Il Fenomeno Carsico dà il meglio di sé nel Cilento (1a parte)

 

da Nicola Femminella

(docente – storico)

 

Da più parti si decanta la bellezza diffusa in tutto il Cilento. Ormai i suoi cantori s’incontrano anche a centinaia di chilometri dall’Alento e dal Tanagro e sempre più la fama acquisita non contiene la sola Dieta Mediterranea e gli studi di Angel Keys che venne nel Cilento per lodarne le virtù alimentari e renderla famosa nel mondo. Sul tavolo ci sono altre carte vincenti e sono quelle che possono dare una svolta alla partita! In gioco è il futuro di molti borghi delle nostre terre minacciate dal sisma dello spopolamento, di cui, a parer mio, si parla senza individuare qualche soluzione. Il Cilento è esteso quasi in due terzi della provincia di Salerno e non esiste uno spazio che interrompa la distesa di visioni stupende che lo esaltano, ponendosi allo sguardo dei visitatori affascinati. È unanime l’apprezzamento e il giudizio positivo di coloro che ne percorrono le strade e i borghi: un luogo dove l’uomo, fermando i suoi passi, si abbandona e giace nella quiete, per dare sollievo all’anima e rinnovare il vigore del corpo, consunto dalla stanchezza e dal dispendio della propria energia, in un vivere sempre più affannoso e prigioniero dell’ansia. Per ultimo Igino Massari, il più grande pasticciere italiano nel mondo, ha affermato nei giorni scorsi a Montesano sulla Marcellana: “Venite a Montesano, qui c’è il giusto equilibrio necessario a rendere l’uomo sano di mente”. Il territorio del Cilento l’ho percorso in tutta la sua estensione e affermo, penso con parole condivise, che ogni sua pur piccola sezione è allietata da una biodiversità infinita che si manifesta dalle zone costiere alle colline, alle pianure e ai monti che si distendono nelle zone interne. Le varietà botaniche gareggiano nell’ostentare colori e profumi incontaminati. Primeggiano, altere per la fama conquistata, le orchidee, la più estesa concentrazione del Mediterraneo con 284 specie nel Parco del Cilento Vallo di Diano Alburni che significano primato e un florilegio affascinante. La lontra continua i suoi cicli a testimoniare l’antica purezza delle acque che qui attrassero i monaci italo-greci, perché batteriologicamente pura. Non la trovarono così abbondante e gradita altrove, quando sbarcarono nell’Italia Meridionale, venendo dalla Grecia. Loro sapevano riconoscere le fonti e le sorgenti salutari, il clima a garanzia del benessere fisico non ancora confortato dagli integratori della farmaceutica contemporanea, le buone proprietà delle terre, i frutti degli alberi e le verdure spontanee di cui cibarsi, i materiali docili per costruire i ripari, dopo aver trovato rifugio nelle numerose grotte che qui il fenomeno carsico regala col massimo suo splendore, costruito in milioni di anni dalle piccole gocce, connubio magico tra acqua e carbonato di calcio. Le grotte di Pertosa-Auletta, di Castelcivita, l’inghiottitoio del Bussento meritano lodi osannanti, perché non hanno alcun ostacolo nell’affermare il proprio primato di magia e magnificenza in Italia. Per coloro che le visitano ogni fotogramma attesta qui che il prodigio e l’incanto sono elementi reali e non relegati nei racconti favolistici. E sul patrimonio speleologico presente nel nostro territorio voglio soffermarmi per ricordare a me stesso la sua preziosità, fornendo qualche accenno anche su questa ricchezza del Cilento. A detta degli speleologi il complesso costituito dalle Grotte di Pertosa-Auletta e di Castelcivita, con l’inghiottitoio del Bussento a Caselle, è il più illustre e attraente tra tutti quelli che in Europa esercitano il proprio richiamo su turisti e studiosi del fenomeno carsico.

Le Grotte di Pertosa-Auletta sono situate nel compatto montuoso degli Alburni. È uno dei geositi del “Geoparco Cilento” e la loro estensione tocca il territorio di Pertosa, Auletta e Polla. Esse sono le uniche in Italia ad avere un percorso che, partendo dalla Sala delle Meraviglie dell’ingresso, risale il fiume Negro per 200 metri utilizzando una barca e si addentra nel cuore del massiccio sovrastante. Inoltre, tra le rocce è stato rinvenuto un villaggio su palafitte del II millennio a.C. e anche questo non è riscontrabile in altre grotte. Negli antri il tempo si è fermato e le stalattite e stalagmite, le colonne e i trulli, i tendaggi con mille fraseggi e molte altre raffigurazioni di calcio hanno richiesto migliaia di anni, per assumere le mirabili forme che incantano i visitatori. Penetrare con andatura lenta, nel silenzio assoluto, seduti sulla barca spinta in avanti dalle braccia del timoniere intento ad usare la fune d’acciaio, per sprigionare la sua forza trainante, crea una suggestione che solo in questo luogo la parola cede volentieri al silenzio. Sono le uniche grotte in Italia nelle quali, ho già detto, il viaggio inizia solcando l’alveo di un fiume sotterraneo le cui acque, immobili, aspettano chi arriva che renda loro omaggio con il proprio stupore. Ad un tratto, lo scroscio di una cascata avverte che il tratto sul fiume cessa ed è tempo di avviarsi a piedi lungo il sentiero che conduce verso la Sala del Trono. Questa con la sua bellezza anticipa le emozioni che attendono il visitatore nella maestosa Grande Sala, alta 24 metri, che si mostra simile a una cattedrale, dove gli occhi non smettono di roteare, per catturare la meraviglia. Come fecero quelli di Paolo Carucci che per primo le esplorò negli ultimi due anni del 1800, il quale, esaminando vasetti ed altri manufatti trovati, ritenne il periodo del bronzo l’epoca in cui uomini dediti alla pastorizia abitarono le grotte, costruendo ripari sulle palafitte. I reperti rinvenuti oggi si trovano  nel Museo preistorico etnografico di Roma, nel Museo archeologico nazionale di Napoli e nel Museo provinciale di Salerno. E poi la Sala delle Spugne, la Sala del Paradiso, il Belvedere, la Sala del Bacio.  L’intero percorso disponibile misura circa 3000 metri. I visitatori riprendono la via del ritorno e provano a immaginare che cos’altro si cela nel tratto protetto dall’oscurità che si intravede oltre la Cascata. A Pertosa dopo la visita alle Grotte ci sono il Museo Speleo Archeologico e il Museo del Suolo che riservano altre sorprese

(1a parte…..)

 

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