da Antonio Cortese (giornalista)
Salary cap, in America non é un cappellino bensì ciò che da noi stupidamente viene inteso come salario minimo e addirittura come qualcosa di ancora futuribile. Questione di termini ma soprattutto di mentalità: quella vetero medioevale e latifondista che anche in questo caso é mascherata dal buonismo progressista sindacale, a confronto di una concezione del lavoro e delle “stipendiabiltà” dei lavoratori statunitensi.
Anche nello sport oltreoceano, le persone sono abituate a guardare in alto, come per la pallacanestro o nel baseball; veder in aria una palla o anche nei lanci nel rugby o nel football americano. La vecchia Europa unificatasi con grandi travagli, stenta ancora in quest’esame sociale e civile, anche grazie e dopo alla tecnologia importata da lì, dal lifestyle e dal salvifico colonialismo radiotelevisivo, fatto di pubblicità e progresso in ogni ambito della comunicazione, ma con lo sguardo a testa in giù come la maggior parte delle bestie, alla faccia dell’evoluzionismo darwiniano. E così si spiega la sudditanza economica governativa degli stati membri alla Casa Bianca; pur volendo capire e fare proprie le conquiste del popolo a stelle e strisce, ogni volta gli europei in una serie di goffi tentativi ed emulazioni producono leggi o anche semplicissimi artefatti per ogni diversa cultura che sembrano delle vere e proprie cafonate peggio delle imitazioni cinesi. In Cina a cominciare dall’era postmoderna infatti, ogni valore importato viene riprodotto a partire dalla consapevolezza che sia una copia perfettibile, la cui originalità si può affermare solamente coi volumi di vendita. Invece gli europei dormono ancora sugli allori di un colonialismo che a ben esaminare si é fermato proprio nel sedicesimo secolo. Ora neanche più gli U.s.a. riescono a colonizzare un granché, poiché è appunto la parte orientale che avanza inesorabilmente, nonostante i media ipertecnologici dell’informazione cantino ogni mattina le stesse canzoni con gli stessi cantanti come per una puntina smerigliata su un giradischi rotto. Mentre gli europei fanno gli intellettuali e vogliono fare gli americani, come gli americani viceversa cercano di fare gli americani a Parigi, così nel frattempo dell’attenzione dormiente generale lo tsunami umano di indiani, cinesi e mediorientali sta pian pianino soverchiando le nostre chiacchiere occidentali. A parte questa parentesi comunque, uno stipendio normale che sia inteso realmente per effettiva capacità pro capite del singolo, per permettersi la possibilità di costruire oltre una famiglia anche una carriera, con tutti i diritti da rispettare, é meglio forse sia concepito in un ottica di sviluppo, se proprio non sia da intendere come in oriente una questione che non sia né in cielo né in terra, ma una semplice legge di mercato tra datore ed occupato, azienda e propri dipendenti. In sintesi la questione del salario minimo é già superata; se fosse stata adeguata alla costituzione almeno quindici anni fa, ora sarebbe correggibile, ma il ritardo generale della classe politica europea ed italiana sul tema é oramai fuori tempo. La questione casomai é stata digerita dai più, ma adesso sembra sia il caso di cominciare perlomeno ad invertire le rotte concettuali: essere un attimino più attenti alla terminologia, guardando in alto e non come le serpi: indiani e cinesi si mangiano anche quelle, altro che locuste. Il salary cap, tradotto come copertura mensile o tetto paga, é da tempo una realtà a Malibù, Los Angeles, Miami, Houston e San Francisco, con tutti i pugni di riso e dollari che si danno a Wall street.