Aldo Bianchini
SALERNO – “Le sentenze non si giudicano, si rispettano” ha detto di recente “Magistratura Democratica”, la corrente di sinistra dell’ANM (Associazione Nazionale Magistrati); lo ha detto parafrasando, ovviamente, un detto antico quanto l’uomo e per affermare, forse, che soprattutto le sentenze colorate di sinistra non si discutono mai pur rimanendo il diritto alla controparte di interporre appello.
Ma si sente spesso dire anche che “i giudici devono parlare con le sentenze” e se anche questo detto risponde al vero si deve poter pensare al fatto che un “PM”, che fa solo indagini preliminari e non emette sentenze, deve “stare zitto” almeno fino a quando non ha tra le mani una sentenza passata in giudicato.
Di gran lunga peggiore rispetto ai concetti sopra indicati quando un “PM”, che ha condotto le indagini preliminari di un caso giudiziario sfociato a processo, si concede il lusso di commentare brutalmente una sentenza che “un giudice” ha emesso in senso assolutorio “perché il fatto non sussiste” rispetto alle indagini condotte dallo stesso PM che critica la sentenza dicendo che trattasi di “Una sentenza errata fondata su una pretesa probatoria assolutamente illogica e irrealizzabile e che non tiene conto dei principi in diritto che pure in premessa aveva detto di volere applicare” (fonte Il Mattino del 3.6.23); quasi come a dire che l’irrealizzabilità probatoria è dimostrazione della concretezza del reato soltanto ipotizzato.
Ma quali sono i “principi in diritto” cui si aggrappa il PM Francesco Rotondo (che non ha parlato ma ha scritto, assumendo una posizione ancora più grave) nel cuore del suo pur legittimo atto di appello alla sentenza emessa nell’ottobre del 2022 dal giudice della seconda sezione penale del Tribunale di Salerno Lucia Casale che con 83 assoluzioni ha chiuso il processo di primo grado su una parte dei cosiddetti “furbetti del cartellino” che alcuni anni fa furono beccati (si fa per dire !!) con le mani sul cartellino dalle non tanto solerti e neppure precise indagini condotte, su ordine del PM, dalla Guardia di Finanza.
Se le prove portate dal PM in dibattimento sono carenti un giudice che fa ? Assolve, ed in questo la dott.ssa Casale ha dimostrato ancora una volta la sua totale estraneità sia verso i desiderata, spesso illogici, della Procura e sia verso tutti i giustizialisti di giornata; e giustamente senza tener conto dei danni all’erario che nessuno pagherà e neppure, purtroppo, verso i danni dell’immagine di un ospedale e di un intera città. Un fatto che per il PM, sembra essere, quasi un elemento fondante per la condanna, ben al di là della colpa reale.
Ma non finisce qui, e il PM Rotondo nel suo atto di appello scrive: “Il tribunale ha ritenuto che il Pm avesse dovuto aggiungere per tutte le centinaia di persone che timbravano falsamente il badge dei servizi di pedinamento che si sostanziano nella richiesta di una vera e propria probatio diabolica non solo perché prevedevano l’utilizzo di decine e forse centinaia di appartenenti alla pg che contestualmente verificassero ove si trovavano le persone per le quali il badge veniva timbrato, ma anche perché si trattava di un’attività che avrebbe certamente disvelato le video riprese in corso poiché prevedeva che venissero effettuati contestualmente decine di controlli domiciliari e decine di accessi nei reparti e nelle corsie”, quasi come a dire che si può anche condannare senza prove dirette a carico degli indagati ma soltanto per prove indotte e/o sull’onda di un giustizialismo che pretende condanne a tutti i costi.
Secondo me, da cittadino, siamo davvero alla frutta se la giustizia non potendo oggettivamente dimostrare la colpevolezza di un indagato lo vuole condannare per il semplice fatto che tutti pensiamo che sia così e che le cose in questa Nazione vanno sempre così.
E il PM impartisce anche lezioni di diritto e di giurisprudenza consolidata (secondo lui !!) ad un magistrato come la Casale che giustamente è notissima e molto apprezzata per le sue decisioni e non per le chiacchiere che altri vendono a basso costo; difatti scrive ancora il PM: “Ebbene sarebbe bastato al tribunale tenere presente i testi delle motivazioni di tali sentenze per giungere a conclusioni diametralmente opposte a quelle di tipo assolutorio”.
Per oggi mi fermo qui; ci sarà tempo per riproporre la storia che infangò uno dei più grandi ospedali del mezzogiorno.