Aldo Bianchini
SALERNO – Non ho avuto il piacere di assistere alla lettura della sentenza di assoluzione dal reato di usura (due casi di prestito di denaro con restituzione senza interessi) e, quindi, non ho potuto godere anche io del momento di felicità che avrà percorso, come una scossa elettrica, tutto il corpo fisico e psichico, del sacerdote salernitano Mons. Nunzio Scarano scaraventato nel tritacarne giudiziario il 29 giugno 2013 non solo dalla Procura di Salerno ma anche da quella di Roma; accuse devastanti che avevano indotto il Santo Padre a precisazioni poco felici nei confronti del prelato che per oltre venti anni aveva servito la Chiesa dall’interno dell’APSA.
Non ho potuto godere delle presumibili contrazioni facciali (cosi recitano le cronache verbali) della pm Elena Guarino (affacciatasi in aula) che ha condotto l’intera inchiesta contro Don Nunzio e che si aspettava una condanna severa che potesse fare da supporto all’impalcato generale dell’accusa che dovrà essere discussa in appello, nel prossimo mese di giugno, dopo la condanna dello stesso prelato per il filone principale del processo: fatto almeno strano perchè ad essere condannati sono stati soltanto il sacerdote e la commercialista mentre gli altri 50 imputati sono stati tutti assolti.
Questa assoluzione segna un grosso punto in favore di Don Nunzio che, per dirla in gergo calcistico, nel processo per usura ha messo a segno un bel calcio di rigore; una assoluzione che va ben oltre i “segreti delle cassette di sicurezza” nello IOR aperte l’anno scorso (e non di recente come lascia supporre l’articolo apparso su lecronache.it del 2 aprile a firma di Antonio Manzo) la cui apertura, come già scritto su questo giornale, non sortì l’effetto desiderato.
E questa assoluzione, è il caso di rimarcarlo, va ascritta alla totale capacità del suo difensore l’avv. Riziero Angeletti (noto vaticanista in campo nazionale) che dopo una lunga arringa (circa 1h e 40 minuti) ha accolto con viva soddisfazione la sentenza ed è uscito dall’aula senza contrazioni facciali e neppure con l’aria da trionfatore, ma pronunciando sagge e semplici parole: “Non abbiamo vinto noi ma la verità”.
Ho apprezzato molto il commento che ho letto su “salernonotizie.it” della prof.ssa universitaria Angela Principe: “La giustizia umana esiste ancora per grazia di Dio, chi non conosce i fatti e gli atti processuali abbia la carità ed il dovere davanti a Dio e agli uomini di non pronunziare giudizio. Solo Dio sa che significa trascorrere dieci anni nel tormenti di non aver commesso fatti delittuosi e di essere stato accusato ingiustamente”. Complimenti alla giurista che con grande semplicità ha centrato il problema nelle sue varie sfaccettature e per aver giustamente e liberamente commentato una piccola notizia su un giornale che non approfondisce, nello specifico, i temi della giudiziaria.
Con altrettanto piacere ho letto e riletto la lettera che tale Umberto Imbrenda ha inviato al Papa, rimettendola in copia anche a questo giornale:
“”Dio la Benedica Santitá, buon giorno. Mi chiamo Umberto e Le scrivo questa email, che sicuramente non Le arriverá mai, ma io voglio scriverla lo stesso. Forse si ricorderá di Mons.Nunzio Scarano … Lei pubblicamente espresse il suo “rammarico” nei confronti di questo Sacerdote, dopo il suo arresto e relativo ‘scandalo” nel Giugno del 2013,a seguito delle “indagini” della Procura di Roma …””.
E sempre in privato lo stesso Imbrenda mi ha scritto: “”Buon giorno Direttore Bianchini, mi chiamo Umberto Imbrenda. Da tempo seguo le vicende giudiziarie di Mons. Nunzio Scarano … Vorrei ringraziaLa vivamente … Lei è andato decisamente … contro corrente di tanta Stampa, Cardinali, Vescovi e pseudo amici … Ho notato però, da qualche tempo, che la sua “musa” tace sulla vicenda in oggetto e continuo a chiedermi il perché …””. Sulle due lettere, che meritano di essere pubblicate integralmente, è d’obbligo ritornare con un nuovo e più approfondito esame, anche in relazione all’ultima domanda che l’autore si pone e mi pone.
L’attesa assoluzione mi consente, però, anche un’altra riflessione che riguarda, questa volta, il noto giornalista Antonio Manzo (storico corrispondente de Il Mattino ed ora opinionista di leCronache.it); ho letto i suoi tre ed unici articoli sul “caso Scarano”; il primo inerente la storia drammatica di Don Luigi Noli (l’altro sacerdote coinvolto), il secondo per quest’ultima assoluzione e il terzo per l’apertura delle cassette di Don Nunzio; articoli scritti con grande maestria. Da lui, però, a parte le perplessità sull’ultimo articolo riferito alle cassette mi sarei aspettato un affondo più specifico e meglio indirizzato, anche nei confronti della Guardia di Finanza (o almeno dei due ufficiali che hanno condotto le indagini in funzione di una ipotetica tesi e non dirette alla ricerca della verità, almeno così sembrerebbe alla luce della sentenza) che con le sue indagini ha costretto due uomini e due sacerdoti alla gogna mediatico-giudiziaria da circa dieci anni, addirittura con una conferenza stampa di fine giugno 2013 che ancora, a ben pensarci, fa venire i brividi; indagini che, soprattutto, sono costate alla collettività una marea di soldi pubblici.
La strada è ancora lunga, lo sanno tutti (Don Nunzio, Don Luigi, Angeletti, Principe, e gli stessi Imbrenda e Manzo) che bisognerà ancora combattere ma le strade del Signore sono infinite e la verità, quella vera, alla fine trionferà perché (come giustamente dice la Principe) la giustizia umana esiste ancora, per grazia di Dio.