Riscrivere dopo sessant’anni le norme inadeguate sulla professione giornalistica, nell’era del digitale e delle fake news, le macchine da scrivere sono solo un ricordo.

da Pietro Cusati (Giurista-Giornalista)

 

 

 

 

 

 

 

Verificare sempre le fonti dell’informazione ,alcune  norme sulla professione  giornalistica del 1963 ,sono oggi inadeguate,a partire dalla legge professionale che ha istituito l’ordine dei giornalisti, nell’era del digitale e delle fake  news, nella quale l’informazione viaggia sul web .  Urge modificare una legge scritta sessant’anni fa. Garantire la qualità dell’informazione e facilitare l’accesso alla professione  da parte dei giovani. Rivedere,quindi, i criteri di accesso alla professione, così come occorre riscrivere le procedure disciplinari, che sono lo  strumento per  sanzionare le violazioni deontologiche, la diffamazione e le  azioni giudiziarie intimidatorie contro i giornalisti . “Definire oggi ruoli e profili di chi fa comunicazione è sempre più difficile. L’ecosistema digitale in cui viviamo è una galassia in costante e rapidissima trasformazione e noi non sappiamo con quale velocità, in quale direzione e in base a quali leggi fisiche si muove. Cambiano le modalità di lavoro, le funzioni, i linguaggi ma anche le traiettorie professionali. Tutto ciò determina una grande difficoltà nel definire e distinguere i ruoli,lo ha detto il presidente nazionale dei giornalisti Bartoli ,alla presentazione del libro di Silvia Grassi Roberto Iadicicco Comunicatore a chi?” (Guida editori), occasione per riflettere sul ruolo  della comunicazione e dell’informazione.  “Ormai, i differenti profili non si caratterizzano più sulla base delle funzioni, ma sulla “committenza” . Un conto è lavorare per fare informazione, un conto è fare promozione, marketing o addirittura pubblicità per soggetti economici. Il discrimine non è più la funzione svolta, ma quali sono i valori e i principi, deontologici ma anche etici, che si seguono. Il datore di lavoro del giornalista non è un’azienda, sia pure essa editoriale. Il vero datore di lavoro è il cittadino”.

 

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