da Pietro Cusati(Giurista-Giornalista)
La Repubblica Italiana considera prioritaria la lotta a tutte le mafie,con leggi e strumenti avanzati, grazie all’impegno di inquirenti e forze dell’ordine sono state disarticolate organizzazioni potenti . Un grande magistrato, conoscitore del fenomeno mafioso, Antonino Caponnetto, soleva ripetere che “i mafiosi temono di più la scuola che i giudici, perché l’istruzione taglia l’erba sotto i piedi della cultura mafiosa”.Battere la mafia è possibile. Lo diceva Giovanni Falcone: «La mafia non è affatto invincibile. È un fatto umano e come tutti i fatti umani ha un inizio e avrà anche una fine». Grazie anche al lavoro prezioso di associazioni di volontariato, la cultura dell’antimafia, il rigetto dei metodi criminali si sono diffusi in modo straordinario, specialmente tra i giovani, spezzando le catene dell’omertà e della paura. Il Presidente della Repubblica Sergio Mattarella ha ricordato a Casal di Principe Don Peppino Diana,si è recato al cimitero, davanti alla tomba dove ha incontrato i familiari. ‘’Don Peppino era un uomo coraggioso, un pastore esemplare, un figlio di questa terra, un eroe dei nostri tempi, che ha pagato il prezzo più alto, quello della vita, per aver denunciato il cancro della camorra e per aver invitato le coscienze alla ribellione. Don Diana aveva compreso, nella sua esperienza quotidiana, che la criminalità organizzata è una presenza che uccide persone, distrugge speranze, alimenta la paura, semina odio, ruba il futuro ai giovani. Usava parole “cariche di amore”. Parole chiare, decise, coraggiose. Dopo l’uccisione di un innocente disse: “Non in una Repubblica democratica ci pare di vivere ma in un regime dove comandano le armi. Leviamo alto il nostro No alla dittatura armata”. È esattamente così come diceva. Le mafie temono i liberi cittadini. Vogliono persone asservite, senza il gusto della libertà. Le mafie sono presenti in tutte le attività più turpi e dannose per la comunità: la prostituzione, il traffico di esseri umani, di rifiuti tossici, il caporalato, il commercio di armi, quello strumento di morte che è la droga, lasciando nel territorio povertà e disperazione. Oltre a reclamare una maggiore e più efficace presenza dello Stato, Don Diana aveva rivolto il suo forte e accorato appello al coraggio e alla resistenza, per liberarsi dalla camorra, proprio ai suoi parrocchiani, ai cittadini, alla società civile, alle coscienze delle persone oneste. Aveva capito che la mafia è anche conseguenza dell’ignoranza, del sottosviluppo, della carenza di prospettive, e che quindi la repressione – indispensabile – non è sufficiente e che la mafia si sconfigge definitivamente sviluppando modelli fondati sulla legalità, sulla trasparenza, sulla cultura, sull’efficienza della macchina pubblica. La lotta alle mafie riguarda tutti, ciascuno di noi. Non si può restare indifferenti, non si può pensare né dire: non mi riguarda. O si respingono con nettezza i metodi mafiosi o si rischia, anche inconsapevolmente, di diventarne complici.