da Dr. Alberto Di Muria
Padula-Quando nel nostro corpo insorge una qualche condizione anomala, ci si approccia al disturbo con una diagnostica superficiale, che ci aiuti in modo rapido e semplice ad individuarlo. A volte però la sola analisi esterna non basta, ed è qui che diventa necessario intervenire con esami di diagnostica per immagini, capaci di osservare nella sua interezza o in alcune parti, all’interno del corpo. Gli esami diagnostici possono usare varie tecniche di analisi a seconda della zona interessata, tra le più comuni troviamo la Tomografia computerizzata (TAC) che sfrutta i raggi x per fornire l’immagine, e la risonanza magnetica, che impiega i campi magnetici. In alcuni casi è però necessario delineare un tessuto o una struttura dall’ambiente circostante per fornire maggior dettagli, per farlo possono essere usati i mezzi di contrasti di differente natura e meccanismo a seconda dell’esame in cui vengono impiegati, iniettati in vena o per via orale a seconda del focus dell’esame diagnostico
Nella TAC vengono impiegati mezzi di contrasto radiopachi, definiti così perché assorbono le radiazioni apparendo così di colore bianco nell’immagine, contenenti iodio o bario. Generalmente queste sostanze sono sicure, soprattutto quando assunte per via orale e rettale. Si possono però manifestare reazioni di tipo allergico di varia entità, soprattutto soggetti allergici. In alcuni casi, in soggetti a rischio per età o patologie pregresse quali diabete, ipertensione o funzionalità renale compromessa, possono provocare nefropatia da contrasto, ossia un danno alle cellule renali che resta asintomatico nella maggior parte dei casi, ma che può peggiorare in insufficienza renale quando non diagnosticato in tempo.
Nella risonanza magnetica si impiegano mezzi di contrasto paramagnetici, ossia soluzioni acquose contenenti il gadolinio, che si fissa agli organi e ne modifica temporaneamente le proprietà paramagnetiche così che il segnale raccolto dall’apparecchio è modificato mettendo in rilievo la parte interessata nell’immagine finale. Il gadolinio è un metallo raro estremamente tossico, per cui si trova nel mezzo di contrasto legato reversibilmente a una struttura complessa con altre molecole; a seconda della natura di questo complesso abbiamo i mezzi di contrasto lineari e macrociclici. Ai mezzi di contrasto lineari è associata la pericolosità maggiore.
Inoltre per tali mezzi di contrasto, a seguito di una revisione condotta dall’EMA, nel 2018 l’AIFA ha pubblicato una nota informativa a conferma del fenomeno osservato di accumulo di piccole quantità di gadolinio nei tessuti cerebrali. Attualmente non esiste alcuna evidenza che dimostrano la dannosità di questi depositi, ma non essendo noti i rischi a lungo termine l’Ema raccomanda di sospendere l’impiego dei mezzi di contrasto lineari per uso endovenoso, ad eccezione dell’acido gadoxetico e gadobenico che continuano ad essere disponibili per l’impiego esclusivamente nelle scansioni del fegato.
I mezzi di contrasto macrociclici, che hanno una struttura ciclica, risultano più stabili e hanno una minore propensione al rilascio di ioni liberi di gadolinio nell’organismo, e per questo sono considerati meno pericolosi ed impiegati normalmente.