato dinanzi all’ingresso della redazione giornalistica di TV/Oggi, che ancora dirigevo, un voluminoso carteggio inerente l’inchiesta sulle mense e sulle residenze universitarie che sarebbero culminate nelle richieste di provvedimenti restrittivi. Il fascicolo era parziale, difatti un’altra metà era stata recapitata al collega Tommaso D’Angelo e, quindi, fu necessaria una concertazione tra noi per venire a capo dell’intero fascicolo di accusa contro il rettore ed alcuni suoi stretti collaboratori (tutti finiti in carcere); anche se anonimo si capiva benissimo che dietro quel fascicolo diviso in due parti c’era qualcuno (un corvo !!) che si nascondeva nei meandri segreti dell’Università e che, forse, era da annoverare tra i più stretti collaboratori del Rettore. Io e Tommaso pubblicammo le notizie insieme ed univocamente; rabbiosa fu la reazione della Procura che dispose la perquisizione delle nostre due redazioni alla ricerca di ulteriori probabili faldoni che non riuscì mai a porre sotto sequestro. Probabilmente, ma in questo non c’è certezza, quella pubblicazione determinò la conclusione più rapide delle indagini preliminari con la con seguente richiesta di arresti in carcere.
Roberto Racinaro fu, poi, assolto in tutte e tre le fasi di giudizio; dedicò la sua vita successiva alla lotta “filosofica e dialettica” contro il cattivo funzionamento della giustizia che lo aveva parzialmente distrutto. Una delle affermazioni del filosofo che, nel tempo, più mi è piaciuta è quella resa al giornalista Andrea Manzi in un’intervista del 23 settembre 2011: “”Una riflessione in particolare la considero attualissima, ma prima di me, un po’ di anni fa, ne parlò un filosofo che mi è molto caro, Georg Wilhelm Friedrich Hegel: la giustizia spesso si rovescia nel suo contrario. Uno dei mali del nostro tempo, se riflettiamo, è proprio l’eccesso di giustizia””.