LUCI d’ARTISTA 21-22: “turbativa d’asta” … come scoprire l’acqua calda !!

 

Aldo Bianchini

SALERNO – Ben sapendo in piena coscienza che i consigli non pagati non vengono mi ascoltati e, soprattutto, ben spendo che non si nasce né investigatori e né magistrati, ma lo si diventa, vado vanti lo stesso.

Non capisco perché la Procura della Repubblica, di fronte ad un fenomeno politico-amministrativo come quello che Salerno vive da trent’anni sotto l’egida dell’epopea deluchiana, non si decida un volta per tutte a mettere in piedi un’inchiesta complessiva per capire la genesi del problema che di tanto in tanto esplode con qualche inchiesta singola che promette di devastare il sistema ma che poi si arena per inconsistenza dell’inchiesta stessa; tranne a colpire, come sempre, i più deboli e indifesi come d esempio il malcapitato funzionario del Comune di Salerno “Gabriele Pennimpede”, reo, secondo la Procura, di aver confezionato in maniera “sartoriale” (nel senso di un vestito cucito addosso) il bando di gara per l’aggiudicazione dei lavori di messa in opera delle “Luci d’Artista 21-22”, a tutto vantaggio della ditta Artlux di Arturo Blasi.

Dall’inchiesta vecchia di alcuni anni, in questi giorni sono arrivati i provvedimenti giudiziari sottoscritti dal gip Gerardina  Romaniello: per Pennimpede la sospensione, per un anno, dai pubblici uffici e per Blasi il divieto sempre per un anno di contrarre con la pubblica amministrazione (provvedimenti che sono stati notificati dai militari del comando provinciale della Guardia di Finanza di Salerno agli ordini del generale Oriol De Luca).

Nei panni di un giudice (come il GIP) chiamato a giudicare il lavoro del pubblico ministero mi farei un’unica domanda: “Vuoi vedere che Salerno non c’è neppure un bando non cucito addosso a chi deve vincere le gare pubbliche ?” e forse, dico forse, scoprirei che il “sistema di potere politico di Salerno” è perfettamente sovrapponibile a quello inventato dalle famose Cooperative Rosse che si aggiudicano tutti i lavori che vogliono lasciando, però, agli altri moltissime altre opere pubbliche; così tutti felici e contenti e con l’avallo niente di meno che della Suprema Corte di Cassazione che una trentina di anni fa ha sancito, e poi reiterato con numerose sentenze, il principio che più coop dello stesso scatolone possono prendere parte alle gare di appalto pur sapendo che la documentazione per la partecipazione viene approntata, forse, dallo stesso funzionario e, forse, nella stessa stanza. Come dire, la magistratura consente alle Coop Rosse ciò che per altri diventa subito “turbativa d’asta”. Incredibile, ma è così.

E poi in tutta sincerità “come può fare un semplice funzionario amministrativo a predisporre un bando di gara sartoriale senza il consenso o almeno le indicazioni di massima del pubblico amministratore” (che, grazie alla legge voluta da D’Alema alla fine degli anni ’90, esime l’amministratore politico da ogni responsabilità fino a prova contraria).

E dopo la domanda, prima ancora di emettere provvedimenti restrittivi, cercherei di capire in che modo e in quale misura il bando di gara sia stato ispirato se non addirittura condizionato e controllato dalla politica.

Nella gara di appalto per le “Luci d’artista 21-22” alcune domande il GIP Romaniello se le è comunque poste, tanto è vero che non ha concesso gli arresti domiciliari richiesti di pp.mm. Valenti e Cosentino che indagavano e indagano sull’oscuro micro cosmo degli appalti anche per i mercatini di Natale; indagini che, come sappiamo, si sono concluse con l’assoluzione della parte politica (Dario Loffredo, ben difeso dall’ottimo avv. Giovanni Annunziata, ndr) nell’ottica di quel principio che attribuisce all’epopea deluchiana il “fare tutto solo in favore della comunità”, come del resto scritto di recente dall’ex pm Michelangelo Russo in suo editoriale su “leCronache.it”.

E allora, mi chiedo, perché mettere sotto processo soltanto Pennimpede e Blasi senza neppure avanzare qualche dubbio sulla parte politica; questo fa pensare non ad una inchiesta globale e seria ma ad un “pescaggio a sorte” di qualche pesciolino di tanto in tanto, più per placare l’opinione pubblica che per cercare di scoprire la verità.

Il rischio è che la verità potrebbe essere amara se scoprissimo che a Salerno tutti i bandi delle gare di appalto per lavori pubblici (e non solo) sono stati confezionati dal “sarto degli artisti”; ce ne faremmo una ragione e capiremmo anche noi, sebbene a distanza di trent’anni, ciò che i giudici unti dal Signore capirono negli anni furiosi della tangentopoli quando affermarono (lo dice Michelangelo Russo !!) che “il sarto degli artisti non si occupa dei pubblici affari per risolvere le sue questioni private” perché qui a Salerno noi facciamo così.

 

 

 

 

 

 

 

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