SALERNO – UNA CITTA’ SENZA CAPO NE’ CODA

 

 

da Alfonso Malangone

(Ali per la Città)

 

La notizia della destinazione dell’ex Tribunale a struttura universitaria-turistica ha deluso ancora una volta, ammesso ce ne fosse stato il dubbio, le attese di coloro che auspicano una Città futura costruita nel rispetto della sua identità storica, ambientale e culturale.

L’identità di una Comunità non è una astratta qualità attribuita a maggior gloria. E’ la risultante di un processo secolare di adeguamento della sua gente alle caratteristiche del territorio e alle condizioni di vita che trasforma i ‘ricordi’ dei singoli in una ‘memoria’ collettiva spirituale e in un patrimonio comune di comportamenti e di esperienze. L’identità costituisce così la ricchezza immateriale di un popolo che trova, in essa, i motivi per divenire una vera Comunità di anime, legate da un diffuso sentimento di appartenenza in grado di unificare proposte, sogni, speranze e sforzi concreti per obiettivi condivisi di crescita economica e di sviluppo sociale. L’identità non si progetta. Si vive. E’ la cultura di un popolo, divenuta storia, che ne alimenta la vita, come le radici di un albero. E, senza radici, un albero non può elevarsi verso il cielo.

In questi giorni, molti rapporti statistici mettono in evidenza i risultati ‘fantastici’ raggiunti dal nostro Paese come meta del turismo dell’arte e della cultura. Purtroppo, la nostra Città neppure è citata tra i tanti luoghi elencati a causa di un abbandono pluri-decennale degli attrattori, monumenti religiosi e civili, che pure la resero ‘Città Opulenta’ nel periodo longobardo-normanno. In tali condizioni, sarebbe fin troppo ovvio proporre l’avvio di un’azione immediata di recupero incentrata sulla valorizzazione della nostra vocazione di luogo meridionale e mediterraneo, del sole e del mare, della storia e delle tradizioni, del sapere e del saper fare di una popolazione che una volta esprimeva talento, umanità e fantasia. Non sembra, però, che su questo ci sia un orientamento univoco. Anzi, la Città sembra tuttora orientata a sostituire il ‘potere della memoria’ con il potere di chi sfrutta a piacimento le sue peculiarità per profitto personale. Così, dappertutto, sono stati compiuti scempi incredibili con la distruzione di molte sedi della ‘cultura collettiva’, ad iniziare dagli edifici del nostro millenario Centro Storico.

In uno di questi, l’ex Convento di Santa Maria della Mercede, su Largo San Tommaso d’Aquino, sono oggi insediati il TAR e il Tribunale dei Minorenni. La struttura non appare di agevole accesso, considerata la distanza dal Centro e dalla Stazione, ed è spesso raggiunta in auto, passando per piazza Plebiscito, con gravi conseguenze in termini di vivibilità e di decoro di tutta l’area. Per questo, il suo trasferimento in altro luogo dovrebbe essere considerato un obiettivo primario, sia a beneficio dell’attività di Giustizia, sia perché consentirebbe di rivitalizzare la struttura in sintonia con i monumenti storici circostanti. Nello specifico, una concreta proposta può essere quella della sua trasformazione in sede di una Biblioteca pubblica e, poi, di un Museo, il MUSA – Museo Urbano Salernitano, nel quale esporre i reperti archeologici, storici e documentali tuttora sottratti all’attenzione del pubblico. Lo stretto rapporto con i vicini Musei, Provinciale e Diocesano, darebbe vita ad un ‘Quadrilatero’ del sapere da collegare mediante percorsi pedonali adeguatamente organizzati a sostegno di rinnovati flussi turistici.

E’ evidente che, in applicazione di questo progetto, l’edificio dell’ex Tribunale possa essere la sede ideale per i Giudici Amministrativi, atteso che già il piano terra, il primo e parte del secondo sono utilizzati dall’Ufficio Notifiche Atti Giudiziari, dal Giudice di Pace e da Segreterie di servizio. Senza dire dei vantaggi in termini di funzionalità per la vicinanza al nuovo Tribunale e per la centralità della posizione. All’opposto, la proposta di cui oggi si dice darebbe vita ad un edificio ‘spezzatino’ nel quale verrebbero a fondersi e confondersi persone e attività diverse inquinando l’identità storica di un ‘palazzaccio’ che costituisce un preciso riferimento ‘identitario’ della Comunità. E, ancor più potrebbe esserlo laddove fossero insediati altri Uffici legati alla funzione Giudiziaria, variamente dislocati sul territorio, una Biblioteca Forense, laboratori di Studi Giuridici, Dottorati di Ricerca post-Universitari, aule per la preparazione alla carriera Forense, sale di rappresentanza per gli Organi Professionali e per le più rilevanti manifestazioni pubbliche.

C’ò da aggiungere, infine, che lo scambio non sarebbe fonte di criticità in termini di gestione della proprietà immobiliare, trattandosi di beni di proprietà del Demanio. Né si avrebbero costi aggiuntivi di manutenzione, perché essi sarebbero a carico delle Amministrazioni Competenti, per l’ex Tribunale, e della Comunità, o dell’Ente che dovesse utilizzarlo, per l’ex Convento. Enormi sarebbero i vantaggi per la collettività, ammesso che possano davvero interessare.

L’assenza di una visione complessiva di cosa sia, oggi, la Città e di cosa dovrebbe essere, domani, costituisce motivo di preoccupazione e sfiducia in chi individua nella perdita della sua identità la causa principale del degrado economico, sociale e culturale. Il ripristino dell’orgoglio di essere figli di una terra dove natura e storia si sono fortemente intrecciate, contribuendo a creare un contesto urbano del tutto particolare, dovrebbe rappresentare l’obiettivo primario di scelte amministrative volte a trasformare la Città in un polo di storia e di cultura. Il turista che viene, ricerca motivi per meravigliarsi, per stupirsi, per apprendere. Per vedere i grattacieli, va a Dubai. Distruggere o lasciar perire le nostre meraviglie, non può essere una scelta da condividere. E, dispiace che ci sia chi la ritenga vantaggiosa. Forse, sarebbe opportuno sollevare una protesta.

 

Alfonso Malangone – Ali per la Città – 10/06/2022

 

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