GIUSTIZIA: qual è lo stato dell’arte nell’attesa di una riforma che, forse, non arriverà mai

 

Aldo Bianchini

SALERNO – Ieri nell’articolo di presentazione del convegno sulla riforma della giustizia (“La riforma Cartabia: il momento dei confronti”) che continua oggi presso l’aula magna della Corte di Appello di Salerno ho posto degli interrogativi circa l’effettiva volontà delle due componenti importanti di quel mondo, la magistratura e l’avvocatura, di voler concretamente studiare, pianificare e realizzare una riforma degna di questo nome; una riforma che, a mio avviso, nessuno realmente vuole, finanche la parte assolutamente più importante del pianeta giustizia, cioè il popolo in nome del quale la stessa giustizia viene amministrata.

Oggi mi chiedo, e chiedo: “Qual è il verso stato dell’arte della giustizia in Italia ?”.

Potrei cavarmela facilmente rispondendo, in chiave satirica, con l’ironica e mordace “scena di ordinaria follia” splendidamente scritta dall’avvocato penalista Marcello Giani nel 2017 come cronaca di “un tempo lontano, ma non troppo”; in essa c’è di tutto e di più, e da essa ognuno può trarre le considerazioni che ritiene più giuste. E’ stata già pubblicata su questo giornale il 6 aprile scorso con il titolo “Tribunale di Salerno: una macchia sull’immagine del nostro Sud … cronaca di un tempo lontano, ma non troppo” e da essa mi piace riprendere alcuni passaggi significativi.

Avv. Marcello Giani, penalista

Il primo passaggio, come in una sceneggiatura teatrale, illustra in una maniera quasi filmica l’atteggiamento di un cancelliere e di un giudice nostrano alla ricerca disperata di un fascicolo processuale per poter iniziare il dibattimento che vede coinvolti anche avvocati di un foro del nord, ovviamente scandalizzati dal modo dei due: “Ue’ addò sta u fasciolo? Chi sa pigliat’ u fascicol’ …  mo u vac a piglià io ….. addò sta u ggiudice? Ah sì sta turnann” grida a squarciagola il cancelliere; e il giudice da par suo “egg jut a’ me piglià u fascicolo……si nun mu iev a piglià se faceva notte“.

Mi potrei tranquillamente fermare qui; lo scambio verbale ai limiti dell’ordinaria follia (come dice lo stesso autore avv. Marcello Giani), ancorchè concretizzatosi nel 2017, e non nella preistoria della giustizia, lo spaccato sgorgato dalla fluida penna del penalista dà la giusta dimensione di quanto ancora rimane da fare innanzitutto per il riequilibrio della giustizia tra nord e sud e poi per la sua molto improbabile riforma.

A rileggere la scena ci sarebbe da ridere, purtroppo c’è solo d piangere perché il fatto raccontato non è un paradosso ma la nuda e cruda realtà; che ancora si vive soprattutto nei tribunali del sud dove vige tuttora quella specie infetta del senso della potestà e non del servizio; e la cosa molto grave è che verso questo senso si sono adeguati anche molti avvocati in quanto “il sistema” (e non soltanto quello descritto da Luca Palamara)  ha portato sempre più lontano dal mitico dibattimento pubblico in aula (in cui davvero si formava la prova e nella cui arena crescevano i nuovi talenti dell’avvocatura), con l’appiattimento dello stesso sistema sull’ufficio del pubblico ministero.

Lo stato dell’arte della giustizia, dunque, è ancora molto lontano dalla sua sublimazione ottimale; non so cosa ci vorrà per la riforma, di sicuro ancora molto altro tempo.

Le cronache di giornata riferiscono che, comunque, l’aula magna della Corte di Appello di Salerno era piena per seguire la prima giornata del convegno; c’è da sperare che valga a qualcosa e che non abbia prodotto un inutile dispendio di denaro pubblico.

 

 

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